La definizione di sport dilettantistico alla luce delle disposizioni dei nuovi dpcm anti covid del 18 ottobre 2020 e del 24 ottobre 2020

Concetto di sport dilettantistico

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La legge 91 del 1981 fa una vera e propria distinzione tra attività sportiva dilettantistica e sport professionistico, ai fini dell'individuazione dell'esatta categoria e della relativa disciplina giuridica. I concetti ricavati dall'esame di detta legge ci consentono di chiarire quale sia lo sport dilettantistico. Una premessa fondamentale è che solo alcune discipline sportive sono dichiarate dalla normativa come professionistiche: si tratta ad esempio del calcio, del basket e del golf. Tutti gli sport che non vengono assegnati a questa categoria sono definiti dilettantistici.

Cos'è lo sport dilettantistico

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Lo sport svolto per diletto, con finalità ricreative, è sport dilettantistico. Nel caso dello sport dilettantistico, all'atleta non viene corrisposto uno stipendio per lo svolgimento dell'attività, perché questa viene svolta dallo stesso per passione e non per professione. Il nuovo Statuto del Coni definisce l'attività dilettantistica come "non professionistica" (art. 6 comma 4 lettere d). Il termine sport è l'abbreviazione della parola inglese disport che significa divertimento. Lo sport inizialmente nasce come puro divertimento o più in generale come attività finalizzata ad esercitare le abilità umane di base (fisiche e mentali), al fine di migliorarle e utilizzarle successivamente in maniera più proficua.

La storia delle Olimpiadi è profondamente legata allo sport dilettantistico, almeno per quanto riguarda gli inizi di questo importante evento sportivo internazionale. Con il passare del tempo, però, l'opinione pubblica e gli sponsor hanno spinto sempre di più per affidare i giochi olimpici agli atleti professionisti, che solitamente coloro che offrivano migliori prestazioni nelle discipline, tanto che il termine dilettante nella Carta Olimpica oggi non esiste più. A livello nazionale il Tribunale di Pescara, ordinanza 18 ottobre 2001, nell'esaminare la posizione di un pallanotista, ha testualmente affermato che "la distinzione tra professionismo e dilettantismo nella prestazione sportiva si mostra, priva di ogni rilievo, non comprendendosi per quale via potrebbe mai legittimarsi una discriminazione del dilettante". In conclusione può affermarsi che quello che lega i professionisti ufficializzati alle loro Società è un rapporto di lavoro subordinato speciale, nel senso che costituisce una species rispetto allo schema generale di cui al codice civile, mentre il dilettante puro, colui che si dedica allo sport inutilitaristicamente, per mera passione, è legato alla società non come controparte, ma da un ulteriore rapporto associativo, unico essendo il centro di interesse e risolvendosi la partecipazione alla gara nell'adempimento del patto che vede accomunati atleti e società intorno al fine comune della pratica sportiva.

I giudici di merito sullo sport dilettantistico

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Per il tribunale di Venezia (sentenza 27.5.2014) la qualifica di sportivo professionista di atleti e allenatori, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 91 del 1981 non basta che vi sia una prestazione sportiva con i caratteri dell'onerosità e della continuità ma deve altresì trattarsi di prestazione dell'attività svolta nei settori qualificati come professionisti dalle federazioni sulla base dalle direttive impartite dal CONI cui la legge ha rimesso di definire la natura professionistica o meno di una certa attività sportiva riconoscendo a tali enti la competenza specifica a meglio qualificare le attività e gli sportivi.

Né è possibile l'interpretazione analogica della legge 91/1981, in quanto si tratta di una disciplina eccezionale che regola il particolare rapporto di lavoro dello sportivo professionista in modo diverso dal normale rapporto di lavoro subordinato, rendendo applicabili alcune - ma espressamente non altre - disposizioni previste in generale per i rapporti di lavoro subordinato. Pertanto, in virtù di questa pronuncia, gli atleti professionisti sono coloro che oltre a svolgere la prestazione sportiva a titolo oneroso e con continuità, la loro prestazione deve svolgersi nei settori qualificati come professionisti.

Di diverso avviso è il Tribunale di Reggio Calabria, ordinanza del 12 maggio 2002 che ha statuito "i praticanti una disciplina dilettantistica possono svolgere tutta la propria attività percependo compensi più o meno elevati in forza di contratti stipulati con le società sportive" e, pertanto, in sede cautelare è tutelabile l'interesse dell'atleta dilettante a scongiurare "la perdita del corrispettivo alla prestazione sportiva che sarebbe assicurato dal contratto stipulato dalla società"

Il vincolo sportivo

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L'art. 16 della legge n. 91 del 1981 ha abolito il vincolo sportivo solo per gli atleti professionisti - "Le limitazioni alla libertà contrattuale dell'atleta professionista, individuate come "vincolo sportivo" nel vigente ordinamento sportivo, saranno gradualmente eliminate entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle federazioni sportive nazionali e approvati dal CONI, in relazione all'età degli atleti, alla durata ed al contenuto patrimoniale del rapporto con le società" - ma non per i dilettanti. Il vincolo per questi ultimi comporta il diritto esclusivo della Società sportiva di disporre delle loro prestazioni agonistiche e di decidere ed attuare o negare, senza la necessità del loro consenso, i trasferimenti. Quindi, un ulteriore elemento che distingue le due figure sportive è anche l'esistenza del vincolo per gli atleti dilettanti. In conclusione il concetto di sport dilettantistico si ricava de relato e non vi è un'espressa indicazione legale.

Lo sport dilettantistico in funzione dei divieti dei DPCM 18.10.2020 e 24.10.2020

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In questi giorni la conoscenza di una chiara definizione di sport dilettantistico è utile per comprendere i limiti dettati dal DPCM del 18.10.2020 e dal successivo del 24.10.2020, in virtù del quale sussiste il divieto di pratica sportiva solo per lo sport amatoriale e per le gare dell'attività di base. In ogni caso sarà consentita l'attività individuale anche negli sport di contatto mentre proseguirà lo sport professionistico. All'esito delle indicazioni date con il DPCM, nessuno aveva chiara la definizione di competizioni dello "sport di base" per le discipline di contatto. Invero, le attività sportive dilettantistiche di base sono quelle praticate dai bambini e adolescenti, e di contatto, invece, sono calcio, calcetto, basket, pallavolo, hockey, pallamano, rugby, tra le discipline più conosciute. Gli altri sport sono individuati nel provvedimento del Ministro dello Sport del 13 ottobre 2020, legato al Dpcm indetto in pari data. L'unica opzione concessa è l'allenamento in forma individuale, senza contatti con terzi e dunque al di fuori dalle strutture sportive regolarmente predisposte. Una soluzione che può far comodo ad altri sport di contatto (si pensi alle arti marziali), ma che di fatto non lascia margine al calcio o altri sport che prevedono allenamenti di squadra. L'applicazione del DPCM non vale per gli sport dilettantistici a livello regionale e nazionale.

Mentre il nuovo DPCM, tuttavia, stabilisce lo stop anche della categoria giovanile regionale oltre a quella provinciale.

Il decreto è in vigore da lunedì 26 ottobre fino al 24 novembre. Per il resto il nuovo DPCM conferma l'allenamento in forma individuale, senza contatti.

Riflessi e critiche ai DPCM del 18.10.2020 E 24.10.2020

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Impedire lo sport soprattutto a bambini e ragazzi equivale a creare un forte squilibrio tra una socialità organizzata e quella disorganizzata, che porterà migliaia di giovani a vivere il proprio tempo libero senza regole e senza responsabilità, a differenza di ciò che avrebbero potuto garantire le società sportive dilettantistiche. Il diritto allo sport è un diritto dell'uomo in quanto legato ad una funzione educativa, di crescita armonica delle sue capacità fisiche e mentali, strumento di aggregazione sociale, mezzo di prevenzione di molte malattie, ma soprattutto di socializzazione e strumento educativo, quale strumento di aggregazione che, unitamente alla scuola, insegna ai ragazzi il vivere civile all'interno di una comunità attraverso il rispetto delle regole. Alcune associazioni hanno avviato l'allenamento individuale, con tutte le misure previste dalla legge, ma questo tipo di allenamento richiede la presenza di personale tecnico, spesso insufficiente, tutto ciò comporta che molte società si sono fermate lo stesso. Tuttavia in punto di diritto nella Carta Costituzionale vi sono norme che legittimano pienamente l'attività sportiva, intesa sia come attività libera inerente alla sfera personale dell'individuo, sia come attività organizzata. Ma è agevole osservare come nei 139 articoli che ne compongono il testo non esista nessun riferimento diretto allo sport, eccezion fatta per l'art. 117 comma 3, ove trova formale collocazione tra le materie ricomprese nella potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni, con le relative conseguenze anche in termini di competenza nel finanziamento pubblico delle diverse tipologie di attività sportive. In tale quadro è quindi corretto sostenere che la Costituzione, solo in forma implicita, riconosce la cultura e le pratiche sportive come strumento di promozione umana e sociale. Tutto ciò in termini giuridici comporta che il diritto alla salute, invece, è un diritto fondamentale dell'individuo, per come statuito dal I° comma dell'art. 32, il diritto alla salute, come diritto sociale fondamentale, viene tutelato anche dall'art. 2 Cost. La Corte Costituzionale ha affermato più volte, nel corso degli anni, la necessità di effettuare il bilanciamento tra valori costituzionali («il diritto ai trattamenti sanitari necessari alla tutela della salute è garantito ad ogni persona come diritto costituzionalmente condizionato all'attuazione che il legislatore ne dà attraverso il bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti» - sent. n. 509/2000); ha sempre fatto presente però che questa operazione vuole la attenta ponderazione della rilevanza costituzionale dei valori in campo e, con riguardo specifico sempre al diritto alla salute, non è ammissibile che l'esito del bilanciamento sia un pregiudizio delle prerogative fondamentali derivanti dal diritto di cui siamo titolari.

Alla luce delle suddette considerazioni è evidente che nel bilanciamento dei valori fondamentali, il decreto ha posto un limite al diritto allo sport, in favore del diritto alla salute, sicuramente per la sua valenza, rispetto al primo, per quanto possa essere messo in discussione da noi sportivi dilettanti.

AVV. MARIA CARMELA CALLA'

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