Alla stregua dei principi contenuti nell'art. 37, 1. co. della Costituzione, nell'art. 15 L. n. 300/70, nella L. n. 903/77 e nella L. n. 125/91, il datore di lavoro ha il dovere di astenersi dal discriminare i lavoratori (o aspiranti tali) per ragioni di sesso, sia nella fase di formazione e conclusione dei contratti di lavoro, sia dopo l'assunzione. Lo ha affermato la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (sent. n. 13942/02), precisando che tale dovere ?ha natura di obbligazione in senso tecnico, di fonte esclusivamente legale nel caso in cui riguardi la fase di formazione del contratto
, di fonte contrattuale dopo l'assunzione?. Ne consegue che, in virtù del principio del concorso tra responsabilità extracontrattuale e responsabilità contrattuale, il lavoratore discriminato può scegliere di azionare l'una o l'altra forma di responsabilità. Nel primo caso farà valere il diritto alla riparazione del pregiudizio arrecatogli dall'illecito, assumendo l'onere di fornire la prova della colpa o del dolo dell'autore della condotta lesiva; nel secondo caso, farà valere la violazione del diritto (fondato sulla presunzione di colpa stabilita dall'art. 1218 cod. civ.), a non essere discriminato e la conseguente responsabilità per danni, limitatamente a quelli prevedibili al momento della nascita dell'obbligazione.

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