Breve analisi delle principali riforme che hanno rivoluzionato la scuola nel Novecento portando alla scolarizzazione di massa a partire dagli anni 60

Linee guida della "Riforma Gentile"

[Torna su]

Decisa nei venti mesi (ottobre 1922 - luglio 1924) durante i quali il filosofo Giovanni Gentile assunse la carica di Ministro della Pubblica Istruzione nel primo governo Mussolini, per "Riforma Gentile" si intende la riforma degli ordinamenti scolastici ed universitari, degli esami e dei programmi di insegnamento.

La grande importanza che le fu conferita derivava dal fatto che Mussolini era consapevole del fondamentale ruolo della scuola per ottenere e mantenere il consenso tra la popolazione.

Considerata la più importante delle riforme scolastiche italiane del XX secolo, seguiva la legge Casati del 1859-60 che aveva delineato l'assetto scolastico del nuovo Regno d'Italia.

Il tema pedagogico aveva assunto grande rilievo fin dai primi anni del Novecento sia a livello politico che istituzionale. Ciononostante, il progetto di una riforma democratica della scuola, che potesse accogliere le istanze popolari, si era arenato a fronte della mancanza di risorse economiche ed a causa della conflittualità tra le diverse forze politiche. [1]

Poche, infatti, furono le novità del nuovo ordinamento che non fossero già state discusse ed affrontate negli anni precedenti.

Parlando al Senato, il 5 febbraio 1925, Gentile sostenne infatti "di non aver nulla inventato" e di avere tratto ispirazione da quanto di positivo e migliore era già stato proposto al Paese fin dai tempi della Destra storica. [2]

L'intero assetto legislativo mirava ad una profonda opera di alfabetizzazione popolare con la realizzazione di un nuovo modello di scuola elementare, alla quale furono destinati nuovi finanziamenti che andarono tuttavia a privilegiare le scuole urbane a discapito di quelle rurali, dove il problema dell'analfabetismo era maggiormente sentito.

I capisaldi della riforma

Capisaldi della riforma furono:

  • innalzamento dell'obbligo scolastico fino al quattordicesimo anno d'età; i bambini avrebbero tuttavia frequentato solo per cinque anni una scuola unitaria, la scuola elementare, mentre negli anni successivi avrebbero dovuto compiere una scelta tra quattro possibilità: il ginnasio, quinquennale, che dava l'accesso al liceo classico od al liceo scientifico (per molti aspetti simile al liceo moderno); l'istituto tecnico triennale, seguito da quattro anni di istituto tecnico superiore; l'istituto magistrale di sette anni, destinato alle future maestre; la scuola complementare, al termine della quale non era possibile iscriversi ad alcuna altra scuola.
    Si trattava dunque, come già sopra accennato, di un sistema che riprendeva molti aspetti della vecchia legge Casati, anche per quanto riguarda l'accesso all'università: solo i diplomati del liceo classico avrebbero potuto frequentare tutte le facoltà universitarie, mentre ai diplomati del liceo scientifico sarebbero stato possibile accedere alle sole facoltà tecnico-scientifiche. Agli altri diplomati era invece impedita l'iscrizione all'università;
  • dal punto di vista delle materie, fu introdotto lo studio della religione cattolica nella scuola primaria, esteso, dopo la firma dei Patti Lateranensi, anche ai licei dove venne istituito l'insegnamento della filosofia, per dotare la futura classe dirigente di un elevato bagaglio culturale ed ideale. Alla base della riforma gentiliana vi era l'assunto secondo cui gli studi, specie quelli secondari, dovevano essere, secondo le parole del filosofo: "Aristocratici, nell'ottimo senso della parola: studi di pochi, dei migliori […] cui l'ingegno destina di fatto, o il censo e l'affetto delle famiglie pretendono destinare al culto de' più alti ideali umani. La limitazione delle iscrizioni è propria delle scuole di cultura e risponde alla necessità di mantenere alto il livello di dette scuole chiudendole ai deboli e agli incapaci".

Si trattava dunque di una scuola classista, borghese, basata sul censo, che precludeva alla gran parte del popolo l'accesso all'istruzione secondaria ed all'università.

I costi dell'istruzione negli anni 30

[Torna su]

Interessante analizzare i costi, riferiti al 1935, di un corso di studi completo (ossia fino al conseguimento del diploma finale) nei diversi settori dell'istruzione secondaria:

  • ginnasio e liceo classico: Lit. 3.700
  • ginnasio e liceo scientifico: Lit. 4.120
  • scuola di avviamento al lavoro: Lit. 50
  • istituto magistrale: da Lit. 1.610 a Lit. 2.400

Diplomarsi geometra o ragioniere costava Lit. 2.136, mentre chi terminava gli studi al grado inferiore degli istituti tecnici pagava in tutto Lit. 1.038.

Per una comparazione, può essere utile un confronto con gli stipendi medi dell'epoca:

  • un operaio guadagnava in media Lit. 250 al mese mentre un bracciante arrivava a Lit. 180 mensili
  • impiegati ed operai specializzati venivano remunerati con circa 350-420 Lit. al mese
  • 800 Lit. mensili era lo stipendio di un impiegato di alto livello laureato
  • 1000 Lit. al mese quello di un dirigente d'industria

La scelta della scuola superiore era quindi determinata anche e soprattutto dalle possibilità economiche della famiglia.

Una scuola superiore, importante è ricordarlo, riservata a pochi e vista come strumento di selezione della futura classe dirigente.

La riforma scolastica del 1962

[Torna su]

La riforma Gentile rimase sostanzialmente in vigore inalterata anche dopo l'avvento della Repubblica, fino a quando il Parlamento italiano, con la legge 31 dicembre 1962 n. 1859, abolì la scuola di avviamento professionale creando la cosiddetta scuola media unificata. [3]

Per meglio comprendere come la legge 1859 del 1962 possa essere a tutti gli effetti considerata non solo una riforma scolastica, ma una vera e propria riforma sociale, che avrebbe consentito anche ai figli appartenenti a famiglie meno abbienti di accedere ai gradi superiori dell'istruzione, e dunque segnando una netta discontinuità con il passato, è importante brevemente accennare a quali fossero le caratteristiche della scuola complementare di avviamento professionale.

Scuola complementare di avviamento professionale

[Torna su]

Erede della soppressa scuola tecnica, la scuola complementare di avviamento professionale, con durata triennale e ad indirizzo industriale o commerciale, non consentiva il proseguimento degli studi.

Una scuola per i ragazzi dagli 11 ai 14 anni che potevano ricevere un addestramento pratico per le semplici professioni della manodopera esecutiva e per il segretariato, con lo scopo di completare l'istruzione obbligatoria, conferendo una preparazione professionale generica nei diversi settori dell'attività economica.

Il dovere operare una scelta in età precoce determinava non solo i futuri percorsi lavorativi ma anche quelli sociali e culturali, essendo condizionata in modo determinante dal contesto socio-familiare.

Nel dettaglio i programmi prevedevano:

Scuola complementare (1923 - 1962) I II III

Italiano 4 4 3

Lingua straniera 4 4 4

Storia e geografia 4 4 3

Matematica 4 3 3

Scienze naturali - 2 2

Computisteria - 3 3

Disegno 4 3 3

Calligrafia 2 - -

Stenografia - 1 2

Totale delle ore settimanali 22 24 23

Venne abolita con l'istituzione della scuola media unificata per l'accesso a tutte le scuole superiori. [4]

La nuova scuola media unificata del '62

[Torna su]

Con la legge 1859 del 31 dicembre 1962 [5] si diede finalmente attuazione, dopo ben 14 anni, al dettato sancito dall'art. 34 della Costituzione:

"La scuola è aperta a tutti".

L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso."

Tale legge venne promulgata ad opera dell'allora Presidente della Repubblica Antonio Segni, su proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, Luigi Gui, componente del IV Governo Fanfani (a maggioranza di centro-sinistra, nato dall'alleanza tra Democrazia Cristiana e Partito Socialista) ed ebbe avvio effettivo con l'anno scolastico 1963/64.

L'istituzione della scuola media unica rappresentò una reale innovazione nella scuola italiana, "il più importante intervento riformatore nel settore scolastico dalla Costituzione in poi."

La nuova scuola unificò i corsi medi inferiori, prima solo parzialmente uniformati, e consentì in tal modo l'accesso a tutte le scuole secondarie superiori.

Finalità della nuova scuola

Rispondeva alle esigenze di una società democratica fondata sulla eguaglianza di occasioni formative per tutti i cittadini, che favorisse mobilità tra le diverse classi sociali, offrendo gli strumenti ed i mezzi per una più ampia partecipazione alla vita del Paese. Elevare il livello di educazione ed istruzione di ciascun cittadino, secondo la legge istitutiva: "concorre a promuovere la formazione dell'uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l'orientamento dei giovani ai fini della scelta dell'attività successiva". [6]

In realtà, come già precedentemente espresso, l'obbligo di istruzione fino a 14 anni era già stato adottato dalla Riforma Gentile, nel 1923, ma prevedeva la possibilità di assolverlo scegliendo di frequentare o la scuola media (superando preventivamente un difficile esame di ammissione) o le scuole di avviamento professionale, o anche attraverso forme mai ben normate di insegnamento genitoriale. Il risultato fu quello di determinare enormi fenomeni di evasione, con particolare riferimento alle bambine e alle zone più povere del Paese, oltre che, va ribadito, una selezione classista degli allievi destinati a proseguire gli studi: solo quelli che avevano superato la scuola media. La massa dei figli delle classi meno abbienti terminava con la fine dell'avviamento.

E' importante altresì ricordare che fu il dibattito sulla conservazione o l'abolizione del latino come materia obbligatoria ad occupare il lungo percorso parlamentare verso la legge 1859, che venne approvata dal Parlamento con il voto contrario delle destre (Msi e Pli) e del Pci.

Il Pci ne lamentava la debolezza dell'impianto formativo, strutturato con poche ore di insegnamento della matematica e delle scienze e nessuna di musica per un complessivo settimanale di sole 25 ore.

L'aumento della scolarizzazione

Con la Legge 1859, indicata da molti come uno dei primi risultati del centrosinistra, crebbe in dieci anni da meno del 50% a più dell'80% il numero dei cittadini in possesso di licenza di scuola media.

Dall'anno scolastico 1962-63, infatti, un milione e seicentomila ragazzi (gli alunni che avevano terminato il ciclo elementare) ebbero la possibilità di iscriversi e frequentare la nuova scuola media unica per tutti.

Fu necessario, tuttavia, aspettare la Legge 348 del 1977 per avviare l'elaborazione dei nuovi programmi che nel 1979 sancirono l'abolizione totale del latino, il potenziamento degli insegnamenti scientifici, l'introduzione dell'educazione musicale, in un quadro settimanale di 30 ore. [7]

Conclusioni

[Torna su]

La scuola media unica nacque con l'obiettivo di omogeneizzare la cultura di base tra la popolazione studentesca, per divenire il trait d'union tra la cultura umanistica e quella scientifica e tecnologica.

Quella nata dalla concezione di Croce e Gentile fu infatti l'esempio più eclatante di scuola dove netta era la separazione delle culture: l'umanesimo a chi doveva dirigere la società, la scienza a chi doveva lavorare.

Nel 1962, il governo monocolore DC, presieduto da Amintore Fanfani, con la partecipazione attiva del PSDI e del PRI, a cui i socialisti diedero il loro appoggio esterno, attuò una serie di riforme, fra cui appunto l'istituzione della scuola media unificata, accogliendo un'esigenza fortemente sentita nella società italiana. [8]

Rappresentò dunque la legittimazione e l'istituzionalizzazione di un fenomeno socialmente già in corso in riferimento al momento storico che la Repubblica attraversava.

Il ministro Luigi Gui, alcuni anni dopo l'entrata in vigore della legge, espresse il seguente giudizio: "Questa scuola impedì precoci e ingiuste divisioni discriminatorie tra i preadolescenti: si può essere in disaccordo forse sui modi di effettuazione, ma nessuno può negare la misura umana, sociale e cristiana di tali provvedimenti che rappresentano una vera rivoluzione sociale, nell'accezione non ambigua e demagogica del termine, ma in quella di autentico di balzo in avanti rinnovatore delle superate strutture scolastiche del nostro Paese".

Dott.ssa Luisa Claudia Tessore

www.dplmediazione.it


Bibliografia

[1] "Croce e Gentile" - G. Tognon (2016)

[2] La riforma della scuola in Italia, 1927 3° ed.: "Discorso pronunciato al Senato il 5 febbraio 1925"

[3] Dalla riforma Gentile alla Nuova Scuola - E. Scipioni - Armando Editore

[4] Dedalo Antologia Italiana scuole avviamento Professionale volume secondo 1954

[5] Vedi allegato

[6] M. Gattullo - A. Visalberghi, La scuola italiana dal 1945 al 1983, La Nuova Italia, Firenze, 1986, p. 120.

[7] Luigi Guerra - Legge 1859: "Istituzione e ordinamento della scuola media statale" 31 dicembre 1962

[8] Il primo centro-sinistra e le riforme 1962-1968 - Ermanno Taviani


Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: