Ai sensi degli art. 482 e 483 c.c. l'accettazione dell'eredità può essere impugnata per violenza o dolo, ma non per errore

Impugnazione dell'accettazione dell'eredità

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Gli articoli 482 e 483 del Codice civile prendono in considerazione l'impugnabilità dell'accettazione in presenza di determinati vizi del consenso. Viene in questo modo introdotta una disciplina a carattere eccezionale rispetto a quella prevista dagli artt. 1427-1440 c.c. per i contratti ed estesa, in quanto compatibile, ex art. 1324 c.c. alla categoria degli atti unilaterali tra vivi avente contenuto patrimoniale, di cui l'accettazione dell'eredità è un esempio.

In particolar modo l'art. 482 c.c. prevede al primo comma "L'accettazione dell'eredità si può impugnare quando è effetto di violenza o di dolo." mentre l'art. 483 c.c. sempre al primo comma afferma "L'accettazione dell'eredità non si può impugnare se è viziata da errore."

Le disposizioni qui riportate appaiono piuttosto scarne e generiche, pertanto, tenuto anche conto della loro specialità rispetto alla disciplina generale, trovano qui necessaria applicazione, in quanto compatibili, le norme dettate dal codice in generale in tema di annullabilità per vizi del consenso sopra richiamate.

Impugnazione dell'accettazione tacita

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Prima di procedere all'analisi delle specifiche fattispecie di impugnazione dell'eredità occorre in via preliminare affrontare la criticità relativa all'applicabilità di queste norme all'accettazione tacita oltre che quella espressa. La questione si lega direttamente alla rilevanza che deve essere attribuita alla sussistenza di una effettiva volontà di acquisire la qualità di erede nell'accettazione tacita.

Quella parte della dottrina che ritiene sufficiente il mero compimento del comportamento concludente per la produzione dell'effetto acquisitivo prescindendo da una puntuale verifica della volontà di accettare, non può far altro che sostenere l'inapplicabilità delle norme relative all'impugnazione anche all'accettazione tacita in quanto non sarebbero possibili vizi di un consenso ritenuto in una certa misura "presunto" dalla legge in presenza di facta concludentia.

L'opposta ricostruzione dell'accettazione tacita in una prospettiva "soggettivista", fatta propria anche dalla giurisprudenza, nel dare rilievo essenziale alla sussistenza di una specifica volontà di accettare l'eredità anche nella forma tacita, accoglie, invece, l'impugnabilità dell'accettazione sia che sia avvenuta ex art. 475 c.c. che ex art. 476 c.c.

Impugnazione per violenza

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Nonostante la formulazione vaga abbia dato luogo a qualche disputa dottrinale, la posizione prevalente è quella di ritenere che il riferimento dell'art. 482 c.c. alla violenza vada inteso esclusivamente in direzione di quella psichica o morale. Questa consiste in una minaccia di un male ingiusto e notevole che abbia lo scopo di coartare la volontà della persona. La violenza fisica, invece, si ha quando la manifestazione di volontà è frutto di un costringimento fisico e ne è un esempio scolastico la firma di un contratto guidata da mano altrui. Questa particolare ipotesi designa, in realtà, una fattispecie in cui la volontà non è già solo viziata ma risulta del tutto assente: il negozio giuridico così concluso sarebbe, dunque, colpito da nullità assoluta e non da semplice annullabilità.

I caratteri della violenza che trovano applicazione per l'accettazione dell'eredità sono i medesimi di quelli previsti dall'art art. 1435 c.c., ovviamente in quanto compatibili. Ad esser più precisi, questo discorso va esteso, in generale, alle norme sulla violenza contenute negli artt. 1434 c.c. e ss. ivi comprese quelle relative alla violenza diretta contro terzi, al timore reverenziale e alla minaccia di far valere un diritto.

Impugnazione per dolo

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Mentre il dolo disciplinato dall'art. 1439 c.c. fa riferimento al caso in cui "i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi l'altra parte non avrebbe contratto", in tema di atti unilaterali avranno rilievo i "raggiri" posti in essere da qualunque persona.

Se il dolo determinante è rilevante ai sensi dell'art. 482 c.c., discussa è invece la possibilità di estendere anche all'accettazione il c.d. dolo incidente. In questo caso, disciplinato dall'art. 1440 c.c., i "raggiri" non hanno determinato il consenso ma hanno inciso sulle condizioni alle quali si è compiuto l'atto. Il rimedio previsto in generale per questo vizio nell'ambito dei contratti non è l'annullabilità bensì il risarcimento del danno e solo se vi è stata mala fede. Si ritiene, tuttavia, che il dolo incidente non possa nemmeno essere astrattamente configurato in relazione all'accettazione dell'eredità in quanto mancherebbero delle condizioni variabili sui cui il dolo dovrebbe incidere.

Azione di annullabilità

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Ai sensi del secondo comma dell'art. 482 c.c. "L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo". La norma riprende la disciplina generale dettata nel quarto libro in tema di annullamento per vizi del consenso dagli artt. 1441 c.c. e ss. e che deve qui essere applicata, in quanto compatibile.

Se legittimato ad esperire l'azione di annullamento è "la parte nel cui interesse è stabilito dalla legge" nel caso dell'accettazione dell'eredità, questi sarà l'accettante. Tale azione si prescrive nel termine quinquennale che decorre per il dolo dal giorno della scoperta e per la violenza dal giorno della sua cessazione.

Qualora venga accolta l'impugnazione dell'accettazione, la pronuncia di annullamento produce effetti ex tunc. Il risultato è che vengono meno gli effetti dell'accettazione come se non si fossero mai prodotti. Si ripristina la situazione iniziale di chiamata all'eredità in capo all'ex accettante al punto che quest'ultimo, se la delazione non si è estinta per prescrizione o decadenza, potrà ancora accettare o rinunziare validamente all'eredità.

Impugnazione per errore

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Con riguardo all'accettazione dell'eredità l'art. 483 c.c. esclude l'impugnabilità dell'accettazione per errore. Questo vizio del consenso consiste in una falsa rappresentazione della realtà che incide sulla formazione della volontà del soggetto. La fattispecie più immediata da immaginare è certamente quella relativa alla consistenza dell'eredità: in questa prospettiva al delato è già offerta una forma di tutela dalla damnosa hereditas grazie al beneficio d'inventario. Si può quindi comprendere perché, diversamente dalla disciplina generale, l'errore vizio non venga preso in considerazione come motivo di annullamento dell'accettazione.

Diverso è, invece, il discorso relativo all'errore ostativo con cui si crea una discrepanza tra volontà e dichiarazione. In questo caso secondo alcuni troverebbe applicazione l'annullabilità ex art. 1433 c.c. per errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione, mentre invece secondo altri l'errore ostativo farebbe venir meno la stessa volontarietà dell'atto, che risulterebbe, di conseguenza, nullo.

Testamento precedentemente ignoto

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Il secondo ed il terzo comma dell'art. 483 c.c. prevedono che "2. Tuttavia, se si scopre un testamento del quale non si aveva notizia al tempo dell'accettazione, l'erede non è tenuto a soddisfare i legati scritti in esso oltre il valore dell'eredità, o con pregiudizio della porzione legittima che gli è dovuta. Se i beni ereditari non bastano a soddisfare tali legati, si riducono proporzionalmente anche i legati scritti in altri testamenti. Se alcuni legatari sono stati già soddisfatti per intero, contro di loro è data azione di regresso. 3. L'onere di provare il valore dell'eredità incombe all'erede."

Si tratta di una previsione che mitiga gli effetti dell'esclusione dell'errore quale motivo di annullamento dell'accettazione. Viene stabilito un meccanismo per cui in caso di testamento scoperto successivamente all'intervenuta accettazione questa viene salvaguardata come pure il patrimonio dell'accettante. Il codice ha previsto, infatti, che la soddisfazione dei legati non possa eccedere il valore dell'eredità o pregiudicare la porzione legittima.

Nel caso in cui i legati non possano essere soddisfatti per intero e sussistano più testamenti, al fine di garantire condizioni di parità tra i legatari, i legati si riducono tutti in maniera proporzionale, non solo quelli contenuti nel testamento scoperto successivamente all'accettazione.


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