Il chiamato che disponga dei diritti di successione mediante donazione, vendita o cessione acquista la qualità di erede ex art. 477 c.c.

L'art. 477 c.c.

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Individuati e disciplinati i due modi in cui è, in generale, possibile accettare l'eredità, il codice prende in considerazione alcune ipotesi particolari in cui è il mero compimento di specifici atti di natura dispositiva a importare automaticamente accettazione dell'eredità. In tal senso l'art. 477 c.c. prevede "La donazione, la vendita o la cessione, che il chiamato all'eredità faccia dei suoi diritti di successione a un estraneo o a tutti gli altri chiamati o ad alcuno di questi, importa accettazione dell'eredità."

L'articolo contempla non già atti di disposizione della qualità di erede, che, invero, può essere acquisita solo per legge o per testamento

(v. art 457 cc.) e non in via convenzionale, ma tutti quegli atti, compiuti dal delato, che determinano una trasmissione dei diritti sui beni ereditari complessivamente intesi. La dottrina ritiene, infatti, che il meccanismo di accettazione dell'eredità previsto dall'art. 477 cc non opererebbe in relazione alla donazione, vendita o cessione di singoli beni ereditari.

Oggetto della norma ivi contenuta sono, dunque, i diritti che il delato acquisirebbe in caso di accettazione, che può tutelare con i poteri che gli sono riconosciuti dall'art. 460 cc, ma di cui non può disporre se non con l'acquisto della qualità di erede.

La ratio della norma è, dunque, quella di consentire al chiamato gli atti di disposizione ivi elencati operando una valutazione ex lege di questo comportamento come manifestazione di volontà di acquisire la qualità di erede e ricollegandovi, di conseguenza, gli effetti dell'accettazione dell'eredità.

Accettazione tacita o presunta?

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Proprio in relazione alla manifestazione di volontà di accettare si è posta la questione della riconducibilità dell'accettazione ex art. 477 cc nella categoria delle accettazioni presunte o ope legis ovvero ci troviamo di fronte ad una fattispecie tipizzata di accettazione tacita.

Quella disciplinata dall'art. 476 cc. è un modo di accettazione che individua due profili essenziali che devono necessariamente coesistere: sul piano oggettivo deve trattarsi di atti che solo l'erede potrebbe compiere e sul piano soggettivo vi deve essere una specifica volontà del chiamato non solo di realizzare l'atto in sé ma di assumere attraverso di esso la qualità di erede.

La giurisprudenza ritiene, invece, che nelle ipotesi previste dall'art. 477 cc non si renda necessaria alcun tipo di indagine circa l'effettiva sussistenza dei due profili che caratterizzano l'accettazione tacita. Ci troviamo, piuttosto, di fronte ad un caso tipico di accettazione presunta o ope legis per cui al valido compimento, da parte del chiamato, di quegli atti indicati nell'articolo in commento è la legge stessa ad attribuire in maniera automatica l'efficacia di accettazione dell'eredità.

Atti che importano accettazione dell'eredità

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Resta da comprendere, a questo punto, quali sono gli atti che ai sensi dell'art. 477 cc importano accettazione dell'eredità. La disposizione fa riferimento a donazione, vendita e cessione dei diritti di successione: tale formulazione comprende tutti quei contratti bilaterali, sia a titolo gratuito che oneroso, con cui il chiamato può disporre dei diritti di successione. Accanto a negozi specifici come la donazione e la vendita, il richiamo alla cessione apre le porte ad ogni altro tipo di negozio dispositivo come lo sono la permuta o la transazione. Questi, validamente posti in essere, rilevano come fatti giuridici cui si riconnette iuris et de iure l'effetto acquisitivo della qualità di erede. La dottrina ritiene, ad esempio, che, in caso di donazione indiretta, mancando i requisiti di forma previsti dal codice non si realizzata la fattispecie della donazione e quindi non possa aversi accettazione ex art. 477 cc. Resta ferma, tuttavia, la possibilità che trovi applicazione l'accettazione tacita qualora abbia esito positivo l'indagine richiesta dall'art. 476 cc.


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