Dai tempi di Roma e del pontefice massimo una breve storia dell'obbligatorietà dei mezzi alternativi al processo

Qualche secolo[1] prima di Cristo nacque Roma e si affermò col tempo una figura che si chiamava pontefice massimo.

Tra le altre cose i pontefici massimi erano titolari dello ius respondendi. Chi voleva andare in causa doveva assicurarsi che la sua azione civile rispettasse i Mores maiorum ossia delle regole etiche ben precise (ancora oggi l'Onu per il mediatore richiama la gravitas) e quindi i pontefici massimi davano o meno il loro benestare.

Poco dopo a Locri il primo legislatore della Magna Grecia stabilì che prima di pensare al giudizio si dovesse fare un tentativo di conciliazione.

Ora in Grecia se si voleva negli stessi tempi andare davanti ai giudici di pace che si chiamavano Dieteti (ed erano pure arbitri come gli attuali istruttori statunitensi) si doveva partecipare ad un tentativo di conciliazione per il valore della causa inferiore alle 10 dramme.

Ai tempi di Omero (sempre che sia esistito) invece esisteva solo l'arbitrato.

Il processo arriva molto dopo e si prendono a modello le forme di composizione alternativa.

In Roma invece sino al tempo della redazione del Vangelo di San Luca (70-90 d.C.) si riteneva che non solo le persone dovessero tentare la conciliazione, ma che dovessero pure accordarsi (ovviamente come volevano loro: il Vangelo non pone condizioni).

Il pretore si limitava semplicemente a rendere esecutivo il titolo convenzionale (Tavola I delle XII Tavole).

Questo modo di procedere, salvo una parentesi da Caligola ad Onorio ed Arcadio, si mantiene attraverso il defensor civitatis (erede del tribuno della plebe) che poi diventerà il nostro sindaco/notaio.

Anche lui conciliava obbligatoriamente i suoi cittadini.

Nel Medioevo chi litigava aveva due strumenti: arbitrato e conciliazione. Il processo che era molto cruento (le persone in sostanza si bastonavano e vinceva il più forte) era davvero l'ultima ratio.

Ad un certo punto perlomeno al Sud è arrivato Federico II che ha fondato il principio di accesso alla giustizia. Nel senso che sino alla litis contestatio, bontà sua, si poteva conciliare; poi dovevano dare il permesso i giudici. Questo perché all'epoca il giudice era pagato dalle parti e se non emetteva sentenza rimaneva a bocca asciutta.

Il principio per cui la conciliazione non doveva impedire il normale corso dei giudizi che è stato ripreso dalla Comunità Europea e dal nostro CNF ancora una decina di anni fa quando arrivò la "minacciosa" mediazione, riguardava in origine, a ben leggere, solo la mediazione delegata.

Ma tant'è i giuristi savoiardi (i Savoia sono quelli che da noi hanno fatto tutto nel bene e nel male) hanno deciso che questo principio dovesse connotare anche il diritto di azione primigenio.

Da loro c'era solo il pretore mandamentale che in teoria doveva tentare di conciliare le parti, ma nella pratica non lo faceva.

Gli americani se ne sono fatti un baffo, ma da noi il principio dell'accesso al processo è divenuto uno dei valori più importanti.

Ripeto che all'epoca gli operatori giudiziari non mangiavano se il processo non si celebrava. Oggi invece mangiano perché vengono pagati dallo Stato e per questo ci possiamo permettere anche un pendente 2019 di 3.260.000 cause.

Non che sia solo colpa loro, certamente noi come popolo ci mettiamo del nostro come gli austriaci e i tedeschi del resto.

Si pensi che quando Napoleone arrivò in Liguria (1804) stabilì che i faldoni dei vecchi processi dovessero essere collocati in una sola stanza: bastava dunque un locale, ma all'epoca lo Stato per i processi non pagava ancora.

Le persone naturalmente i denari per un processo non li possedevano e quindi già Carlo Magno aveva dato disposizione ai suoi Missi di andare a fare giustizia (spesso far pagare chi aveva ottenuto un accordo per evitare la vendetta oppure punire chi si era accordato e aveva fatto vendetta lo stesso) in ogni dove gratuitamente: contrariamente a quello che si pensa le prime forme giustiziali erano itineranti e ciò durò in alcuni luoghi (ad es. nella mia Liguria) sino all'arrivo di Napoleone.

Il concetto di tribunale fisso con giudici professionali e laureati che fanno giustizia secondo diritto arriva soltanto nel 1848.

Prima i giudici nulla sapevano di diritto ed infatti erano affiancati dagli assessori che erano giuristi ma che consultavano di rado.

Nulla sapevano visto che per la maggior parte erano analfabeti (e così all'epoca gli avvocati e ahimè pure i farmacisti).

E così spesso le soluzioni delle questioni venivano deputate a tecnici della materia, gli arbitri, che poi riferivano ai giudici i quali prendevano una decisione.

Comunque potete immaginare quanti processi si facessero ai tempi di Carlo Magno.

Ad oggi questo modo di procedere peraltro è ancora vivo nei conciliatori di giustizia francesi ed in quelli cinesi: residui di un mondo ove la conciliazione era da millenni valutativa.

La conciliazione obbligatoria si fermò in Italia perché nel Sud odiavano Napoleone che l'aveva diffusa in Europa e in Savoia ce l'avevano con gli Ebrei (che all'epoca avevano diritto ad un tentativo di conciliazione obbligatoria quando si voleva occupare parte del Ghetto o eliminarlo); in Francia nel 1855 si eliminò la obbligatorietà perché funzionava alla grande (73% del pendente giudiziario veniva conciliato) e questo, chissà perché, dava fastidio ai cancellieri.

Dalla metà dell'800 quindi fino alla fine del secolo le conciliazioni che pure funzionavano meglio delle mediazioni attuali divennero facoltative.

L'obbligatorietà riprese ai primi del '900 nel settore del lavoro (così negli Stati Uniti ed in Svezia). In Italia alla fine degli anni '20 il regime decide che la conciliazione è pericolosa e l'affossa. Ed avevano ragione perché chi media non ha bisogno del giudizio dello Stato.

Lo Stato, in altre parole, non ti può controllare.

Già nel XVIII secolo, infatti, la giustizia (a partire dalla Rivoluzione francese) ebbe soprattutto la funzione di controllo del territorio che in difetto di denaro non poteva ottenersi con gli eserciti.

Il juge de paix era nominato direttamente da Napoleone e dovendo la conciliazione essere anticipata dalla citazione, dava modo a Parigi di sapere sempre che cosa accadeva in un dato territorio prima ancora della celebrazione del processo o meglio della conciliazione.

Non c'erano soldi ed infatti il juge de paix (o il conciliatore da noi) non era pagato, ma era un ricco cittadino che si poteva permettere di lavorare gratis per lo stato; come il mediatore oggi che non è però per niente facoltoso.

Il procedimento alternativo obbligatorio continua negli Stati Uniti ed in altri paesi europei.

Anche da noi, finita l'era fascista, per un certo tempo si mantiene il tentativo obbligatorio di lavoro che oggi la UE tanto esalta, apprezzando assai la mediazione del lavoro.

Poi negli anni 2000 si inizia a parlare di mediazione nella UE e siccome negli anni '90 hanno fatto abortire la mediazione obbligatoria in Gran Bretagna perché un ospedale sostanzialmente non voleva partecipare ad una procedura, allora si scrive nella Direttiva 52/08 che l'istituto deve essere di preferenza volontario. In verità il "sistema" si richiama anche una sentenza della Corte di Giustizia inspiegabilmente sull'arbitrato che c'entra oggi (ma non nell'antichità) con la mediazione come i cavoli a merenda.

Comunque memore del fatto che per duemila anni le cose sono andate diversamente la UE non ha potuto che riconoscere la bontà della condizione di procedibilità se scelta dai paesi UE.

Oggi hanno strumenti di mediazione obbligatoria 28 paesi su 30.

E per l'Italia la mediazione obbligatoria è stata considerata una scelta inevitabile (non si sa perché non ha espresso il medesimo giudizio su Germania ed Austria che erano messe male quanto o più di noi in merito al pendente giudiziario).

Comunque gli avvocati non hanno digerito questa concessione ed hanno fatto il diavolo a quattro in Francia, Italia, Romania e Grecia, salvo poi rendersi conto che era un modo per sopravvivere.

Prova ne è che oggi la condizione di procedibilità c'è anche in Francia e pure la mediazione delegata obbligatoria.

Questa "consapevolezza pratica" in Italia è arrivata con un certo ritardo perlomeno riguardo agli avvocati del Sud e la Corte costituzionale per un voto ha bocciato il decreto 28 per difetto di delega.

Seguirono due anni bui.

Poi anche le Corti costituzionali della Romania e della Grecia si sono dimostrati giudici inflessibili sottraendo il pane agli avvocati mediatori (che sono molti) e affossando la mediazione però, nei casi specifici, come condizione di inammissibilità della domanda.

In Venezuela ad esempio una cosa del genere non sarebbe mai accaduta (e nemmeno nell'Europa ante 1848) perché gli istituti alternativi sono costituzionalizzati e dunque gli avvocati che hanno pure provato ad attaccare la mediazione sono rimasti con un pugno di mosche.

Negli Stati Uniti ed in particolare in California, sotto i 50.000 dollari, depositi il form ma poi devi mediare o andare in arbitrato.

E dunque come dicevo gli americani spesso (non sempre) dell'accesso alla giustizia federiciano se ne sono fatti un baffo.

Ma poi è successa una cosa in Croazia.

L'art. 168.a del Codice di rito croato contempla l'ipotesi in cui si voglia far causa alla Repubblica di Croazia: si deve chiedere alla Procura un tentativo di bonario componimento. Questa norma è importante per la storia della mediazione europea perché è stata impugnata da chi non l'ha rispettata e ha ricevuto conseguentemente una dichiarazione di irricevibilità della domanda dai Tribunali croati; la Corte dei Diritti dell'Uomo nel caso in questione ha ritenuto che la mediazione a pena di irricevibilità della domanda fosse conforme all'art. 6 della Convenzione dei diritti dell'uomo: il che ha aperto uno scenario importante ad es. in Francia con riferimento alla conciliazione davanti alle Corti inferiori che è stata prevista a pena di inammissibilità.

In Grecia da ultimo la mediazione è prevista a pena di inammissibilità e nonostante un primo affossamento, oggi la Corte Costituzionale ha pattuito col governo una tregua. Sopra i 30.000 in Grecia oggi si deve fare un primo incontro di mediazione.

Si conclude questa breve storia dell'obbligatorietà dei mezzi alternativi al processo condizione con tre considerazioni:

1) gli psicologi ci dicono che non si può obbligare una persona a mediare; nulla da osservare, ma dal punto di vista storico è un'assoluta castroneria e addirittura secondo la mentalità degli uomini del primo secolo dopo Cristo l'accordo era obbligatorio se si voleva essere buoni cittadini prima che buoni cristiani.

2) La mediazione decisa dal giudice (che pervade ancora oggi l'Europa come ai tempi di Federico II) è un retaggio storico, legato ad un tempo in cui il processo aveva connotazioni profondamente diverse dalle nostre. Oggi dovrebbe essere il cittadino a poter decidere (sempre) se affrontare una questione con i suoi mezzi oppure se demandarla ad altri.

3) In Italia abbiamo una tradizione di giustizia flessibile che arriva sino alla Seconda guerra mondiale: non si comprende per quale motivo siano stati i tedeschi che evidentemente da noi l'hanno imparata in tristi momenti, a riproporla nel 2012 e ad avere il plauso 2019 della Commissione Europea con ben 44 punti (noi ne abbiamo 9) per incentivi e promozione dell'ADR.

È l'ora di riscoprire insomma le nostre radici.

Avv. Carlo Alberto Calcagno

www.dplmediazione.it

[1] Per buona parte delle affermazioni fatte in questa nota v. i riferimenti documentali in C.A. CALCAGNO, BREVE STORIA DELLA RISOLUZIONE DEL CONFLITTO, I SISTEMI DI COMPOSIZIONE DALL'ORIGINE AL XXI SECOLO, Aracne Editrice, 2015


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