Con ricorso depositato in data 25 novembre 1997, S.F. esponeva di essere dipendente della s.p.a. Ferrovie delle Stato, con la qualifica di ausiliario di stazione, in servizio a Lecce; l'ambiente in cui era costretta a lavorare era saturo di fumo onde essa attrice aveva contratto una serie di affezioni, tra cui rinite cronica, crisi asmatiche, faringite, agitazione psichica, tachicardia, cefalea e vertigini. Per tali affezioni essa S. si era assentata dal lavoro e, superata la soglia dei 180 giorni di assenza, la società le aveva trattenuto un terzo della retribuzione. Richiamato il dovere di protezione previsto dall'art. 2087 c.c., l'attrice chiedeva la restituzione della quota di retribuzione indebitamente trattenuta (essendo la malattia dovuta ad inadempimento
del datore di lavoro) ed il risarcimento del danno alla salute, in misura da determinarsi equitativamente. Previa opposizione della Rete Ferroviaria Italiana, il Tribunale di Lecce riconosceva che le assenze per malattia erano dovute al fumo respirato, nell'inerzia del datore di lavoro, dalla S. in ufficio: pertanto accoglieva la domanda limitatamente alla restituzione della quota di retribuzione trattenuta a fronte delle assenze per malattia; respingeva invece la domanda di risarcimento del danno alla salute per la "genericità delle deduzioni" sul punto. LaPrevidenza.it,
Corte di cassazione, sezione lavoro, 16.11.2006, n° 24404

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