La rubrica dei quesiti dei lettori: Posta e Risposta, puntata n. 124, dedicata ai rischi dello stato di emergenza e di eccezione
di Paolo M. Storani - Lo stato di emergenza: la divisione dei poteri garantisce la democrazia.

La rubrica dei quesiti dei lettori Posta e Risposta - puntata n. 124 è dedicata a Santo Guidotto che mi scrive la gradita mail che segue.

La mail del lettore

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«E-mail: guimen@tiscali.it - Oggetto della richiesta: Considerazioni in ordine ad articolo pubblicato sul vostro sito.

"Faccio riferimento all'articolo pubblicato sul vostro sito dal titolo L'autocertificazione al tempo del COVID-19: nemo tenetur se detegere.

Trovo pregevole il percorso logico rappresentato nel post di cui sopra.

Tuttavia, non mi è chiaro come tale percorso ignori completamente il fatto che precedentemente è stato dichiarato lo stato di emergenza che, come è noto, consente (consentirebbe?) l'adozione dei provvedimenti criticati (sostanzialmente ritenuti illegittimi). E' possibile avere i chiarimenti del caso? Ringrazio per la cortese attenzione". Firmato: Santo GUIDOTTO.

Lo stato di emergenza da Covid-19 dichiarato il 31 gennaio 2020

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In primo luogo, caro lettore Guidotto, La ringrazio per le sue attente osservazioni e tengo a precisare quanto segue.

Nell'articolo che ha destato il Suo interesse non si dimentica di considerare lo stato di emergenza che fu dichiarato dal Governo il 31 Gennaio 2020.

Si tende semplicemente a porre in risalto che i Padri Costituenti non inserirono in Costituzione tale concetto perché ritenuto assai pericoloso.

Lo stato di emergenza (non diritto o sospensione del diritto) si relaziona in modo molto complesso con lo stato di diritto. Anzi, in modo pressoché antitetico.

Del resto, il politologo Carl Schmitt coniò la celebre espressione "Ausnahmezustand", vale a dire "stato di eccezione", osservando in Teologia politica del 1922: "sovrano è chi decide sullo stato di eccezione". Erano i turbolenti anni che preludevano all'avvento del nazismo.

Possiamo rilevare, quindi, che lo stato di eccezione addirittura si contrapponga allo stato di diritto.

Lo abbiamo constatato con i nostri occhi in questo ultimo mese: molte garanzie costituzionali sono state di fatto sospese.

Il decreto legge

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La nostra Costituzione non contempla uno stato di emergenza (se non bellica); conosce solamente il Decreto Legge (da noi purtroppo abusatissimo) come strumento per casi "straordinari di necessità ed urgenza".

Non bisogna, infatti, rinunciare all'esercizio di un controllo critico sull'operato del Governo, pur in un quadro di una gravità inimmaginabile; per certi versi, saremmo stati più preparati - vista l'entità di spesa che dedichiamo alla difesa militare (un'enormità ingiustificata) - ad un attacco aereo da Marte piuttosto che da un nemico invisibile e letale come il COVID-19.

Dunque, il ragionamento più onesto può partire dal fondamento del nostro sistema giuridico, che è la Carta Costituzionale.

Muovendo da ciò si può affermare che l'anomalia è consistita, pur in un quadro assolutamente inedito che si spera mai più si riproporrà nella storia d'Italia e che, di conseguenza, merita tutte le attenuanti del caso, nella non precisa delimitazione dell'estensione dei poteri del Governo che avrebbe dovuto coinvolgere il più possibile gli altri Organi costituzionali nella gestione della situazione, a partire dal Presidente della Repubblica e dal Parlamento, entrambi come relegati in un angolo.

Per la prima volta nella storia democratica si è accumulato nelle mani del Presidente del Consiglio dei Ministri un potere senza precedenti.

A tale operato si è congiunto l'immobilismo del Parlamento che non è stato pronto a dotarsi di regolamenti agili che gli permettessero di agire da remoto, con il voto a distanza (nessun ostacolo a nostro sommesso orientamento si sarebbe frapposto al "voto personale, segreto e libero") e con le regole dell'emergenza.

Tanto ciò è vero che il Parlamento Europeo, per contro, grazie all'opera meritoria del Presidente David Sassoli ha immediatamente ovviato al lockdown, superando con agilità ogni burocrazia e facendo sontuoso sfoggio di una capacità di adattamento fuori dall'ordinario. Quello che avrebbero dovuto fare i Presidenti delle Camere in Italia.

Unitamente al Parlamento di Spagna Sassoli ha offerto un ottimo esempio nel momento più critico della storia europea del dopoguerra e la sua domanda retorica "che cos'è il concetto di spazio, di presenza nell'età digitale?" ha dato il via al superamento di ogni burocratico ostacolo alle sedute a distanza, da remoto.

Del resto, in un frangente in cui - a tacer dell'eroismo del personale medico sanitario cui è pleonastico riferirsi - i panettieri, le forze dell'ordine, i cassieri dei supermercati, gli autotrasportatori... hanno dato prova di grande coraggio nello sfidare il rischio di contrarre il Coronavirus, un Parlamento mestamente... chiuso o in autoriduzione proporzionale ad un sesto non è stato all'altezza di chi ha assicurato alla Nazione la continuità dei servizi essenziali e strategici.

Il pericolo dello stato di eccezione

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Ovviamente in una democrazia solida come la nostra con alla guida un Governo come quello presieduto dal Prof. Avv. Giuseppe Conte nessun problema di tenuta del sistema avrebbe potuto e potrebbe neanche ipotizzarsi.

Ma aver creato un precedente non è stato un bel vedere dal punto di vista tecnico-giuridico.

Come si annota nell'articolo commentato dal lettori, "i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri sono atti di rango secondario - amministrativo e non atti aventi forza di legge e non possono autonomamente promuovere norme. Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è un atto che non viene sottoposto ad alcun intervento di verifica ponendosi in contrasto con il principio di legalità che regola l'equilibrio dei poteri in uno Stato di diritto".

Ad esempio, diventa preoccupante in contesti differenti (e l'Ungheria di Viktor Orbàn pare proprio di un tempismo incredibile nell'attestarlo: potrà governare a tempo indeterminato senza contrappesi e vietare le elezioni) la strumentalizzazione della profilassi e della paura da contagio virale in un quadro di stato di eccezione quale paradigma normale di governo (si ricordino in proposito le illuminanti considerazioni, agevolmente rinvenibili in rete, di Giorgio Agamben).

In definitiva, come ancora il caso ungherese ci ricorda, è sufficiente una sottile sfumatura, la presenza o meno di un termine finale, per segnare il delicatissimo discrimen tra consentito e non consentito.

Infine, e qui il problema cruciale è il rispetto dei diritti alla salute ed addirittura alla vita, si rivela inconcepibile la prassi demenziale che si sta purtroppo diffondendo in sede di triage di distinguere, in base alle condizioni fisiche ed anagrafiche, chi tra i nuovi arrivati in ospedale possa accedere alle terapie intensive, ai respiratori, e chi, invece, debba prendere inesorabilmente… «la rampa di Auschwitz» perché anziano, malmesso, non munito di quelle chances di sopravvivenza che chissà chi, in un batter di ciglia, dovrebbe valutare, magari perché disabile (come accaduto negli Stati Uniti e come ottimamente denunciato da Marina Viola, figlia dell'indimenticabile Beppe, autrice di un recente libro che LIA Law In Action presto recensirà, nonché mamma di Luca, un tesoro "profondamente disabile").

Marco Revelli, cui si deve l'immagine, icastica da far accapponare la pelle, che rievoca l'epoca hitleriana dei campi di sterminio, ha definito questa prassi «agghiacciante».

Le espressioni di Guido Rossi

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Si rivela attualissima la disamina del grandissimo, mai troppo rimpianto, Avv. Guido Rossi, a tacer d'altro a lungo collaboratore de «Il Sole 24 Ore», in ordine alla «democrazia che, per sua natura, come aveva già sottolineato Hans Kelsen, non tollera i capi».

«Sempre i capi - prosegue Guido Rossi - tanto più se abbietti o mediocri, sono soggetti a continue autocelebrazioni, come esseri eccezionali e diretti interpreti degli interessi popolari».

Io personalmente sono contrario ai cosiddetti governi tecnici, come fu quello risalente al 2011 e presieduto dal Sen. Mario Monti, che pur possono rivelarsi necessari in frangenti di eccezione e sempre rigorosamente a termine.

Come ancora sottolinea l'opera tutta di Guido Rossi «resta il fatto, però, che depotenziano gli altri poteri, per la rapidità e la presunta urgenza delle loro decisioni e che dunque non sono neppure soggetti alla 'rule of politics'».

Tornate a scrivermi e vi risponderò.

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