La Corte di Giustizia Ue afferma la "qualità" di "consumatore" del condominio. Conseguenze pratiche ed aspetti operativi ai fini dell'applicabilità del codice del consumo
Avv. Roberto Rizzo - "Nell'oggi cammina già il domani". Secondo l'idea del grande filosofo inglese Samuel Taylor Coleridge, sembra finalmente essere giunta al punto d'approdo la lunga evoluzione che ha condotto il condominio ad essere finalmente parificato al "consumatore", nel senso tecnico fornito dal Codice del Consumo (D.Lgs. n. 206/2005). La vicenda, che aveva tratto origine dall'ordinanza pregiudiziale di rinvio del tribunale di Milano dell'1 aprile 2019, nell'ambito di una controversia sorta tra un Condominio ed una società fornitrice di energia elettrica, riguardava l'applicazione negata dal predetto condominio, perché ritenuta abusiva, di una clausola impositiva degli interessi di mora al contratto in essere tra le parti.
La Corte di Giustizia UE, sez. I, con la recentissima sentenza del 2.4.2020 (sotto allegata) ha posto fine alla querelle, riconoscendo, di fatto, la possibilità di estendere la qualità di "consumatore" all'ente di gestione condominio.
Veniamo subito alla vicenda processuale:

Il quesito posto dal tribunale di Milano

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L'ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia Ue era stata formulata dal tribunale meneghino nel modo che segue: "Se la nozione di consumatore quale accolta dalla direttiva 93/13/CEE osti alla qualificazione come consumatore di un soggetto (quale il condominio nell'ordinamento italiano) che non sia riconducibile alla nozione di "persona fisica" e di "persona giuridica", allorquando tale soggetto concluda un contratto per scopi estranei all'attività professionale e versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista sia quanto al potere di trattativa, sia quanto al potere di informazione …".

Il ragionamento della Corte di Giustizia UE

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Ovviamente, a fronte dell'esposta formulazione, la Corte Europea ha dovuto prendere in esame a fini interpretativi la normativa comunitaria di riferimento, con un'articolata e complessa dissertazione attraverso la quale, preliminarmente, ha evidenziato che, secondo il tenore letterale dell'art. 2 della direttiva 93/13/CEE: "la nozione di «consumatore» deve intendersi riferita a «qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale». Da tale disposizione deriva che, affinché una persona possa rientrare in questa nozione, devono essere soddisfatte due condizioni cumulative, vale a dire che si tratti di una persona fisica e che quest'ultima svolga la sua attività a fini non professionali."

Dunque, apparentemente, difettando nel caso del condominio, il primo dei due requisiti richiesti cumulativamente -ossia la natura di persona fisica- se ne dovrebbe dedurre l'inapplicabilità, al condominio appunto, della citata direttiva, con esclusione conseguenziale della sua natura di consumatore.

I precedenti in Italia della Cassazione

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Purtuttavia, la Corte Europea dimostra di avere consapevolezza della consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana, la quale in diverse circostanze, ha evidenziato che: "le norme a tutela dei consumatori si applicano ai contratti stipulati tra un professionista e l'amministratore di un condominio, definito come un «ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti», in considerazione del fatto che l'amministratore agisce per conto dei vari condòmini, i quali devono essere considerati come consumatori." Si tratta allora di stabilire -secondo la Corte di Giustizia della Comunità Europea- se detta consolidata giurisprudenza della Suprema Corte Italiana possa porsi in contrasto con il complesso delle norme comunitarie che disciplinano la materia e la tutela del consumatore in particolare.

La giurisprudenza della Cassazione e la normativa comunitaria

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Sul punto, argutamente, vengono formulate due osservazioni:

1) ai sensi dell'articolo 169, paragrafo 4 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, gli Stati membri possono mantenere o introdurre misure di tutela dei consumatori più rigorose, a condizione che esse siano compatibili con i trattati internazionali;

2) sottolinea la Corte Europea: "(…) secondo il considerando 12 della direttiva 93/13, quest'ultima procede solo ad un'armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali in materia di clausole abusive, lasciando agli Stati membri la possibilità di garantire, nel rispetto del trattato, un più elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni nazionali più severe di quelle contenute nella medesima direttiva (…)".
In altre parole, gli Stati membri, nel rispetto dei principi istitutivi dell'Unione, conservano la facoltà di disciplinare la materia delle clausole abusive e della tutela del consumatore in maniera autonoma, stante la parziale ed incompleta normazione comunitaria, a condizione che non determino situazioni di ipotetici conflitti con i trattati europei.
Ebbene, posto che la suprema Corte di Cassazione ha sviluppato in Italia un orientamento giurisprudenziale di maggior favore per i consumatori, nota la Corte di Giustizia che tale orientamento ben s'armonizza con i principi comunitari in materia.

Si legge, infatti, in sentenza: "un tale orientamento giurisprudenziale s'inscrive nell'obiettivo di tutela dei consumatori perseguito dalla summenzionata direttiva (v., in tal senso, sentenza del 7 agosto 2018, Banco Santander e Escobedo Cortés, C-96/16 e C-94/17, EU:C:2018:643, punto 69)."

Il condominio è consumatore

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Ne consegue che, nonostante la mancanza del requisito della natura di persona fisica in capo al condominio, alla luce dell'omogeneità delle finalità perseguite dalla legislazione comunitaria e da quella nazionale, il dettato letterale della direttiva 93/13/CEE, non osta a che la medesima, e la tutela per i consumatori in detta prevista, si possa ben applicare all'ente di gestione condominio, nelle ipotesi di contratti conclusi tra professionisti e soggetti, come il condominio appunto, che, di per sé, non sarebbero direttamente destinatari della direttiva medesima.
E' chiaro che tale conclusione ha delle importantissime implicazioni pratiche in quanto riconoscendo al condominio la qualità di "consumatore" lo si fa - di diritto - rientrare nell'ambito di applicazione del Codice del Consumo e nelle forme di maggior tutela ivi previste, sia con riguardo alla nullità delle clausole vessatorie, sia, ad esempio, in relazione all'accesso agevolato alle forme alternative di giurisdizione, tanto in termini di trasparenza e di semplicità procedurale, quanto in termini di maggior diffusione delle informazioni.


Avv. Roberto Rizzo

Foro di Cosenza

Scarica pdf Cgue sentenza n. C-329/19

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