Una "normale" decisione della corte d'appello di Roma suscita uno scomposto clamore mediatico e mal fondate esultanze per un presunto superamento della bigenitorialità e accantonamento dell'alienazione genitoriale

di Marino Maglietta - Le cronache giudiziarie trovano a volte clamorose amplificazioni sui media, di regola giustificatamente, presentando effettivi motivi di sorpresa per le aspettative del pubblico. Accade anche, tuttavia, che per motivi ideologico-politici si riescano ad utilizzare abilmente decisioni che, se correttamente descritte, non avrebbero nulla di eclatante e neppure di imprevedibile. Appartiene a quest'ultima categoria una vicenda recentemente sintetizzata su questo giornale (Alienazione parentale: il figlio resta con la mamma).

In pratica per quel provvedimento della Corte di Appello di Roma - arbitrariamente commentato come indice di un nuovo orientamento della magistratura - si potrebbero dividere le decisioni assunte in tre gruppi:

1) conferma di quelle precedenti;

2) modifiche delle medesime non innovative, in quanto all'interno di quanto già previsto dalle norme attuali, conseguenti a una diversa valutazione specifica delle priorità, ovvero ad una rilettura aggiornata del livello patologico del minore e della conseguente opzione per specifici rimedi;

3) adozione di strategie di intervento differenti, ugualmente legate alla fattispecie, ovvero alla verifica di quanto effettivamente praticabile.

Rileva in tutta l'analisi la posizione che la CA assume nei confronti della alienazione genitoriale, sulla quale si è molto speculato: gratuitamente, a parere di chi scrive, visto che non ne viene negata né la presenza, né la intrinseca rilevanza.

Vediamole separatamente:

Decisioni e valutazioni confermate

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Salta agli occhi nello scorrere il provvedimento unitamente ai commenti che ha ricevuto, come si sia voluto amplificare a dismisura la quantità e la rilevanza degli scostamenti dai provvedimenti iniziali, che viceversa vengono anzitutto in larga parte conservati. Ne fornisce elenco la CA stessa. Anzitutto si aderisce a sostanziali prescrizioni: "… la decisione di sospendere la responsabilità genitoriale di entrambi i genitori di … e di nominargli un tutore è dunque immune da censure e deve pertanto essere confermata da questa Corte. Anche il sostegno a … con una terapia psicologica di supporto deve essere confermato".

Ma soprattutto restano fermi gli inquadramenti e le censure del giudice di prime cure per quanto attiene ai profili di personalità, visto che si ribadiscono i difetti di entrambi i genitori e, soprattutto, non si risparmia alla madre l'attribuzione di un comportamento manipolatorio nei confronti del figlio nonché la responsabilità morale e materiale del suo grave disagio. Con l'unica differenza che si considera l'ipotesi che possa non avere agito di proposito. Insomma, accanto al "dolo", non escluso, si considera possibile la sola "colpa". Ma l'attribuzione di responsabilità rimane. Così come resta, di conseguenza, l'affidamento ai Servizi Sociali e come si conserva l'incarico alla medesima Tutrice, benché protestata.

Se il comportamento materno fosse stato ritenuto limpido ed esente da critiche - come si vuole sostenere - che senso avrebbero così gravi limitazioni? Infatti così non è. La scelta di mantenere la collocazione presso la madre va inserita nel quadro generale che la accompagna. Oltre alle carenze nei rapporti con il figlio viene rammentata e sottolineata l'aggressività materna, unita al forte vittimismo e alla totale diffidenza verso le istituzioni, che ha condotto la signora a ricusare e/o denunciare tutti i soggetti che hanno interagito con lei senza darle ragione. Le consulenze di ufficio sono state due, entrambe affidate a donne, entrambe prestigiose professioniste e non certo sospettabili di ostilità ideologica: conclusioni estremamente simili, ma entrambe finite nel mirino. Così i Servizi sociali, così il giudice di prime cure. E si potrebbe continuare. Si insinua l'idea di un complotto su scala nazionale. Idea che dà molto fastidio alla CA, che la evidenzia negativamente e che si astiene dal tenerne conto nelle scelte concrete solo perché non ha alternative; come è facilmente deducibile e come è illustrato oltre.

Scelte non innovative della CA

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Viceversa, le lagnanze e le accuse della signora hanno avuto un fortissimo seguito mediatico, per cui trionfalistiche manifestazioni di giubilo hanno accolto il decreto - e in particolare la decisione di non allontanare il figlio dalla casa materna - oltre tutto con una indebita generalizzazione, ovvero come se ciò fosse avvenuto in nome di un principio generale. Una reazione che si spiega bene pensando all'antefatto, ovvero che si era gridato allo scandalo perché il tribunale romano togliendo la madre a un figlio avrebbe operato di per sé una "violenza istituzionale" e una "violazione delle Convezioni internazionali".

In realtà, invece, la CA dà alla scelta tre motivazioni, nessuna delle quali giustifica la tesi della "vittoria delle donne sulla persecuzione della magistratura". Si elencano, infatti, la mancanza di "una valutazione comparativa degli effetti su … del trauma dell'allontanamento dalla casa familiare rispetto al beneficio atteso", il "difetto di gradualità della misura disposta" e "la mancanza di una preventiva verifica di fattibilità/sostenibilità dell'ordine impartito". Come si vede, dunque, sono tutte considerazioni di merito, che in nulla intaccano i principi della riforma del 2006.

Nondimeno si è voluto portare un frontale attacco ai fondamenti dell'affidamento condiviso perentoriamente affermando (D.i.Re.) che: "La bigenitorialità non può essere al di sopra del supremo interesse del bambino, perché il volere del minore va assecondato e i suoi sentimenti e le sue emozioni vanno messe al centro, perché nessun rapporto affettivo può essere costruito con la forza e la coercizione". Una frase di estrema pericolosità per come si intende usarla, per lo scopo che si vuole raggiungere. A ben guardare, infatti, la sua prima parte è una banalità, che nessuno ha mai contraddetto, mentre la seconda, ovvero la motivazione, scopre le carte e intende legittimare di per sé i rifiuti dei figli di frequentare uno dei genitori, a prescindere dalle ragioni, ossia comunque originati. Si vuole, in sostanza, negare che un figlio possa essere manipolato e la sua volontà influenzata, se non coartata. Ma la CA ha davvero detto questo?

Alla base di questo sforzo mediatico, subito amplificato politicamente, sta l'affermazione della CA che "la bigenitorialità non è un principio astratto e normativo, ma è un valore posto nell'interesse del minore, che deve essere adeguato ai tempi e al benessere del minore stesso". Conclusione che viene reclamizzata come svolta epocale della magistratura.

A questo punto, onestà intellettuale obbliga chi scrive a riconoscere una indubbia abilità ai sostenitori delle sopracitate tesi nel dotarle populisticamente di accattivanti apparenze, capaci di attrarre il consenso del lettore distratto. E' antica ed efficace strategia dialettica attribuire all'ipotetico avversario indifendibili posizioni, anche se mai occupate, per poter trionfalmente concludere a proprio favore su questioni su cui si è evitato un reale confronto. Non è dato sapere, infatti, dove i sostenitori del diritto dei figli a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e a ricevere cura, educazione e istruzione da ciascuno di essi abbiano sostenuto che ciò deve avvenire a qualunque costo, sorvolando sulla inidoneità di uno o entrambi i genitori ed ignorando qualsiasi negativa ricaduta. Tutt'altro. Chi ha ideato le norme sui citati diritti dei figli - oltre che, ovviamente, il legislatore - ha pure introdotto l'articolo attualmente numerato come 337-quater c.c., che rende inoffensivo il genitore anche solo potenzialmente pericoloso, rinunciando alla bigenitorialità. In realtà, a chi segue con attenzione il diritto di famiglia è chiaro da tempo che lo scopo sottaciuto che si vuole raggiungere è quello di evitare, sempre e comunque, la pari dignità dei genitori a favore di un modello di fatto monogenitoriale, con genitore prevalente, al quale i figli siano legati da una inscindibile e indiscutibile alleanza.

L'alienazione genitoriale nel caso in esame

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Riprendendo, dunque, la tesi della "svolta", questa nel decreto non c'è. Sostenere che la sentenza rappresenterebbe la cancellazione della "PAS", "inaccettabile e inesistente strumento utilizzato illegittimamente e di frequente nei tribunali italiani" che "non è stata presa in considerazione ed è stato assecondato il volere del bambino" è sterile esercizio dialettico, dai chiari scopi ideologici. La CA si limita a ribadire, ovviamente, il contenuto dell'art. 337 quater c.c. (che tra l'altro già considera e censura le false accuse), ma senza negare la possibilità di manipolazioni da parte dei genitori, che anzi riconosce presenti proprio nel caso in esame. Basta scorrere attentamente il provvedimento della CA per verificare che le tesi delle CTU non sono state affatto smontate, né la madre riabilitata. Vi si legge, infatti, che "emerge sopra ogni altra cosa la incapacità di entrambi i genitori, con modalità diverse tra loro ma entrambe complessivamente esiziali per l'armonioso sviluppo del bambino"… "Ciò li spinge, quanto alla xxx, a negare il diritto dell'altro genitore di fare parte della vita del figlio, come lei stessa ha in più occasioni detto di ritenere giusto rivendicando nel corso delle CTU la propria contrarietà al mantenimento di un rapporto con una figura paterna che lei sinceramente ritiene pericolosa." E ancora: "Un ulteriore esempio di tale incapacità sono le denunce nei confronti degli operatori delle cooperative del Servizio Sociale incaricati di gestire gli incontri, che entrambi i genitori hanno presentato, e quelle presentate dalla signora xxx nei confronti della dr.ssa yyy (dopo che la prima CTU era stata ricusata), del giudice relatore del TM e del [tutore]… , fatti che manifestano una difficoltà di lungo corso a comprendere che gli interventi posti in essere sono diretti a tutelare … e non a danneggiare l'uno o l'altro dei genitori.". In aggiunta, la CA richiama le valutazioni del TM ("Ha anche valorizzato nella motivazione gli esiti della CTU della dr.ssa … , richiamandone la corrispondenza con quanto già nel 2013-14 rilevato dalla prima CTU …. La palpabile resistenza verso il padre manifestata dalla madre … nel corso degli incontri, fino al rifiuto di incontrarne lo sguardo, forse anche al di là delle intenzioni della signora … è stata rilevata da tutti gli osservatori, che vi hanno correlato l'ingravescente rifiuto di … , strettamente legato alla madre da un "patto di lealtà", ad aprirsi alla relazione con il padre. Non sono infatti emersi nel corso delle CTU vissuti del minore che confermino la interpretazione in chiave di abuso delle dichiarazioni fatte dal bambino alla madre nell'agosto 2013, che per tali ragioni ha denunciato il padre di … "), evidentemente accogliendole, visto che su di esse fonda una parte cruciale del provvedimento:"… la decisione di sospendere la responsabilità genitoriale di entrambi i genitori di … e di nominargli un tutore è dunque immune da censure e deve pertanto essere confermata da questa Corte."

Qualcuno avrà forse la tentazione di obiettare che però in concreto la CA ha deciso di mantenere la convivenza madre/figlio. Ma è facile replicare considerando come si arriva a questa conclusione. Semplicemente al termine di una esplicita valutazione aggiornata del rapporto costi/benefici. Aggiornata, perché non si può sorvolare sull'evoluzione subita dal bambino nel rapportarsi con ciascuno dei genitori. E purtroppo sotto questo profilo la situazione è drasticamente peggiorata. Le immediate osservazioni della prima CTU ("il bambino aveva nel tempo accentuato le difficoltà a relazionarsi con il padre, seppure, nei primi tempi degli incontri, dopo una prima fase di difficoltà nel distacco dalla madre fosse in grado di accedere alla figura paterna e di relazionarvisi con fiducia durante il gioco… ") vengono condivise e confermate dalla CA, che rammenta ulteriormente l'evoluzione negativa dei rapporti padre-figlio ("nel periodo dicembre 2015-aprile 2016 inizialmente … " era "in grado di relazionarsi con il padre dopo essersi, con fatica, distaccato dalla madre, e come progressivamente a tale atteggiamento si" era "sostituito un atteggiamento di rifiuto verso la figura paterna. Più avanti, durante gli incontri … non si staccava mai dalla madre"). Per concludere :" Gli incontri tra padre e figlio, che seppure con difficoltà da parte di … dapprima si erano comunque tenuti, si sono quindi di fatto ridotti alla presentazione del bambino accompagnato dalla madre presso lo spazio neutro, soltanto per il tempo necessario a firmare la attestazione della presenza, per poi far ritorno a casa poiché … si rifiutava di entrare per incontrare il padre; infine, vi è stato il rifiuto di uscire per incontrare il padre tout court". E' per questo che, ripetendo il bilancio "costi/benefici", la CA rinuncia ad allontanare il genitore alienante

Strategie legate al contesto, non generalizzabili

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Del tutto ragionevole, quindi, e coerente con la situazione di fatto che la CA si trova ad affrontare nel momento della decisione, che si cambi strategia, all'interno di un bilancio che doveva necessariamente essere attualizzato. In altre parole, è vero che il diritto alla bigenitorialità non può essere fatto valere sempre e comunque: ma come il più efficace e utile dei farmaci, che pure non si somministra ai soggetti debilitati e alle donne in gravidanza.

Non diversamente, sono di merito le altre considerazioni che inducono la CA a modificare quanto disposto dal giudice di prime cure. Pur convinta che i timori della madre verso il padre non hanno alcun fondamento oggettivo, ma sono il frutto di sorta di personale grave "paranoia", la CA si trova per così dire "ricattata": il figlio è già stato rovinato a tal punto (per giunta si è aggiunta una vera e propria patologia fisica) che allontanare la madre lo espone a rischio: "Tale pericolosità non ha come detto trovato riscontri nell'analisi dei CTU che hanno esaminato la personalità dei genitori e la relazione genitoriale. Ciò non toglie che le resistenze della signora xxx siano assai forti da superare, poiché ella agisce nella soggettiva convinzione di stare operando per il bene del figlio, e per questo si espone al rischio di conseguenze personali anche gravi, come evidente da ultimo dalla sottrazione del bambino dalla frequenza scolastica, per la quale è inevitabile la segnalazione alla Procura della Repubblica per quanto di competenza.". Di qui anche la decisione di andare avanti con i piedi di piombo: "Per superare un blocco tanto radicato, che certamente esercita una importante influenza, anche in ipotesi inconsapevole, sulla psiche di..., occorre dunque comprenderne la natura e la forza e procedere necessariamente con ogni gradualità".

Ancor più legato alla fattispecie il terzo motivo di revisione, ovvero l'eseguibilità dei provvedimenti tenuto conto della (in)disponibilità dei Servizi e della inevitabile presenza della nonna paterna, non familiarizzata con il nipotino.

Conclusioni

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Mentre l'euforia del legale della signora è perfettamente comprensibile - perché il suo compito era di affrontare e sostenere quel caso e lui se ne è ben cavato - non altrettanto può dirsi per l'esultanza di quei gruppi di opinione che da tempo cercano in ogni modo di dimostrare la penalizzazione delle madri nei processi del medesimo tipo, principalmente attraverso la permanente tesi che è stata subita violenza e che non ne è stato tenuto conto. Anzi, che avendo cercato di difenderne se stesse - ma soprattutto i figli - si è dovuto subire un processo per "PAS"; che non esiste perché non figura nel vari DSM…

In sostanza, ci troviamo di fronte a un provvedimento che, lungi dallo sposare una tesi sola, accoglie parzialmente entrambi i reclami (non a caso compensa le spese per parziale soccombenza di entrambi) e si inserisce nelle precedenti decisioni modificandone solo una parte e, non a caso, proprio quella che maggiormente risente delle circostanze e del trascorrere del tempo.

Se ne conclude che non è condivisibile che si vogliano trarre conclusioni di carattere generale da una vicenda così marcatamente segnata dalla specificità e dalle strumentalizzazioni.


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