La Cassazione ha stabilito che il danno causato dal medico ospedaliero venga ripartito al 50% con la struttura, salvo eccezioni

La responsabilità della struttura ospedaliera

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La Cassazione Civile, con la sentenza dell'11 novembre 2019 n. 28987 (sotto allegata), afferma il seguente importante principio di diritto, favorevole ai medici ospedalieri: "Il risarcimento del danno causato ad un paziente in una struttura ospedaliera, anche se determinato dalla esclusiva responsabilità del medico operatore, deve essere paritariamente ripartito al 50% tra il medico e la struttura, salvo che quest'ultima non dimostri che il danno al paziente sia derivato da una condotta del sanitario improntata ad una inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile ed oggettivamente improbabile devianza dal quel programma condiviso di tutela della salute". Principio che di recente è stato confermato anche dalla Cassazione n. 8116/2022 (sotto allegata).

La Corte argomenta che la responsabilità della struttura ospedaliera per fatti commessi dai medici di cui si avvale è regolata dall'art. 1228 del codice civile, che recita "il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si avvale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro".

L'imputazione degli illeciti commessi dai suoi ausiliari trova la sua ratio nella libertà della struttura ospedaliera di decidere come provvedere all'adempimento degli obblighi di cura assunti in favore dei pazienti, secondo la struttura di responsabilità da rischio di impresa (cuius commada eius et incommoda). Insomma, afferma la Corte, "se la struttura si avvale della collaborazione dei sanitari persone fisiche (utilità), si trova del pari a dover rispondere dei pregiudizi da costoro eventualmente cagionati", trovando detta responsabilità la sua radice nel rischio connaturato alla utilizzazione di terzi nell'adempimento dell'obbligazione.

L'onere risarcitorio

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L'onere risarcitorio, spiega il Supremo Collegio, si ripartisce tra medico e struttura in misura paritaria in forza del principio generale è dettata dagli articoli 1298 e 2055 del codice civile.

La Corte specifica che l'unico modo per la struttura di esimersi del tutto o in parte dall'onere risarcitorio nella misura del 50% consiste nel dimostrare - non già soltanto la responsabilità esclusiva del medico - ma che il danno al paziente sia derivato da una condotta del medico improntata ad una "inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile ed oggettivamente improbabile devianza dal quel programma condiviso di tutela della salute", ovvero ad una condotta del sanitario "del tutto dissonante rispetto al piano dell'ordinaria prestazione dei servizi di spedalità

…straordinaria, soggettivamente imprevedibile ed oggettivamente improbabile". Trattasi, con ogni evidenza, di vera e propria "probatio diabolica", che quasi mai le strutture potranno fornire in giudizio. Gli stessi Giudici della Suprema Corte, nella sentenza qui commentata, indicano, come esempio di una condotta tale da escludere la responsabilità paritaria della struttura, il caso davvero limite di quel "sanitario che esegua senza plausibile ragione un intervento di cardiochirurgia fuori della sala operatoria dell'ospedale".

Come ribadito dalla menzionata Cassazione n. 8116/2022: "la responsabilita? della struttura che si avvalga di terzi per adempiere alla propria obbligazione di prestazione del servizio, e? autonoma da quella del medico di cui la prima si sia avvalsa, pur rispondendo entrambi solidalmente posto che art. 2055, primo comma, cod. civ. richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a piu? persone, ancorche? le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilita? di ciascuna di tali persone e anche nel caso in cui siano configurabili titoli di responsabilita? contrattuale ed extracontrattuale, atteso che l'unicita? del fatto dannoso considerata dalla norma dev'essere riferita unicamante al danneggiato e non va intesa, come - ovvero si astrae dalle norme giuridiche da essi violate (Cassazione n. 28987/2019) ... dal che deriva che, nel caso di danni da attivita? medica, anche quando la domanda risarcitoria sia stata fondata sull'erroneo operato del medico e non sui profili prettamente strutturali e organizzativi della struttura sanitaria, la transazione tra medico e danneggiato non impedisce l'esercizio dell'azione per l'accertamento della responsabilita? della struttura ospedaliera - che non ha natura di responsabilita? per fatto altrui, bensi? per fatto proprio (Cass., 11/11/2019, n. 28987, Cass., 20/10/2021, n. 29001) e, pertanto, non viene meno in conseguenza della liberazione del medico dalla propria obbligazione risarcitoria - ma comporta unicamente che, nel compiere detto accertamento, il giudice debba indagare incidentalmente sull'esistenza di un'eventuale condotta colposa del sanitario (Cass., 27/09/2021, n. 26118)."

I precedenti

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Il principio affermato dalla pronuncia in commento è innovativo, poiché nei precedenti sia di legittimità (Cassazione Civile, 5 luglio 2017 n. 16488 e Cassazione Civile, 27 settembre 2019 n. 24167) che di merito (Tribunale di Milano, I, Gattari, 31 gennaio 2015, Tribunale di Milano, I, Miccichè 20 settembre 2018, Tribunale di Milano, Flamini, 14 giugno 2018 n. 6743, Tribunale di Milano, I, Boroni, 18 giugno 2019 n. 5923) si è sempre affermato - contrariamente a quanto sancito dalla sentenza in commento - che alla struttura ospedaliera bastasse dimostrare la colpa esclusiva del medico per andare totalmente esente da responsabilità.

Mentre, con la sentenza n. 28987/2019, la Cassazione ha sancito che la struttura ospedaliera, per superare la presunzione di sua pari responsabilità con il medico, deve dimostrare:

a) la responsabilità esclusiva del sanitario ed al contempo

b) che quest'ultimo ha tenuto una condotta del tutto dissonante rispetto al piano dell'ordinaria prestazione dei servizi di spedalità, nei termini sopra descritti.

Il principio dettato dalla Suprema Corte non potrà non avere un qualche impatto sulle strutture sanitarie, sui medici ospedalieri e sulle relative coperture assicurative di entrambi.

Visto il nuovo principio dalla parte dei medici, essi - in caso di danno cagionato al paziente per violazione delle leges artis della professione - saranno tenuti, nella stragrande maggioranza dei casi, a rivalere la struttura solo nella misura del 50%, rimanendo obbligati a rivalere la struttura per l'intero in casi del tutto marginali e difficilmente riscontrabili nelle normali pratiche mediche.


Vinicio Longo

Avvocato in Milano

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