Il coordinatore infermieristico può essere considerato un preposto alla sicurezza? Aspetti giuridici e pratici
Dott. Carlo Pisaniello - Non è raro constatare nelle aziende sanitarie che il coordinatore infermieristico, "ex caposala", venga individuato come figura referente per svolgere i compiti di preposto alla sicurezza ai sensi del T.U. n. 81/2008 che, definisce la figura del preposto come: "persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa".
Secondo il parere di chi scrive però, il coordinatore infermieristico non può essere individuato come tale, poiché la norma contrattuale di riferimento e la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, nulla dicono in merito, ed anzi, individuano di volta in volta tutt'altre figure, giammai il coordinatore infermieristico.

La figura del coordinatore infermieristico

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La figura del coordinatore infermieristico prende vita piena e concreta dalla legge del 1 febbraio 2006 n. 43, intitolata "Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitativa, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali" che all'art. 6, "Istituzione della funzione di coordinamento" così lo definisce:
1. In conformità all'ordinamento degli studi dei corsi universitari, disciplinato ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, il personale laureato appartenente alle professioni sanitarie di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, è articolato come segue: lett. b), "professionisti coordinatori in possesso del master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento rilasciato dall'università ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e dell'articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270; e con esperienza almeno quinquennale nel profilo di appartenenza può concorrere ai bandi interni ed esterni all'amministrazione di appartenenza per poter svolgere incarichi di funzione ai sensi dell'art. 16, comma 4 e 5 del CCNL comparto sanità 2016/18".

Le prerogative

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La disposizione disciplina anche le prerogative, che sono le seguenti:


1. Gestione di persone e loro relazioni: Attraverso la valorizzazione delle loro attitudini, delle competenze, dell'impegno e dei risultati, il coinvolgimento dei collaboratori nella costruzione dei progetti, gestisce il sistema premiante orientato alla qualità esplicitandone i criteri, gestisce le relazioni personali e i conflitti tra il personale, mantiene i collegamenti con la rete esterna al servizio coordinato, gestisce quali/quantitativamente le risorse umane, promuove lo sviluppo professionale e di carriera, collabora con la dirigenza infermieristica per sviluppare le strategie aziendali;
2. Gestione del budget dell'U.O. Identificare tipologia e costi delle risorse strumentali e ambientali nel servizio coordinato, verifica le risorse disponibili, utilizza le risorse applicando criteri di costo/efficacia, collabora alla definizione degli obiettivi di budget con criteri di qualità coerenti con il piano strategico, collabora, unitamente al Direttore di unità operativa alla negoziazione del budget del servizio coordinato;
3. Gestione delle informazioni e delle comunicazioni: Tenta di rendere omogenei e comprensibili a tutti il linguaggio e i modelli di analisi dell'organizzazione utilizzati nel servizio coordinato, analizza e interpreta la domanda relativa al servizio coordinato, identifica e propone soluzioni ai problemi organizzativi del servizio coordinato, conduce strategie di comunicazione appropriate agli obiettivi e agli interlocutori;
4. Gestione dei processi, progetti e delle valutazioni: Gestisce i processi, i progetti e le valutazioni, organizza i processi tecnici e gestionali attraverso la diffusione delle linee guida della buona qualità, partecipa alle riunioni sui piani delle performance individuali dei componenti dell'equipe dell'unità operativa, contribuisce ad identificare gli obiettivi che siano confacenti alle specifiche della propria unità operativa.
Tra tutte le prerogative succitate e le funzioni da costui esercitate, non risulta però, nemmeno nella norma contrattuale di riferimento, che lo stesso, possa essere considerato come un preposto alla sicurezza, ovvero, avere una qualsiasi responsabilità oggettiva, ex art. 1128 c.c. in ambito appunto di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Per poter meglio collocare la figura del coordinatore infermieristico, soprattutto se rivolto all'aspetto della sicurezza del lavoro, è necessario definirne l'excursus storico-normativo che lo ha visto protagonista indiscusso nello sviluppo professionale e manageriale della figura dell'infermiere.

Coordinatore infermieristico: excursus storico-normativo

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Orbene, il coordinatore, vede le sue prime luci con il R.D. del 1925 e con il successivo regolamento attuativo del 1929, dove l'infermiere inizia a percepire una strutturazione della sua figura con un percorso formativo più articolato e completo a seguito del quale, con un ulteriore anno aggiuntivo di studi, viene qualificato ed "Abilitato alle Funzioni Direttive" (AFD), ovvero, a quelle attività di natura manageriale che prima non aveva, siamo agli albori del coordinamento e della futura dirigenza infermieristica.
Inizia così a delinearsi la figura del Caposala, sebbene, all'interno delle organizzazioni sanitarie, all'epoca prettamente di natura religiosa, tale funzione venisse svolta in via esclusiva da religiose al fine di consentire un maggiore controllo della disciplina e degli aspetti domestico alberghieri delle strutture sanitarie.
Con la riforma poi del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) degli anni '70 ed in particolare con la legge n. 833/78 la figura del Caposala vede la sua giusta collocazione all'interno della riforma stessa, ed è a costui che vengono attribuiti i compiti di controllo e di direzione del personale infermieristico ed ausiliario subordinato, il prelievo e il controllo dei farmaci e dei materiali in dotazione, il controllo e la distribuzione degli alimenti ai pazienti ricoverati e la tenuta dell'archivio.
La riforma sanitaria però, seppur con compiti di "dirigenza" lo colloca alla diretta dipendenza funzionale del primario e dei sanitari di reparto ai sensi del DPR 128/1969 "Ordinamento interno dei servizi Ospedalieri" normativa ancora attualmente vigente.
Si susseguono negli anni ulteriori sviluppi normativi sino ad arrivare ai CCNL comparto sanità, dove c'è il primo riconoscimento giuridico e contrattuale del Coordinatore con l'art. 10 del II° biennio economico 2000-2001 del CCNL 1998 -2001 comparto sanità.
Al coordinatore viene riconosciuta successivamente una specifica indennità economica per la funzione di coordinamento dell'attività dei servizi di assegnazione, delle attività e delle funzioni ad esse correlate, della gestione delle risorse umane e della relativa responsabilità del proprio operato.
Queste funzioni di Coordinamento vengono pertanto attribuite e riconosciute a livello contrattuale con un'indennità annuale fissa ed un'altra indennità progressiva e variabile in base a determinati coefficienti decentrati di valutazione della complessità del coordinamento (pari a € 1549,37 di indennità fisse e fino a ulteriori € 1549,37 di indennità variabili).
Il nuovo inquadramento contrattuale che va di pari passo a quello dell'infermiere, colloca il coordinatore all'interno della categoria D ed il successivo adeguamento al livello economico Ds che avverrà solamente con il CCNL comparto sanità 3 marzo 1999 e con i successivi contratti CCNL 2002-2005 relativamente al biennio economico 2002-2003.
Grazie all'art. 19 del CCNL biennio economico 2002-2003 del CCNL 2002-2005, viene riconosciuto il collocamento nel profilo Ds a tutti quei professionisti che esercitavano o a cui erano state riconosciute, anche con atto formale e senza il possesso della qualifica di AFD, le funzioni di coordinamento al 31 agosto 2001.
Il passaggio diretto al livello economico Ds avverrà poi successivamente con l'adeguamento contrattuale dal 1° settembre 2003, grazie al sopra citato art. 19.

L'odierno CCNL

Fino ad arrivare all'odierno CCNL comparto sanità 2016/18 che vede al Titolo II, art. 16, comma 4, 5 e 6, la nuova denominazione degli incarichi di funzione, tra i quali quello di coordinamento:
4. La funzione di coordinamento prevista dalla Legge n. 43 del 2006 è confermata e valorizzata all'interno della graduazione dell'incarico di organizzazione, anche in relazione all'evoluzione dei processi e modelli organizzativi ed all'esperienza e professionalità acquisite;
5. Per l'esercizio della sola funzione di coordinamento, è necessario il possesso dei requisiti di cui all'art. 6, comma 4 e 5 della legge n. 43/2006. Il requisito richiesto per il conferimento degli ulteriori incarichi di organizzazione è il possesso di almeno cinque anni di esperienza professionale nella categoria D. La laurea magistrale specialistica rappresenta un elemento di valorizzazione ai fini dell'affidamento degli incarichi di maggiore complessità;
6. L'incarico professionale, in attuazione del dettato di cui all'articolo 6 della Legge n. 43/06 nonché di quanto contenuto nei decreti istitutivi dei profili professionali ex terzo comma dell'art.6 del D.Lgs. n. 502/92 può essere di "professionista specialista" o di "professionista esperto". Nell'ambito delle specifiche aree di intervento delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione di ostetrica e in relazione alle istituende aree di formazione complementare post diploma, sono istituiti incarichi professionali per l'esercizio di compiti derivanti dalla specifica organizzazione delle funzioni delle predette aree prevista nell'organizzazione aziendale. Tali compiti sono aggiuntivi e/o maggiormente complessi e richiedono significative, elevate ed innovative competenze professionali rispetto a quelle del profilo posseduto.

Le funzioni del preposto alla sicurezza

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Definita quindi dal punto di vista storico-normativo, la figura del coordinatore infermieristico attuale, possiamo ora ad analizzare quali sono le funzioni del preposto alla sicurezza.
Nella pratica, i preposti alla sicurezza possono essere facilmente individuati tra "coloro i quali, esercitano di fatto e/o di diritto, il controllo diretto su i propri sottoposti".
Tra questi, certamente possono essere individuati i capi-squadra, i capi-reparto, i capi-officina e i capi-sala. Costoro possono quindi essere inquadrati nella figura del preposto poiché rientra nei loro compiti sorvegliare il lavoro dei componenti della squadra/reparto/officina/sala, in quanto gli è stato attribuito il potere gerarchico richiesto, indipendentemente dal conferimento dell'incarico formalizzato per iscritto.
A tal proposito infatti l'art. 299 del D.lgs 81/08 "esercizio di fatto di poteri direttivi" sancisce che gli obblighi di datori di lavoro, dirigenti e preposti gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri spettanti a tali figure.
Pertanto, secondo il disposto ex art. 299, T.U. n. 81/2008 potrebbero essere considerati preposti alla sicurezza, anche persone non investite di incarichi formali, come ad esempio: soci di società, lavoratori più esperti, lavoratori più anziani.
In tal senso, il legislatore ha opportunamente previsto che il preposto debba ricevere una adeguata e specifica formazione, seguita da un aggiornamento periodico, il tutto, "in relazione ai propri compiti".
Orbene, alla luce di quello che abbiamo letto, sembrerebbe quindi che, a tutti gli effetti, il coordinatore infermieristico, avendo compiti gestionali e di coordinamento all'interno della propria unità operativa o servizio, possa essere considerato a tutti gli effetti di legge, un preposto alla sicurezza dei lavoratori, di talché, in caso di infortuni occorsi ai lavoratori ed in virtù dell'incarico ad esso conferito, sebbene sia possibile anche un conferimento non scritto, potrebbe quindi essere ritenuto risposabile di mancata sorveglianza con le relative conseguenze di natura penale ed amm.va, ma è qui che nasce il primo problema, ovverosia, può un coordinatore essere condannato per inadempienze prevenzionistiche commesse da un altro professionista?

Perchè il coordinatore infermieristico non può essere preposto alla sicurezza

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Chi scrive è del tutto contrario a questa ipotesi e, soprattutto, non ritiene che il coordinatore infermieristico sia individuabile come preposto alla sicurezza interna aziendale, essendoci figure all'uopo deputate per tale compito, non da ultimo, il Direttore di U.O.C. ex Primario, che a tutti gli effetti risulta essere un preposto alla sicurezza, poiché in possesso, come prevede la normativa, anche della qualifica di dirigente che manca invece al coordinatore infermieristico.
Ma vediamo in dettaglio perché si ritiene che tale figura non possa rivestire questo ruolo.
La figura del preposto può essere definita come "portatore di una posizione di garanzia prevenzionistica" originaria, autonoma, indipendente dalla delega e da uno specifico incarico di sicurezza e di igiene sul lavoro, incarnante quindi una mera funzione essenziale del controllo.

Cosa dice il T.U. 81/2008

Il T.U. 81/2008, testo normativo racchiude in sé tutta la normativa attuale e la pregressa Legge n. 626 del 1994, che ne definisce gli obblighi:
Art. 19 - Obblighi del preposto
In riferimento alle attività indicate all'articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti;
b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall'articolo 37.
Seguono agli obblighi, le relative sanzioni in caso di mancata sorveglianza e controllo dei lavoratori a lui sottoposti.
Articolo 56 - Sanzioni per il preposto
1. Con riferimento a tutte le disposizioni del presente decreto, i preposti, nei limiti delle proprie attribuzioni e competenze, sono puniti:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 438,40 a 1.315,20 euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere a), c), e) ed f);
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 219,20 a 876,80 euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere b), d) e g).
Ciò posto, risulta quindi di difficile inquadramento la figura del preposto alla sicurezza se lo volessimo calare in ambito di aziende sanitarie, soprattutto riguardo all'aspetto di come questa figura dovrebbe essere individuata e con quali compiti specifici.

Cosa dice la giurisprudenza

A questo sopperisce la giurisprudenza, che in più occasioni nel corso degli anni si è pronunciata in merito alla figura del preposto, sebbene non abbia mai individuato nello specifico il coordinatore infermieristico.
Afferma la Suprema Corte che l'individuazione del preposto "va compiuta non tanto in relazione alla qualifica rivestita nell'ambito dell'organizzazione aziendale ed imprenditoriale quanto, soprattutto, con riferimento alle reali mansioni esercitate che importino le assunzioni di fatto delle responsabilità a quelle inerenti la qualifica e, le responsabilità del preposto non competono soltanto ai soggetti forniti di titoli professionali o di formali investiture, ma a chiunque si trovi in una posizione di supremazia, sia pure embrionale, tale da porlo in condizioni di dirigere l'attività lavorativa di altri operai soggetti ai suoi ordini; in sostanza preposto può essere chiunque, in una formazione per quanto piccola di lavoratori, esplichi le mansioni di caposquadra al di fuori della immediata direzione di altra persona a lui soprastante" (cfr. Corte di Cassazione Penale, 6 luglio 1988 n° 7999).
Da queste indicazioni, si evince chiaramente che la figura del preposto, in realtà, non necessità di una specifica individuazione, ovvero, di un titolo abilitante, ma è sufficiente che costui eserciti un potere gestionale sui lavoratori come ad esempio quello di capo squadra, di capo cantiere, di capo equipe.

Preposto sicurezza e coordinatore infermieristico

Ma in ambito sanitario e, nello specifico, in ambito di professioni sanitarie, tale figura non è per nulla sovrapponibile a quella del coordinatore, sia esso infermieristico o tecnico, perché la figura del preposto/coordinatore, in questo caso, non si rivolge, come esplicitato in sentenza, a semplici operai o manovali come può benissimo configurarsi ad esempio, in un cantiere edile o in una fabbrica per la produzione di elettrodomestici o materiale vario e che come tali non necessitano quindi di qualifiche professionali specifiche e del relativo titolo abilitante la professione, ma bensì a dei professionisti intellettuali ex art. 2229 c.c. che è doveroso ricordare hanno almeno una laurea triennale ed un titolo abilitativo rilasciato dallo stato, il quale gli consente di avere una loro area di autonomia professionale e decisionale, che non può essere certo determinata da altri professionisti, ancorché con compiti di coordinamento, come appunto il coordinatore infermieristico che, nel qual caso, ha meramente compiti organizzativi e di gestione del personale ma non di scelta della tipologia di attività assistenziali che deve svolgere il professionista infermiere abilitato.

Ad adiuvandum, stesso decreto ministeriale n. 739/94, riferibile alla figura dell'infermiere "Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere" e quindi parimenti a quella del coordinatore, all'art. 1, comma 3, sancisce che l'infermiere:
b) identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi;
c) pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico;
d) garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche;
e) agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali;
Analizzando quindi la disciplina in oggetto, è evidente che le scelte operative e tecniche del professionista infermiere sono prese in assoluta autonomia, è quindi in grado di pianificare, gestire e garantire la relativa attività e di valutarne i risultati o outcomes, giammai queste, possono essere decise invece dal coordinatore infermieristico, anche se, dobbiamo dire che la prassi ospedaliera e la scarsa conoscenza delle normative professionali portano spesso gli infermieri ad essere subalterni rispetto alle scelte assistenziali da porre in essere e spesso attendono che sia proprio il coordinatore a sostituirsi ad essi e ad indicare loro i piani di lavoro indirizzandoli verso un'attività piuttosto che un'altra, sebbene sappiamo che non hanno titolo per farlo.
Il preposto poi, svolge anche un compito definito come "dirigere", ovvero, sovraintendere in concreto all'attività dei lavoratori, "l'individuazione dei destinatari degli obblighi di prevenzione dagli infortuni sul lavoro va compiuta caso per caso, con riferimento alla organizzazione dell'impresa e alle mansioni esercitate in concreto dai singoli" (Cassazione penale, sez. IV, 21 giugno 1988, Cass. pen. 1989, 1091 (s.m.). Riv. pen. 1989, 377. Giust. pen. 1989, II,362 (s.m.)
Si può dunque affermare che "in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, il preposto condivide con il datore di lavoro, ma con sfumature diverse secondo le sue reali mansioni, oneri e responsabilità soltanto agli obblighi di sorveglianza, per cui egli non è tenuto a predisporre i mezzi antinfortunistici, essendo questo un obbligo esclusivo del datore di lavoro, ma deve invece vigilare affinché gli ordini vengano regolarmente eseguiti. L'omissione di tale vigilanza costituisce colpa se sia derivato un sinistro dal mancato uso di tali cautele".[1]

Distanza abissale

Anche su questo aspetto è evidente che la distanza tra la figura del coordinatore e quella del preposto è abissale, acclarato che il coordinatore non può adoperarsi per predisporre i mezzi antinfortunistici che sono invece un obbligo datoriale, come potrebbe mai allora essere individuato come corresponsabile, unitamente al datore di lavoro, se non ha il potere di obbligare il personale infermieristico a lui assegnato in caso di infortuni sul lavoro.
Il datore di lavoro risponde infatti ai sensi dell'art. 1228 c.c. «Responsabilità per fatto degli ausiliari»: Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro" perché il personale dipendente è responsabile solo per dolo o colpa grave, lo stesso dicasi del coordinatore,
Vieppiù che tra le due figure, il coordinatore e l'infermiere, non sussiste un rapporto di subordinazione gerarchica, infatti sono tutti e due subordinati direttamente al datore di lavoro (in cat. D) e semmai sarà il datore di lavoro che risponderà per il fatto degli ausiliari, anche se il lavoratore non ha adottato i sistemi di protezione obbligatori (Cass. 27127/2013; Cass. 4656/2011) così anche, per la responsabilità professionale sanitaria ai sensi della legge 8 marzo 2017, n. 24 c.d. "Gelli-Bianco", dove è il datore di lavoro che si surroga al dipendente in caso di richiesta di risarcimento danni da quest'ultimo cagionati in caso di colpa lieve.
Dal punto di vista penale poi, non esistendo l'istituto della surrogazione essendo la responsabilità penale personale ai sensi dell'art. 27 comma 1, Cost. la "Responsabilità penale è personale" secondo il brocardo latino "Ibi sit poena, ubi et noxa" è ancora meno probabile che il coordinatore possa rispondere direttamente per fatti commessi da altri, anche ipotizzando la responsabilità per culpa in vigilando bisognerebbe comunque dimostrare che tra il coordinatore e l'infermiere ci sia un vincolo di subordinazione gerarchica, l'etero-direzione delle attività assistenziali e la dipendenza funzionale delle scelte tecniche ed operative, cosa pressoché indimostrabile.
Inoltre il coordinatore, così come chiunque altro che non sia il Direttore di Unità Operativa o Direttore delle Professioni Sanitarie, non ha poteri disciplinari nei confronti dei professionisti infermieri, ovvero, al pari di chiunque altro, può solo segnalare eventuali condotte riprensibili che vìolino il codice disciplinare ed il codice di condotta dei dipendenti pubblici (D.P.R. n. 62/2013) ma non può direttamente agire disciplinarmente istruendo motu proprio una procedura disciplinare, poiché ciò, è demandato in modo esclusivo al Dirigente le Professioni Sanitarie e/o del Direttore di U.O. a seconda se l'organizzazione aziendale interna ha, attraverso la deliberazione di un regolamento interno demandato tale attività all'uno, ovvero, all'altra figura.
Infatti con la riforma del D.Lgs n 165/2001 "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche" si è nuovamente modificata la normativa delle procedure disciplinari, dando molto più rilievo all'ufficio provvedimenti disciplinari (UPD) rispetto al potere che i Dirigenti, prima della riforma avevano, anche per contrastare il c.d. fenomeno dei "furbetti del cartellino".
Nello specifico, con la nuova riforma e l'introduzione del D.lgs. n. 75/2017 c.d. "Legge Madia"per le sanzioni fino al richiamo verbale rimangono competenti i Dirigenti (Primari e Dirigenza delle professioni Sanitarie) mentre per le sanzioni che vanno dal richiamo scritto al licenziamento senza preavviso è l'Ufficio Provvedimenti Disciplinari (UPD) deputato alla procedura.
Va inoltre ricordato che, in realtà, l'infermiere non è un sottoposto del coordinatore in senso strettamente gerarchico, essendo tutti e due collocati nel profilo professionale categoria D, solo alcuni coordinatori posseggono il titolo di Ds e nel qual caso, il coordinatore lo fosse, non rappresenterebbe comunque una superiorità di tipo gerarchico ma solo di fascia economica, sebbene allo stesso vengano riconosciute funzioni organizzative e di coordinamento del personale a lui assegnato ma con i limiti imposti dal contratto e dalla legge.
Ancora, il preposto è il soggetto che, alle dirette dipendenze del datore di lavoro è attribuita (di fatto, o mediante specifico incarico) una funzione di controllo permanente e di sovrintendenza nello svolgimento della prestazione lavorativa. In particolare, "i preposti non esauriscono il loro obbligo con l'impartire generiche disposizioni al personale sottostante, essendo essi tenuti a vigilare sulla concreta attuazione di tali disposizioni e a predisporre i mezzi che si rendano necessari" (Cass. Pen. sez. IV, con sentenza del 25/1/1982 n. 745).
Ora, quali mezzi mai dovrebbero predisporre i coordinatori per far si che l'infermiere lavori in sicurezza?
I mezzi o meglio, i DPI (dispositivi individuali di sicurezza) vengono predisposti dai datori di lavoro, eventualmente dal responsabile della prevenzione e protezione dei lavoratori (RSPP), il coordinatore semmai, eventualmente, si accerta che questi siano presenti all'interno della propria unità operativa in modo da consentire a tutti di potersene dotare e, nel qual caso fossero assenti, provvedere all'immediato approvvigionamento, ma di fatto è un mero esecutore di ordini datoriali, nella fattispecie il datore di lavoro attraverso l'RSPP.
I preposti dunque, hanno o comunque dovrebbero avere, il compito fondamentale di verificare la concreta attuazione delle procedure interne stabilite dall'azienda e dalla legge, relative alla protezione dei lavoratori ed alla prevenzione dei rischi presenti negli ambienti di lavoro, anche prescindendo da una formale investitura da parte del datore di lavoro, essendo sufficiente che, nella posizione di preposto, ci sia un soggetto la cui attribuzione dei compiti sia connessa a delle conseguenti responsabilità come si evince dal tenore dell'art. 299, D.Lgs. n. 81/2008: "Esercizio di fatto di poteri direttivi" secondo il quale "le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e) [datore di lavoro, dirigente e preposto, n.d.r.] gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti").
Il preposto quindi, non solo di diritto, ossia quello individuato dal datore di lavoro con regolare investitura scritta, ma anche quello di fatto, sarà comunque obbligato a far rispettare ai lavoratori la normativa antinfortunistica, in quanto espressamente menzionato tra i soggetti contitolari dell'obbligazione di sicurezza dall'art. 2 comma 1 lettera d) e dall'art. 19 del D.lgs. 9 aprile 2008 n. 81.
Rispetto a questa circostanza, non crediamo che questo onere possa essere addebitabile direttamente al coordinatore infermieristico, il quale, non ha poteri giuridici in concreto perché si rivolge a professionisti intellettuali che non sono subalterni ad esso ma primus inter pares, ossia professionisti pari livello professionale e soprattutto in grado di poter pianificare ed organizzare il proprio lavoro in modo scientifico e qualificato in autonomia come prevede il relativo decreto ministeriale.
Del resto se così fosse, allora, in caso di assenza del coordinatore per ragioni varie (ferie programmate, congedi straordinari, malattia lunga, 104/92) chi verrebbe investito della stessa responsabilità e chi dovrebbe sorvegliare gli altri colleghi per verificare se questi utilizzano correttamente o meno i dispositivi di protezione?
A tal proposito la Cassazione ha statuito che, comunque, in assenza di una figura all'uopo dedicata, il datore di lavoro ha l'obbligo di individuare un'altra figura che sostituisca il preposto per tutto il periodo di ferie e/o di malattia, in modo da garantire comunque la sorveglianza degli operai al lavoro per tutto l'anno lavorativo (Cass. sez. lavoro n. 14918 del 5 giugno 2008: La sentenza impugnata è erronea in diritto sotto due profili: 1. Il comune di Sassari, quale datore di lavoro pubblico, è soggetto alle prescrizioni del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (art. 1). Esso è pertanto tenuto, a norma dell'art. 8, comma 2, del citato Decreto a designare una o più persone responsabili della sicurezza, in numero, con il tempo, i mezzi e le capacità professionali adeguate (comma 3) per coprire tutte le esigenze della sicurezza, anche durante il periodo di ferie di alcuno di essi. Non è pertanto possibile che si verifichi una esenzione da responsabilità del datore di lavoro per un infortunio sul lavoro, ne' la conseguente sottrazione all'azione di regresso dell'Istituto assicuratore, perché il giudice del merito non è riuscito ad individuare la persona specifica che in un dato momento era responsabile della sicurezza; tale impossibilità pratica è indice e si risolve in una non chiara e precisa osservanza del precetto dell'art. 8 del Decreto citato, che vuole ben individuati in ciascun momento gli organi responsabili della sicurezza. Si deve conclusivamente sul punto affermare il seguente principio di diritto: "Il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, si applica anche ai Comuni, in quanto datori di lavoro pubblici; essi sono tenuti ad individuare nella propria organizzazione uno o più responsabili della sicurezza capaci di coprire tutto l'arco lavorativo annuale, anche nel periodo di ferie, durante il quale alcuni operai siano comandati a prestare lavoro. La mancata o confusa osservanza di tale precetto non esime il Comune dalla responsabilità civile ai sensi dalla D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11, né alla conseguente azione di regresso dell'istituto assicuratore").
Ciò dimostra che nell'assetto organizzativo aziendale sanitario, essendo di per sé già assente l'aspetto dell'investitura ufficiale del coordinatore come preposto, nel caso che questi, usufruisca dei permessi o dei congedi previsti, si porrebbe il problema a chi delegare la responsabilità del controllo del personale precedentemente assegnato a quello specifico coordinatore, creando comunque un vuoto che di prassi non viene colmato mai dalle aziende, nessun altro soggetto viene delegato a fare il preposto e, ciò dimostra quindi che l'investitura di fatto del coordinatore è del tutto illegittima.
Il datore di lavoro su questo aspetto infatti è silente ed omissivo, preferisce lasciar credere ai coordinatori infermieristici che siano loro i referenti per la sicurezza ma senza che venga attribuito loro un incarico ufficiale, ma solo inserendoli nei programmi formativi obbligatori per i preposti a cui invece non dovrebbe partecipare, pena la relativa responsabilità in caso di lesioni o danni in capo ai lavoratori.
Questa modalità di investitura, va detto è a macchia di leopardo, infatti a seconda dell'azienda sanitaria presa in esame si hanno i coordinatori come preposti, ovvero altre figure all'uopo dedicate, questo perché è giusto che si sappia, non tutte le aziende sanitarie sono di questo avviso, ci sono alcune aziende che non ritengono, giustamente, il coordinatore un preposto alla sicurezza è quindi solo una forzatura che trae le proprie ragioni dalla convenienza economica delle Direzioni Generali che piuttosto che dotarsi di un servizio dedicato scaricano la responsabilità su coloro che al momento gli sembrano i soggetti più idonei solo per il fatto che gestiscono un servizio o un reparto.
Il legislatore comunque, attraverso la stesura della normativa così come su esposta, ha evidentemente voluto rendere i dirigenti e i preposti destinatari delle norme antinfortunistiche iure proprio, prescindendo da una eventuale delega scritta.
Le precise disposizioni della legislazione prevenzionistica in materia di "obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto (...) può far ritenere che per questi due ultimi soggetti sia stata prevista una investitura originaria e non derivata dei doveri di sicurezza" (Cassazione penale, Sez. IV- Sentenza n. 11351 del 31).
Secondo quindi la norma, i preposti sovraintendono all'osservanza di tutte le disposizioni di legge in materia di tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, e questo vale per tutti i settori di attività privati o pubblici, secondo quanto chiaramente affermato dall'art. 1, comma 1, del D.lgs. 9 aprile 2008 n. 81.
Questa attività di "sovraintendere" che tipizza la funzione del preposto comprende anche il potere di impartire ordini e istruzioni per il regolare svolgimento ed esecuzione del lavoro altrui, non solo, il controllo viene esercitato affinché quella tipologia di lavoro venga svolto in sicurezza, utilizzando tutti i necessari e idonei mezzi e dispositivi forniti dal datore di lavoro, quindi "il preposto ha il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione e si comportino in modo da non creare pericoli per sé e per gli altri".
Ma è evidente che questo sia possibile solo in un ambito di lavoro di tipo industriale, del settore terziario, nelle imprese edili, piccole, medie o grandi che siano, fuorché in ambito sanitario dove i ruoli sono ben chiari e definiti e soprattutto, non consentono di impartire ordini di natura tecnico-professionale a dei soggetti che di per sé sono già dei professionisti e come tali, autonomi nelle scelte e nelle modalità applicative delle stesse.
Diversamente, all'interno di un cantiere edile, il capo squadra che gestisce e coordina il lavoro degli operai e che è a costoro gerarchicamente sovraordinato, potrà certamente imporre l'uso dei dispositivi antinfortunistici, pena, la cessazione immediata delle attività e l'allontanamento dell'operaio dal cantiere, molto più difficile è farlo in ambito di multiprofessionalità e multidisciplinarietà come quella sanitaria dove i medici, gli infermieri, i tecnici e tutte le altre professioni sanitarie sono collocate tra loro al medesimo livello gerarchico, esclusi ovviamente i Direttori di unità operativa sia essa semplice, complessa o dipartimentale.
E' proprio nel concetto di preposto fin qui affermato che si crea il contrasto con la figura del coordinatore infermieristico, per altro mai considerato in ambito di elaborazione giurisprudenziale di legittimità: "il preposto è, nella impresa, colui che ...sovrintende alle attività cui siano addetti i lavoratori subordinati anche con il compito - non esclusivo, ma sussidiario, spettando quel compito, anzitutto, al datore di lavoro e ai dirigenti, tra i quali il direttore dei lavori se nominato - di pretendere dai lavoratori che si avvalgano delle misure di sicurezza fornite dall'imprenditore in conformità con le norme vigenti o, comunque, indispensabili a causa del tipo di lavorazione specifica e in relazione agli sviluppi delle nozioni tecniche".
Conformemente poi al profilo ed al ruolo gerarchico che costui dovrebbe avere in ambito aziendale che si manifesta l'ulteriore incompatibilità «in caso di mancata osservanza delle misure di sicurezza da parte di uno o più lavoratori, il capo reparto non può limitarsi a rivolgere benevoli richiami, ma deve informare senza indugio il datore di lavoro o il dirigente legittimato a infliggere richiami formali e sanzioni a carico dei dipendenti riottosi» (Cass. pen. sez. IV, 13/7/1990 n. 10272, Baiguini).
In tal senso «rispondono del reato di lesioni personali colpose gravi, commesso con la violazione di norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene del lavoro, il primario di un reparto di "rianimazione centralizzata" ed il responsabile di una ditta fornitrice per aver omesso sia di indicare sia di far adottare al personale ospedaliero misure precauzionali per l'uso di un'apparecchiatura per il monitoraggio cruento della pressione sanguigna e, dunque, per non aver impedito che una fuoriuscita di sangue dall'apparecchiatura applicata a un paziente ammalato di Aids (verificatasi al momento della rimozione del traduttore dalla cupola in occasione delle operazioni necessarie per il trasporto del paziente stesso in altro reparto) investisse in più parti del corpo una infermiera priva di quel momento di mezzi personali di protezione, provocandole un'infezione da Hiv con indebolimento permanente del sistema immunitario, dell'organo della procreazione e delle funzioni psichiche (Pretura Torino 22 marzo 1989, in Foro it. 1990, II,58).
Nel caso di specie, non venne quindi individuato come preposto il coordinatore ma bensì il Primario che, quale figura dirigenziale, è certamente qualificabile come preposto "di fatto" alla sicurezza, anche senza una reale investitura istituzionale, ma per il solo fatto di essere una figura apicale è sottoposto alla individuazione ispo facto del ruolo.
Ancora, in tema di individuazione del preposto, quando il dirigente amministrativo di una struttura sanitaria ha potere di spesa, nel caso di specie ha la responsabilità della dirigente della Struttura Complessa Acquisti e gestione beni e servizi di un'Azienda Ospedaliera ha anche degli obblighi "diretti" in virtù dell'esercizio di una funzione e dei poteri correlati.
La Cassazione, infatti, ha condannato la dirigente della Struttura Operativa Complessa - S.O.C. - Acquisti e gestione beni e servizi di un'Azienda Ospedaliera per lesioni personali gravi in danno di una lavoratrice addetta al magazzino scorte (Cass. Pen., Sez. IV, 27 settembre 2010 n. 34804).
L'imputata era accusata di avere messo a disposizione dei dipendenti, tra cui la S., un carrello adibito al trasporto privo di dispositivi di frenatura, di non avere messo a disposizione dei lavoratori il libretto relativo all'uso, alla manutenzione ed alle norme di sicurezza del pianale di carico montato sugli autocarri e di non avere assicurato la formazione e l'addestramento del personale operante presso il magazzino.
La Corte d'Appello "osservava che, in base alla legislazione nazionale e regionale, l'organizzazione delle aziende ospedaliere era strutturata in modo da prevedere una suddivisione di poteri in materia di prevenzione infortuni tale da consentire ed imporre ai dirigenti posti a capo delle singole unità operative di assolvere ai relativi obblighi non in forza di delega ma della legge stessa, così rendendo superflua ogni ulteriore attività di individuazione o delega per l'attribuzione di competenze già facenti capo a quello che sarebbe il delegato", infatti, "costei in fatto, all'epoca dell'incidente, esercitava le funzioni dirigenziali nella struttura Acquisti e gestione beni e servizi (attività già svolta dalla collega L. M.R. che aveva avuto il nuovo incarico di direttore amministrativo dell'Azienda Ospedaliera), come affermato da diversi testi, il che attribuiva sicuramente alla M. [la dirigente, n.d.r.] autonomi poteri gestionali, di decisione e spesa, nell'ambito delle risorse economiche assegnate a tale struttura dalla direzione generale dell'Azienda, nonché poneva a carico della stessa i connessi obblighi "iure proprio" di attuazione dei precetti antinfortunistici."
Ancora, la Cassazione ha condannato un dirigente del dipartimento di salute mentale di una ASL perché una dipendente dell'ospedale, nel cortile antistante i locali di alcuni dipartimenti, nel recarsi verso l'uscita inciampò su di un mattone divelto cadendo rovinosamente a terra.
Per il delitto di lesione personale colposa fu condannato il dirigente del dipartimento su richiamato per avere omesso "di comunicare tempestivamente al competente servizio tecnico lo stato di sconnessione delle piastrelle costituenti la pavimentazione del cortile interno di passaggio adiacente al luogo di lavoro, di tal che la dipendente si provocava lesioni inciampando su di una mattonella sconnessa e cadendo a terra."
A sua discolpa, l'imputato nel ricorso aveva fatto presente - tra le altre argomentazioni - che "non poteva essere considerato quale datore di lavoro della parte offesa né responsabile del rispetto delle norme antinfortunistiche perché privo di delega specifica rilasciata dal datore di lavoro [... ] e non dotato di mezzi finanziari per eliminare le condizioni di pericolo" e che "la nota con la quale era stato nominato responsabile del servizio [...] escludeva che fosse stato nominato responsabile della tutela antinfortunistica, cosa che invece era stata fatta 17 mesi dopo l'evento con apposita nota" - (Cass. IV Pen. 7.6.2010 n. 21519 (in ISL n.10/2010, Rassegna di Giurisprudenza a cura di Raffaele Guariniello, p.541-542).
Dunque, concludendo il «preposto è colui che sovraintende a determinate attività produttive o più esattamente svolge funzioni di immediata supervisione e di diretto controllo sull'esecuzione delle prestazioni lavorative. La sua specifica competenza prevenzionale è quella di controllare l'ortodossia antinfortunistica dell'esecuzione delle prestazioni lavorative, cioè di assolvere agli obblighi indicati nell'art. 4. Tra questi è compreso quello di aggiornare le misure prevenzionali in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi o al grado di evoluzione della tecnica di prevenzione e protezione, ma sempre nell'ambito delle sue limitate attribuzioni che attengono all'organizzazione delle modalità lavorative e non alla scelta dei dispositivi di sicurezza» (Cassazione Penale, sez. IV, 2.4.2007, n. 21593).
Chi ha quindi la facoltà di ordinare un qualunque tipo di lavoro, senza controllare che questo avvenga nel rispetto della normativa antinfortunistica sarà inevitabilmente chiamato a risponderne penalmente in sede di accertamento delle responsabilità penali da danno alla persona, omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime di cui agli articoli 589 e 590 del c.p..
Ma costui non potrà certamente essere il coordinatore infermieristico o tecnico che sia, non avendo le specificità e le peculiarità, infatti costui ha solo ed esclusivamente compiti di natura gestionale ed amm.va essendo per altro privo di qualsivoglia potere datoriale, disciplinare, giuridico o antinfortunistico.
Il coordinatore annovera nella sua figura molti compiti a cui indirizzare le proprie energie e le proprie capacità, ma tra questi a nostro avviso, non rientrano certo quelli di essere considerato un preposto alla sicurezza, poiché nel qual caso, avrebbe anche l'onere di subirne le dirette conseguenze penali per mancata sorveglianza.
In modo esemplificativo possiamo elencare alcune mancanze tipiche che l'infermiere commette durante la sua attività routinaria di lavoro, mancanze che, si badi bene, non possono essere certamente addebitate come culpa in vigilando al coordinatore infermieristico che ripetiamo, non ha tra i suoi compiti, quello di indirizzare l'infermiere verso una scelta assistenziale piuttosto che un'altra, essendo l'infermiere un professionista intellettuale, il quale è, ope legis, perfettamente autonomo nelle scelte tecniche e scientifiche da adottare nel proprio lavoro.
L'unico indirizzo a cui il professionista infermiere deve necessariamente dare seguito è quello derivante dalle proprie legis artis tipiche del suo profilo professionale, dalla diligenza nell'adempimento dell'obbligazione principale, ex art. 1176, comma 2, c.c. congiuntamente ai profili di prudenza e perizia e, non da ultimo, alle linee guida internazionali, ovvero, in mancanza di queste, alle buone pratiche clinico assistenziali.
Quindi, nel caso in cui l'infermiere non avesse opportunamente indossato gli occhialini protettivi o il camice piombato, avesse rincappucciato l'ago della siringa o gettato i taglienti non negli appositi contenitori, essendo lo stesso perfettamente in grado di conoscere le conseguenze dirette di tali omissioni e dei relativi rischi infortunistici a cui va incontro, avendo scelto liberamente ed in autonomia le modalità di lavoro e l'eventuale utilizzo dei dispositivi antinfortunistici, come potrebbe mai essere addebitarsi al coordinatore infermieristico la relativa responsabilità?
Sarebbe per altro pressoché impossibile la sorveglianza diretta di 40 o 50 infermieri che si alternano nelle varie turnazioni, anche notturne e che sistematicamente potrebbero adottare comportamenti simili.
Al massimo il coordinatore potrebbe limitarsi ad affiggere in luogo ben visibile a tutti le raccomandazioni aziendali in fatto di prevenzione antinfortunistica indicando dove reperire i DPI, ma nulla di più.
Certamente è invece sanzionabile il Direttore dell'U.O., i Dirigenti Sanitari e il Direttore Generale come nel caso di una denuncia penale presentata contro la ASL Napoli Centro che aveva costretto il personale infermieristico, su istanza del Direttore dell'U.O. e con la complicità della Direzione Aziendale, ad attività come strumentista e infermiere di sala nella camera operatoria di elettrofisiologia senza essere stati preventivamente sottoposti a sorveglianza sanitaria da parte del medico autorizzato e senza essere stati individuati dall'Esperto qualificato come soggetti portatori di dosimetro per i raggi X.
Nel caso di specie, seppur il coordinatore avesse, su ordine del Primario, predisposto la turnazione degli infermieri in elettrofisiologia, tale da vederli impegnati 3 volte a settimana in sedute di 8 ore sotto i raggi X, in una stanza priva dei requisiti strutturali, igienici e di sicurezza per tale attività, costui non è stato per nulla coinvolto nel procedimento penale iniziato a carico degli altri imputati, neanche marginalmente dal procedimento, a dimostrazione che la tesi che il coordinatore non sia di fatto un preposto alla sicurezza è del tutto in linea con l'ipotesi dello scrivente e degli gli arresti giurisprudenziali fino a qui esaminati.

Conclusioni

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Il coordinatore non può essere quindi considerato un preposto alla sicurezza, lo potrebbe certamente divenire, ma come chiunque altro dipendente dell'azienda sanitaria se specificatamente individuato come tale, dalla Direzione Generale, ma ciò comporterebbe per l'azienda ulteriori oneri di natura formativa, retributiva e uno specifico indennizzo per un compito non previsto dalla normativa contrattuale.
Esistono figure apposite che possono certamente svolgere il compito di preposto senza dover per forza coinvolgere indebitamente i coordinatori (molti anche a loro insaputa) che nella stragrande maggioranza dei casi non conoscono le conseguenti responsabilità derivanti dall'individuazione di fatto di tale adempimento.
Certo è che, per molte aziende sanitarie è molto più facile utilizzare figure che per il loro specifico ruolo supervisionano di fatto le attività dei singoli lavoratori piuttosto che assumere soggetti che svolgano quel tipo di attività in via esclusiva e con la relativa competenza, alla quale, ovviamente va aggiunto però il problema non marginale dei relativi costi.
D'altronde capita spesso, nella pratica di assistenza legale, vedere che in molte aziende sanitarie anche di grandi dimensioni, si includano nei turni del servizio antincendio degli infermieri, con tanto di telefono (DEC) aziendale per la pronta disponibilità, per il solo fatto di aver svolto un corso antincendio, per altro obbligatorio.
Il tutto al solo scopo di compensare carenze organiche e permettere cospicui risparmi di denaro e costi maggiori che l'azienda evidentemente non vuole sopportare.
È una inveterata forma di mala gestio e soprattutto di cattiva conoscenza dei profili professionali che porta spesso queste aziende sanitarie ad utilizzare impropriamente il personale loro dipendente, oltre che, le prassi oramai consolidate nel tempo che hanno visto spesso l'infermiere come il tutto fare della sanità, un soggetto in grado di sopportare all'infinito la de-professionalizzazione ed il demansionamento che lo affligge da almeno 30 anni.


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