Sulla scia della recente Cass. 28244/2019 un nuovo provvedimento con ancor maggiore chiarezza ribadisce i criteri di selezione dell'affidamento esclusivo pur in regime condiviso

di Marino Maglietta - E' stato recentemente commentato sulle colonne di questo quotidiano, il plateale riferimento alle norme del 1975 relative all'affidamento esclusivo nello stabilire i criteri concretamente operativi di un affidamento condiviso, esibito dall'ordinanza n. 28244/2019 della Suprema Corte (Leggi in merito Affido condiviso: la Cassazione torna indietro di mezzo secolo).

Ancora più limpida e inequivocabile - se possibile - appare la successiva scelta della Cassazione (30191/2019 sotto allegata) a favore di un modello che di bigenitoriale conserva solo il nome dell'istituto. Se, infatti, nel primo caso poteva pensarsi, al limite, ad una svista, ad una suggestione isolata ed episodica del magistrato relatore, il successivo, anche solo per la ripetitività, costringe a credere in una consapevole e deliberata volontà.

Affido condiviso e "privilegio genitore più idoneo"

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Entrando nel merito della questione, si scriveva in Cass. 28244: "in materia di affidamento dei figli minori, il giudice della separazione e del divorzio deve attenersi al criterio fondamentale (...) rappresentato dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo i danni derivati dalla disgregazione del nucleo familiare

e ad assicurare il migliore sviluppo della personalita' del minore. L'individuazione di tale genitore deve essere fatta sulla base di un giudizio prognostico circa la capacita' del padre o della madre di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione di genitore singolo, giudizio che, ancorandosi ad elementi concreti, potrà fondarsi sulle modalita' con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull'apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente che è in grado di offrire al minore … (Cass. 14840/2006)". Dove la debolezza del ragionamento stava nel fatto che ai sensi della riforma del 2006 - disinvoltamente ignorata - non c'è nessun genitore da privilegiare e che le espressioni citate in realtà risalgono, identiche, ad altra era giuridica, ovvero al tempo in cui, circa mezzo secolo fa, si andava alla ricerca del genitore più idoneo ad essere l'affidatario esclusivo; oltre tutto ispirandosi a parametri che alla sensibilità di oggi appaiono più che discutibili, essendosi riconosciuto che la scelta dello stile di vita (ovviamente al di fuori di comportamenti oggettivamente e concretamente pregiudizievoli) è diritto non censurabile di ciascun genitore e che le mutue differenze nella maggior parte dei casi sono proprio la ragione del fallimento - anch'essa non criticabile - del legame di coppia. Così come la divisione di ruoli e compiti antecedente alla rottura non può influire sull'assetto organizzativo - su basi totalmente diverse - che ne segue; o come la eventuale modestia delle risorse ("l'ambiente che si può offrire") non può essere motivo di preferenza per tenere un genitore a maggiore distanza dai figli; per ovvie ragioni che qualsiasi "coniuge debole" comprende.

Torna il genitore "prevalente" in regime condiviso

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Orbene, Cassazione 30131 ripete ancora una volta, parafrasandole, le medesime considerazioni, ma questa volta nella esplicita consapevolezza che si vuole individuare il "genitore collocatario" in regime condiviso e dando per scontato che questa ricerca di una prevalenza debba effettuarsi, e prioritariamente. Il che moltiplica la responsabilità di questa operazione. In altre parole, trasformando quella che dovrebbe essere una situazione residuale (capita, ad es., che un genitore sia maggiormente presente a causa della grande distanza delle abitazioni o altra circostanza contingente) in una sistematica necessità: "Va preliminarmente osservato che, in tema di affidamento dei figli minori, è orientamento consolidato di questa Corte che il giudizio prognostico che il giudice, nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando che, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione. (Cass. n. 18817 del 23/09/2015)."

Dove ancora il genitore collocatario non viene, pudicamente, nominato, ma emerge inequivocabilmente dal rimando a Cass, 18817/2015, che vale la pena di riprendere integralmente nel passaggio che interessa: " … essendosi il decreto impugnato attenuto, a tal fine, al criterio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'individuazione del genitore collocatario deve aver luogo sulla base di un giudizio prognostico circa la capacita' dello stesso di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dal fallimento dell'unione, giudizio da formularsi con riferimento ad elementi concreti, emergenti non solo dalle modalita' con cui ciascuno dei genitori ha svolto in passato i propri compiti, ma anche con riguardo alla rispettiva capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione, e disponibilita' ad un assiduo rapporto, nonche' alla personalita' del genitore, alle sue consuetudini di vita e all'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore".

Per giunta, nella 18817 si giustifica la ricerca del genitore collocatario con la distanza tra le abitazioni, il che ne fa un'eccezione. Nella 30191 non lo si fa. Deve esistere necessariamente un genitore prevalente, quindi la sua individuazione avviene disinvoltamente trasportandovi in automatico i criteri della selezione dell'affidatario esclusivo.

Una parità impari!

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Nel concludere, non si può trascurare un altro tratto comune, non condivisibile, delle motivazioni citate, ovvero la presenza (inevitabile?) di ossimori concettuali. Anzitutto il richiamo al principio della bigenitorialità da rispettare, addirittura, in ogni caso… salvo giustapporgli la regola - rectius, la definizione - della "stabilità", da intendersi in senso fisico, ovvero della introduzione di un genitore "prevalente". Insomma, una parità impari. Accanto a ciò, la clausola che la decisione deve essere fondata su "elementi concreti" appare niente altro che una formula di stile, volta a mettere le mani avanti rispetto ad una accusa di totale arbitrarietà della scelta. Infatti, a parte il fatto che la rapidità dell'udienza e l'impossibilità di vagliare approfonditamente le opposte tesi delle parti rende automaticamente del tutto aleatorio il giudizio, la consapevolezza della sua casualità e inaffidabilità emerge dall'aggettivo "prognostico" che lo accompagna. Dichiarare di fare affidamento sulla "concretezza di una previsione" significa confessare che si sta giocando ai dadi con la vita delle persone e che lo si sa benissimo.

Meglio, decisamente meglio, dunque, rinunciare alle scelte e ammettere entrambi i genitori alla cura dei figli con uguali doveri, responsabilità e opportunità; come legge prescrive, tra l'altro.

Leggi anche Cassazione: figlia affidata al padre se la mamma è troppo permissiva

Scarica pdf ordinanza Cassazione n. 30191/2019

Vedi anche: L'affidamento condiviso dei figli

Foto: 123rf.com
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