Per le Sezioni Unite della Cassazione la stretta del decreto sicurezza sui permessi per ragioni umanitarie non si applica alle domande ante 5 ottobre 2018. Ma non basta la sola integrazione dello straniero in Italia

di Lucia Izzo - La stretta operata dal decreto sicurezza nei confronti dei permessi di soggiorno per motivi umanitari non si applica alle domande presentate prima del 5 ottobre 2018. Tuttavia, nonostante la domanda debba essere esaminata in virtù delle regole vigenti in precedenza, una volta accolta dovrà essere rilasciato il più rigido permesso di soggiorno per casi speciali introdotto dal D.L. n. 113/2018.


Al cittadino straniero, tuttavia, non può essere riconosciuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, né il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza.

Sono le conclusioni a cui sono giunte le Sezioni Unite della Corte di Cassazione in tre sentenze gemelle (di analogo contenuto), ovvero la n. 29459 (sotto allegata), la n. 29460 e la n. 29461 del 2019. Gli Ermellini si sono pronunciati sulla disciplina di cui al D.L. n. 113 del 2018, il c.d. decreto sicurezza, di cui si è fatto promotore l'allora Ministro dell'Interno Matteo Salvini.

Permessi di soggiorno: le norme del decreto sicurezza

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Una disciplina che ha fatto discutere, in particolare quanto alla materia dei permessi di soggiorno per motivi umanitari, radicalmente modificata e innovata. Le vicende, giunte innanzi al Supremo Consesso, riguardano la situazione di alcuni richiedenti asilo che si sono visti negare il permesso dalla Commissione territoriale, per poi vederselo riconosciuto dal giudice antecedentemente all'entrata in vigore del D.L. n. 113.

Da qui l'istanza in sede di legittimità da parte del Ministero dell'Interno per ottenere la cassazione di tale decisione, imponendo ai giudici a ricorrere alle regole che scandiscono la successione delle leggi nel tempo.

La Suprema Corte ricostruisce il regime normativo applicabile in precedenza nonché successivamente al D.L. n. 113/2018 che ha espunto da ogni disposizione, legislativa o regolamentare, qualsivoglia riferimento al permesso di soggiorno per motivi umanitari, introducendo alcune ipotesi nominate di titoli di soggiorno.

Accanto a questi permessi il legislatore ha introdotto anche una nuova forma di protezione denominata speciale, come norma di chiusura che ha durata di un anno, rinnovabile, previo parere della competente Commissione territoriale e non consente la conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Decreto sicurezza irretroattivo

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Per gli Ermellini, la nuova norma, divenuta vigente, è senz'altro immediatamente applicabile, ma non retroattiva. Infatti, nonostante il diritto di asilo nasca quando il richiedente faccia ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità che mettano a repentaglio l'esercizio dei propri diritti fondamentali, è la presentazione della domanda che identifica e attrae il regime normativo della protezione per ragioni umanitarie da applicare. In base alla domanda, dunque, lo straniero esprime il suo bisogno di tutela ed è il tempo della sua presentazione a individuare il complesso delle regole applicabili.

Secondo i giudici sarebbe dunque irragionevole assegnare un diverso trattamento normativo a situazioni soggettive sostanziali già sorte e fatte valere con la domanda, per il solo fatto che qualcuna di esse, al momento di entrata in vigore della novella, per ragioni che sfuggono alle possibilità di controllo dei rispettivi titolari, sia stata già favorevolmente delibata nel corso di un procedimento il quale, si ribadisce, è chiamato a svolgere mera funzione ricognitiva.

Pertanto, la normativa introdotta con il D.L. n. 113/2018 (conv. con legge n. 113/2018) nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell'entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge.

Il nuovo permesso di soggiorno per casi speciali

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Secondo i giudici, tuttavia, una volta riconosciuta l'esistenza dei vecchi requisiti, il permesso dovrà essere quello nuovo, più breve e non convertibile.

Le domande proposte prima de 5 ottobre, dunque, saranno scrutinate sulla base delle norme esistenti prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 113, ma ciò determinerà il rilascio del permesso di soggiorno per "casi speciali" previsto dall'art. 1, comma 9, del suddetto decreto legge.


Il titolo di soggiorno dovrà dunque rispondere alle modalità previste dall'art. 1, comma 9, del D.L. n. 113/18 non soltanto nel caso in cui, alla data di entrata in vigore del D.L. n. 113, la Commissione territoriale abbia già ritenuto la sussistenza dei gravi motivi di carattere umanitario (come stabilito dall'art. 1, comma 9, del d.lgs. n. 113/18), ma anche in quello in cui l'accertamento sia comunque in itinere.

Non c'è contraddizione in questo ragionamento, sottolinea la sentenza, poiché "la permanente rilevanza della protezione umanitaria o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano discende dalla irretroattività della novella, che l'ha espunta dall'ordinamento; il concreto atteggiarsi del permesso che pur sempre risponde a quella protezione, è dettato dall'interpretazione conforme a Costituzione, che valorizza la volontà del legislatore, coerente con la natura ricognitiva dell'accertamento".

Valutazione comparativa

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Infine, gli Ermellini precisano che l'orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa tra il grado d'integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d'integrazione raggiunta nel paese di accoglienza.

Secondo la Corte, non può, peraltro, essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, né il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza. Si prenderebbe altrimenti in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, di per sé inidonea al riconoscimento della protezione umanitari.

Scarica pdf Cass., Sezioni Unite, sent. n. 29459/2019

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