Anche la declaratoria di inammissibilità della domanda dev'essere motivata per evitare che essa nasconda un rifiuto di giurisdizione

Avv. Claudio Roseto - I limiti alla richiesta di sindacato giurisdizionale sulla valutazione delle offerte tecniche non esonera il Giudice Amministrativo dall'esame della relativa domanda. Questo è il principio di diritto ribadito dalla terza sezione del Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 6058/2019 (Pres. Frattini, Est. Noccelli).

Limiti al sindacato giurisdizionale su valutazione offerte tecniche

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Come noto, il sindacato del giudice amministrativo sull'esercizio dell'attività valutativa compiuta dalla Commissione giudicatrice di gara non può sostituirsi a quello della pubblica amministrazione.
La valutazione delle offerte e la conseguente attività di attribuzione dei punteggi, da parte della Commissione giudicatrice, rientrano nell'ampia discrezionalità tecnica riconosciuta a tale organo.

Pertanto, le censure che attengono al "merito" di tale valutazione (opinabile) sono inammissibili, in quanto sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutivo, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall'art. 134 c.p.a., fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica (cfr. ex multis, Cons. Stato, n. 173/2019; n. 6572/2018).

Ne deriva che, come da consolidato indirizzo giurisprudenziale, per sconfessare il giudizio della Commissione giudicatrice non è sufficiente evidenziarne la mera non condivisibilità, dovendosi piuttosto dimostrare la palese inattendibilità e l'evidente insostenibilità del giudizio tecnico compiuto.

L'omessa motivazione e il rinvio del giudice d'appello

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Chiarito il quadro giurisprudenziale in materia, occorre evidenziare che, tuttavia, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, da parte del Giudice Amministrativo, senza nemmeno scrutinare l'essenza delle fondamentali censure tecniche, è una "formula pigra" che reca una motivazione apparente.
Una siffatta condotta cela un sostanziale rifiuto di giurisdizione e un'abdicazione alla propria doverosa potestas iudicandi da parte del giudice amministrativo.

Il Collegio adito, infatti, anche entro il limite, indiscusso, di un giudizio che in nessun modo intenda sostituirsi a quello della pubblica amministrazione e, cioè, di un sindacato giurisdizionale intrinseco, ma "debole", deve esaminare la domanda.
Pertanto, sebbene i margini di opinabilità del giudizio espresso dalla commissione di gara siano molto ristretti, il Giudice Amministrativo deve verificare la logicità, l'attendibilità e la correttezza delle scelte compiute dall'organo tecnico.
Una sentenza che non eserciti alcun sindacato giurisdizionale sull'attività valutativa da parte della Commissione giudicatrice, affermando - sic et simpliciter - che il ricorso proposto solleciterebbe un sindacato sostitutivo del giudice amministrativo, senza però in alcun modo supportare tale affermazione con una almeno sintetica disamina circa il contenuto delle censure tecniche, e trincerandosi apoditticamente dietro la natura non anomala o non manifestamente irragionevole della valutazione espressa dalla Commissione, reca una motivazione apodittica e tautologica e, in quanto tale, meritevole di annullamento con rinvio al primo giudice, ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a., per nullità della stessa in difetto assoluto di motivazione, come ha stabilito l'Adunanza plenaria in alcune fondamentali pronunce (Cons. St., A.P., 28 settembre 2018, n. 15).

Illegittima "motivazione tautologica" e pericoloso rifiuto di giurisdizione

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La semplice e laconica declaratoria di inammissibilità della domanda, senza alcun esame della stessa, si risolve in una motivazione tautologica che, in quanto tale, non è sindacabile dal giudice dell'appello.
Essa, infatti, costituisce un atto d'imperio immotivato e, dunque, non è nemmeno integrabile dal secondo giudice, se non con il riferimento alle più varie, ipotetiche congetture, del tutto inammissibili.
Un simile atto è, per definizione, una non-decisione giurisdizionale - o, se si preferisce, e all'estremo opposto, un atto di puro arbitrio - e, quindi, un atto di abdicazione al proprio potere decisorio da parte del Giudice Amministrativo.


Avv. Claudio Roseto

Specializzato in diritto amministrativo

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