"La prova del danno esistenziale da uccisione dello stretto congiunto può essere data invero anche a mezzo di presunzioni, le quali al riguardo assumono anzi precipuo rilievo. Le presunzioni, vale osservare, come affermato in giurisprudenza di legittimità e sostenuto anche in dottrina non costituiscono uno strumento probatorio di rango secondario nella gerarchia dei mezzi di prova e più debole rispetto alla prova diretta o rappresentativa. Va al riguardo sottolineato vome, alla stessa stregua di quella legale la presunzione vale invero nel caso a sostanzialmente facilitare l'assolvimento dell'onere della prova da parte di chi ne è onerato, trasferendo sulla controparte l'onere della prova contraria". E ancora: "Il danno patrimoniale da uccisione di congiunto, quale tipico danno conseguenza che si proietta nel futuro, privo (come il danno morale e il danno biologico) del carattere della patrimonialità, ben può, in ragione della natura di tale danno e nella funzione di riparazione assolta mediante la dazione di una somma di denaro nel caso non reintegratrice di una diminuzione patrimoniale bensì compensativa di un pregiuzio non economico, essere liqidato secondo il criterio equitativo ex artt. 1226 e 2056 c.c., in considerazione dell'intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare
, le abitudini di vita, l'età della vittima e dei singoli superstiti, le esigenze di questi ultimi, rimaste definitivamente compromesse". Sono due dei principi individuati dalla Corte di Cassazione nella recente Sentenza n. 13546/2006 che ha riconosciuto l'autonomia della categoria del danno esistenziale.

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