Per la Cassazione, non assumere una donna in ambito concorsuale per la sua statura fisica risulta discriminatorio, se non viene provata "la rigorosa rispondenza del limite staturale alla funzionalità e alla sicurezza del servizio

di Gianluca Fioravanti - Non assumere una donna in ambito concorsuale per la sua statura fisica risulta discriminatorio, se non viene provata "la rigorosa rispondenza del limite staturale alla funzionalità e alla sicurezza del servizio da svolgere".

La vicenda

Nel caso che qui interessa, T.A. conveniva in giudizio Trenitalia S.p.a, ai fini di far accertare e dichiarare illegittimo, l'atto di inidoneità fisica, in relazione, alla procedura di assunzione di personale con qualifica di Capo Servizio Treno, bandita dall'azienda nell'anno 2006.

Rileva la Suprema Corte, la corretta valutazione del Tribunale, con riguardo del limite alla stregua della discriminazione indiretta, in violazione dell'art.4 L. n.125/1991, modificato, dal D.lgs n.145 del 2005 art. 2, di attuazione della Direttiva 2002/73/C.E., pertinente in materia di accesso del lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e di condizione di lavoro, confluito successivamente nel D.Lgs n.198 del 2006 art. 25 (Codice delle Pari Opportunità), atteso che, non oggettivamente motivato, né tantomeno comprovato nella sua pertinenza e proporzionalità alle mansioni comportate dalla suddetta qualifica, deve ritenersi discriminatorio.

La decisione della Corte di Cassazione

Secondo la Suprema Corte (cfr. sentenza n. 3196/2019 sotto allegata), le disposizioni, i criteri o le prassi che integrino le discriminazioni indirette, in forza dell'art. 2, n. 2, secondo trattino della direttiva n. 76/207/CEE, possono evitare la qualifica di discriminazione, a condizione che siano "giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il (loro) conseguimento siano appropriati e necessari".

Sotto il profilo probatorio, il D.Lgs. n. 198 del 2006, art. 40, nel fissare un principio applicabile sia nei casi di procedimento speciale antidiscriminatorio che di azione ordinaria, promossi dal lavoratore, ovvero, dal consigliere di parità, non stabilisce tra l'altro (tanto per le discriminazioni dirette, che indirette) un'inversione dell'onere, ma solo un'attenuazione del regime probatorio ordinario, prevedendo a carico del soggetto convenuto, l'onere di fornire la prova dell'inesistenza della discriminazione.

Tuttavia, in capo al ricorrente, sussiste l'onere di fornire al giudice elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, relativi ai comportamenti discriminatori lamentati, purché idonei a fondare, in termini precisi (ovvero determinati nella loro realtà storica) e concordanti (ossia fondati su una pluralità di fatti noti convergenti nella dimostrazione del fatto ignoto), anche se non gravi, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso.

Ebbene, nel caso di specie, la Corte capitolina ha ritenuto, come già il Tribunale, che il limite staturale di 160 cm. prescritto, nella procedura di assunzione di personale con qualifica di Capo Servizio Treno, bandita dall'azienda nel 2006, costituisca appunto una discriminazione indiretta, in violazione della L. n. 125 del 1991, art. 4, come modificato dall'art. 2 d.lg. 145/2005 di attuazione della Direttiva 2002/73/CE (in materia di accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e di condizioni di lavoro) successivamente confluito nel D.Lgs. n. 198 del 2006, art. 25, siccome, non oggettivamente giustificato, né comprovato nella sua pertinenza e proporzionalità alle mansioni comportate dalla suddetta qualifica.

Nella suddetta valutazione, viene applicato il principio di diritto, secondo cui, in tema di requisiti per l'assunzione, qualora in una norma secondaria sia prevista una statura minima identica per uomini e donne, in contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3, 37 Cost.), perché presupponga erroneamente la non sussistenza della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne e comporti una discriminazione indiretta a sfavore di queste ultime, il giudice ordinario ne apprezza, incidentalmente, la legittimità ai fini della disapplicazione, valutando in concreto la funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni .

In conclusione, sulla base di un apprezzamento in concreto del non avere "l'azienda", come "avrebbe dovuto" secondo l'onere probatorio a suo carico, provato "la rigorosa rispondenza del limite staturale alla funzionalità e alla sicurezza del servizio da svolgere", a dimostrazione di una congrua giustificazione della statura minima in riferimento alle mansioni comportate dalla qualifica, sicché, la Corte territoriale ha compiuto un accertamento incensurabile in sede di legittimità, di sindacato di ragionevolezza nell'individuazione e disapplicazione della norma discriminatoria indiretta, nel caso di specie rispettato.

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Scarica pdf sentenza Cass. n. 3196/2019

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