Applicabilità dell'imposta di successione ai beni conferiti nel trust. Il trust come strumento di protezione e segregazione del patrimonio familiare
Avv. Matteo Santini - La Corte di Cassazione attraverso la sentenza n. 975/2018 ha nuovamente affrontato l'argomento dell'applicabilità dell'imposta sulle successioni e donazioni ai beni conferiti all'interno del Trust. La decisione arriva dopo varie decisioni talvolta contraddittorie delle corti di legittimità e di merito.


La costituzione del trust

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La nascita del trust avviene con la redazione e sottoscrizione dell'atto istitutivo; esso contiene alcuni elementi necessari tra cui l'oggetto ovvero il "disegno" che il disponente individua e che desidera venga attuato da un soggetto chiamato "trustee", a beneficio di determinati (o determinabili) soggetti o per il raggiungimento di un determinato fine (meritevole di tutela secondo l'ordinamento). L'atto istitutivo è ritenuto essere un atto non avente contenuto patrimoniale e non rilevante ai fini dei tributi in materia di donazioni. Viene invece ritenuto rilevante ai fini dell'imposta di registro, applicata - in misura fissa - in caso di registrazione, ovvero qualora tale atto sia formato per scrittura privata autenticata ovvero sottoposta a registrazione, o per atto pubblico (in base a quanto disposto dall'art. 11, Tariffa Parte I, allegata al DPR 131/1986, come confermato dalla Circolare 48/E/2007).

Trust e imposta di successione

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Ma istituire un trust non significa automaticamente dotare lo stesso di un patrimonio. Attraverso la sottoscrizione dell'atto istitutivo viene creato un soggetto autonomo rispetto al disponente; un soggetto dotato di un proprio codice fiscale ma non ancora titolare di alcun patrimonio. E' solo con l'atto di conferimento dei bene che il trust viene dotato di un proprio patrimonio. Ed è proprio l'atto di conferimento di tali beni a porre importanti questioni in materia di tassazione dei singoli conferimenti.

Sul punto è possibile individuare tre tesi "principali" sulle modalità e le tempistiche di applicazione dell'imposta sulle donazioni all'attribuzione dei beni nel trust, tesi che sono in qualche modo passate in rassegna o citate all'interno della motivazione della Sentenza della Corte di Cassazione 975/2018.

Le tre tesi principali

Secondo la tesi dell'Amministrazione finanziaria (Circolare 48/E/2007), la tassa donativa trova applicazione nella fase iniziale del passaggio dei beni dal disponente al trustee, in quanto si realizzerebbe in tale ipotesi ed in tale momento l'effetto traslativo dei beni conferiti "a favore del beneficiario" individuato, nei trust con beneficiari (Circolare 48/E/2007); oppure l'effetto segregativo dei beni conferiti, nei trust autodichiarati o nei cd. "trust di scopo" senza beneficiari diretti (Circolare 3/E/2008).

Seguendo tale interpretazione e considerando che il trasferimento dei beni è avvenuto sin dall'inizio a favore di soggetti determinati - l'applicazione dell'imposta sulle donazioni deve necessariamente avere riguardo al rapporto che esiste tra il disponente ed i beneficiari, considerando di conseguenza le diverse aliquote e le franchigie applicabili in base all'eventuale grado di parentela. Quindi, l'assoggettamento ad imposta al momento dell'attribuzione dei beni nel trust esaurisce l'imposizione indiretta, ove la devoluzione finale di tali beni avvenga a favore dei medesimi beneficiari individuati al momento di tale attribuzione.

Successivamente è intervenuta la Corte di Cassazione attraverso le Ordinanze 3735/2015 e 3737/2015 e la Sentenza 4482/2016 le quali, hanno fissato il principio secondo il quale l'imposta sulle donazioni è dovuta nella fase iniziale del passaggio dei beni dal disponente al trustee, in quanto in tale momento si realizza "la costituzione di un vincolo di destinazione sui beni […che] costituisce - di per sé ed anche quando non sia individuabile uno specifico beneficiario - autonomo presupposto impositivo in forza dell'art. 2, comma 47, della L. 286 del 2006, che assoggetta tali atti, in mancanza di disposizioni di segno contrario, ad un onere fiscale parametrato sui criteri di cui all'imposta sulle successioni e donazioni" (Sentenza 4482/2016).

Seguire questa tesi significherebbe in pratica introdurre un "nuovo" tributo sui vincoli di destinazione, applicabile a prescindere da qualsiasi trasferimento di ricchezza derivante dall'atto di destinazione. Il tributo donativo troverebbe quindi applicazione anche in sede di trasferimento dei beni ad un trust autodichiarato.

In tale ottica, il tributo donativo dovrebbe applicarsi soltanto nella fase di attribuzione dei beni in trust ed esaurendosi in tale fase (ove la devoluzione finale dei beni avvenga a favore dei medesimi beneficiari iniziali).

La Corte di Cassazione con la Sentenza 21614/2016 ha poi chiarito che l'imposta sulle donazioni ha come presupposto necessario il reale e concreto arricchimento dei beneficiari, motivo per il quale la semplice "segregazione" dei beni attribuiti nel trust non integra - ex se - alcun presupposto impositivo. Attraverso questa pronunzia la Suprema Corte ha aperto la strada ad un nuovo e più recente indirizzo interpretativo; indirizzo che considera rilevante ai fini della tassabilità l'effettivo arricchimento del soggetto beneficiario.

Gli effetti traslativi del trust

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La recente sentenza 975 del 2018 esprime proprio tale principio; ovvero che la dotazione del trust si qualifica come atto non immediatamente produttivo di effetti traslativi in senso proprio, bensì come atto prodromico all'attribuzione finale che giungerà allorché il trustee assegnerà i beni ai beneficiari.

Secondo la Corte, il tributo donativo si deve applicare "laddove si determini l'arricchimento con finalità liberale in capo ai beneficiari" e, quindi, solo nella fase di devoluzione del patrimonio del trust ai beneficiari (si vedano anche le Sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Milano 3946/2017 e della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli 7725/2017).

Quindi, l'imposta di donazione trova applicazione soltanto al momento del reale trasferimento dei beni dal trust ai beneficiari. Sulla questione esistono attualmente diverse proposte di legge e oltretutto la stessa giurisprudenza è in continua evoluzione. Non esiste sul punto ancora nessuna pronunzia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, sentenza che potrebbe almeno fino all'entrata in vigore di una norma specifica, mettere un punto "provvisorio" sulla questione.

Il Trust è in realtà uno strumento ancora poco conosciuto dal nostro diritto e che non appartenendo alla nostra cultura veniva visto con estremo sospetto e diffidenza sia dalla giurisprudenza che dall'amministrazione finanziaria. Sulla scorta di esperienze sovranazionali che conoscono e applicano il trust ed istituti similari ormai da tanti anni e del dibattito dottrinale nato anche in Italia sull'opportunità e sull'utilità del trust come strumento di protezione del patrimonio si assiste "gradualmente" alla presa di conoscenza circa l'esistenza e l'importanza di un "mezzo" giuridico le cui finalità e scopi non sono affatto rappresentati dal tentativo di eludere l'applicazione di norme tributarie o di altro genere ma, di costituire strumenti a tutela del patrimonio; strumenti che oltretutto, in altra forma, sono già previsti e contemplati dal nostro ordinamento.

Per contattare l'avvocato Matteo Santini del Foro di Roma inviare un'email al seguente indirizzo: studiolegalesantini@hotmail.com o collegarsi al sito Avvocatoroma.org e Avvocato-milano.org/. Seguimi anche su Instagram https://www.instagram.com/matteo_santini_matrimonialista/

Foto: 123rf.com
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