Chi è il capo dell'innovazione tecnologica, quali competenze deve avere e perché è indispensabile anche negli studi legali

di Annamaria Villafrate: il Cino o Chief innovation officer è il responsabile dell'innovazione tecnologica di aziende e, da qualche anno, anche degli studi professionali. La sua funzione, come emerge dal suo nome è "innovare", rivoluzionando l'organizzazione del lavoro attraverso l'applicazione delle tecnologie. Ora, se all'estero tale figura ha trovato largo impiego all'interno di aziende e grosse law firm, in Italia solo da qualche anno è riuscito a farsi spazio anche nelle realtà degli studi legali. C'è ancora una certa ostilità verso il nuovo, ma è proprio questa la sfida che un buon Cino deve saper affrontare e superare. Egli deve saper trasmettere con positività i vantaggi derivanti da una nuova organizzazione del lavoro incentrato sui bisogni del cliente.

Indice:

Chi è il Chief innovation officer (Cino)

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Vocabolo utilizzato per la prima volta in un libro del 1998, il Chief innovation officer è colui che modernizza l'organizzazione lavorativa di un'azienda dopo aver identificato le strategie, le possibilità di business e le tecnologie più adatte a raggiungere tali obiettivi. Egli deve saper gestire il processo di ammodernamento in modo efficace e trasparente. La sua presenza all'interno di uno studio legale, può fare la differenza, visto che in questo settore la tecnologia rappresenta ormai una componente fondamentale nello svolgimento quotidiano di tutte le attività.

Il ruolo del Chief innovation officer

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Il CINO è in sostanza il responsabile dell'innovazione. Questa figura, stante il continuo progresso tecnologico, si pone l'obiettivo ambizioso di aggiornare, migliorare e rendere più efficienti aziende e studi professionali, attraverso l'applicazione della tecnologia ai processi operativi.

Cosa fa e perché è indispensabile

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Il Chief innovation officer è una figura ormai necessaria. Ignorare il contesto in cui di sviluppo di uno studio legale è infatti errato. Così come è sbagliato considerare l'investimento in tecnologia solo un costo. L'ottica professionale focalizzata sul guadagno fine a se stesso è finita. L'economia sta cambiando, così come il modo di lavorare. L'attività finalizzata a ottenere risultati a breve termine deve essere sostituita da una visione strategica improntata sul lungo periodo, in cui la tecnologia ha un ruolo primario. In Italia c'è ancora una certa resistenza all'innovazione, anche da parte di chi, vedrebbe notevolmente alleggerite le proprie mansioni. Sono proprio queste resistenze, il principale ostacolo che un chief innovation officer deve affrontare.

Innovare infatti significa anche aiutare le persone a superare le loro paure inconsce e comprendere che, attraverso una migliore organizzazione, il lavoro può diventare più gradevole e l'ambiente decisamente meno stressante.

Il Cino negli studi legali

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Il Chief innovation officer è presente da qualche anno soprattutto negli studi legali di grandi dimensioni, anche se non mancano figure di questo tipo in realtà medio piccole.

In genere questa posizione è ricoperta da professionisti piuttosto giovani, i più preparati e aggiornati in ambito tecnologico. Il loro obiettivo, nel momento in cui vengono incaricati, è di migliorare la produttività dello studio. Finalità che può essere conseguita attraverso l'utilizzo mirato della legal tech, ovvero della tecnologia applicata nello specifico al settore legale.

Delegare alla tecnologia le azioni ripetitive è il primo intervento da attuare per risparmiare tempo, e conservare valore di quanto prodotto. L'intelligenza artificiale è un'altra opzione da considerare e sulla quale investire soprattutto nelle attività di due diligence (investigazione e approfondimento dei dati di una pratica). Progetto che in ambito internazionale ha già trovato un suo ampio spazio d' impiego.

Quali capacità deve avere un Chief innovation officer

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Chiaro che il ruolo di un Cino all'interno di una realtà legale legata alle tradizioni e ostile ai cambiamenti, come quella italiana, non è facile. Per superare queste difficoltà un buon Chief innovation officer deve possedere precise competenze e capacità. In particolare egli deve:

  • saper trasmettere il valore dell'innovazione che intende apportare nel lavoro quotidiano dello studio;
  • porsi in una posizione di leadership, collaborando nel contempo con le figure strategiche dello studio per renderle parti del processo innovativo;
  • saper proporre un nuovo modello di operatività senza giudicare quello fatto fino a quel momento,
  • organizzare l'attività ex novo, anche andando per tentativi, senza paura di commettere errori;
  • partendo dal budget iniziale a disposizione, descrivere quali migliorie è in grado di apportare con le risorse date;
  • pianificare l'acquisizione delle competenze digitali da parte del personale, incoraggiandone la rapida comprensione e applicazione richiesta dalla continua evoluzione tecnologica;
  • riuscire a gestire i dati grazie ai risultati degli Analytics;
  • focalizzare l'attenzione sul cliente in un'ottica tipica del digital marketing, studiando il percorso che lo ha portato a chiedere una consulenza, alla soddisfazione espressa per i servizi ricevuti e, alla luce di queste informazioni, individuare il target che può essere maggiormente interessato a specifiche prestazioni professionali;
  • coordinare tutto ciò che riguarda l'aspetto della sicurezza dei dati, in conseguenza dell'ammodernamento apportato.

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Foto: 123rf.com
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