Aspetti peculiari e differenze dell'appello nel procedimento ex art. 702 quater cpc rispetto al giudizio di appello nel rito ordinario

Avv. Iacopo Brotini - L'art. 702 quater c.p.c. così recita: "L'ordinanza emessa ai sensi del sesto comma dell'art. 702 ter produce gli effetti di cui all'articolo 2909 del codice civile se non è appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione. Sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene indispensabili ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile".

L'appello ex art. 702 quater c.p.c.

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La norma appena citata contiene ed esprime tutti gli elementi caratteristici e peculiari del giudizio di appello nell'ambito del procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis e ss c.p.c., i quali - anche in relazione alla struttura dell'appello nel rito ordinario - possono essere sinteticamente individuati come segue.

Ordinanza e sentenza

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In primo luogo, ma trattasi questo in realtà di un profilo non strettamente connesso con l'impugnazione, la disposizione in esame sancisce la totale parificazione (quanto a portata ed effetti) dell'ordinanza pronunciata all'esito del giudizio sommario di cognizione alla sentenza

emessa a conclusione del rito ordinario. La circostanza, infatti, che in assenza di appello, l'ordinanza ex art. 702 ter comma VI c.p.c. sia idonea a produrre i medesimi effetti di cui all'art. 2909 c.c. (ovvero della cosa giudicata) conferma l'intenzione del Legislatore di aver voluto creare, con la riforma di cui alla L. 18/06/2009, n. 69, un percorso processuale più snello, alternativo e peculiare rispetto al giudizio ordinario di cognizione (naturalmente utilizzabile nei limiti all'uopo previsti) ma che sia egualmente in grado di concludersi con un provvedimento del tutto equipollente ad una sentenza.

Da ciò ne deriva, ad esempio, che in tutti quei casi in cui il codice utilizza espressamente il termine sentenza (si pensi all'ipotesi di cui all'art. 2932 c.c. in tema di esecuzione specifica dell'obbligo a contrarre), l'interprete dovrà tenere a mente che le medesime fattispecie troveranno applicazione anche nel caso in cui, a fronte di una sentenza

, sia stata pronunciata un'ordinanza. Per intenderci (e rimanendo nell'esempio proposto): sebbene il già citato art. 2932 c.c. faccia esclusivo riferimento alla sentenza, è pacifico che se il giudizio instaurato ai sensi di suddetta norma sia stato introdotto e celebrato con le forme del procedimento sommario di cognizione e non già mediante il rito ordinario, l'ordinanza conclusiva sarà egualmente idonea a tener luogo del contratto inadempiuto.

Le peculiarità dell'appello ex art. 702 quater c.p.c.

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Ma veniamo adesso ai profili più prettamente attinenti al giudizio di appello, anche e soprattutto in una prospettiva di comparazione con l'appello "ordinario" di cui agli artt. 339 e ss c.p.c.

Tre sono, fondamentalmente, gli aspetti che connotano l'impugnazione in commento: la previsione del solo termine breve per la sua proposizione; l'inapplicabilità dell'art. 348 bis c.p.c. (ovvero il c.d. filtro in appello) nonchè la possibilità che siano ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti qualora il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione.

Il termine per proporre l'impugnazione

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Quanto al termine per proporre appello avverso l'ordinanza pronunciata all'esito del giudizio, l'art. 702 quater c.p.c. risulta estremamente chiaro nel prevedere in via espressa il solo termine breve: trenta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento.

Verosimilmente, l'esclusione dell'operatività del termine lungo semestrale di cui all'art. 327 c.p.c. va letta alla stregua della complessiva ratio del procedimento sommario di cognizione, ovvero quella di voler offrire un giudizio strutturalmente più celere e connotato da un'istruttoria sommaria (rectius, semplificata) tale da poter essere utilizzato per dirimere quelle controversie per lo più documentali e/o comunque non richiedenti l'espletamento di particolari mezzi istruttori al fine di giungere in tempi brevi alla pronuncia di un provvedimento avente efficacia esecutiva ed idoneo al giudicato.

Ciononostante, dottrina e giurisprudenza si sono - correttamente - domandate cosa accada nell'ipotesi in cui l'ordinanza non venga nè comunicata nè notificata. In tal caso, l'unica soluzione plausibile, anche in ossequio ai principi di ordine generale, non potrà che essere il ricorso al termine lungo di sei mesi dalla sua pubblicazione (in merito, tra le altre, Cass., Civ. Sez., I, 19/09/2013, n. 21477).

L'assenza del c.d. "filtro in appello"

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Altra peculiarità dell'appello introdotto ai sensi dell'art. 702 quater c.p.c. è poi, come accennato, la non applicazione del disposto di cui all'art. 348 bis comma I c.p.c., in forza del quale: "Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta".

Assai noto è il dibattito che tale norma (introdotta con D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in L. 11 agosto 2012, n. 143) ha suscitato nei commentatori, soprattutto con riferimento ai criteri e alle modalità che il giudice investito dell'appello dovrebbe, prima facie, seguire al fine di decretare la non ragionevole probabilità di accoglimento dell'impugnazione. Ai nostri fini è tuttavia sufficiente ricordare che questa sorta di "filtro" non opera (ex art. 348 bis comma II c.p.c.) laddove l'appello venga proposto avverso un'ordinanza emessa a conclusione di un giudizio sommario di cognizione.

Si tratta, a ben vedere, di un incentivo che il Legislatore ha previsto al fine di incoraggiare le parti a promuovere l'azione secondo il rito sommario anzichè secondo quello ordinario; in quest'ultima ipotesi si rischia infatti che il gravame venga dichiarato immediatamente inammissibile.

Ammissibilità di nuovi mezzi di prova e documenti

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Infine, nel giudizio di appello, è espressamente prevista l'ammissione di nuovi mezzi di prova e di nuovi documenti quando il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione. Si tratta, quella appena citata, di una differenza estremamente rilevante rispetto a quanto accade nel giudizio di appello nel rito ordinario, laddove, ai sensi e per gli effetti dell'art. 345 u.c. c.p.c. (così come modificato con L. 143/2012) ciò risulta possibile esclusivamente nell'ipotesi in cui la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile (fattispecie, tra l'altro, che rimane impregiudicata anche nel testo dell'art. 702 quater c.p.c. in esame).

Non può revocarsi in dubbio che anche - e soprattutto - quest'ultimo aspetto rappresenti un forte incentivo per la parte che intenda azionare un proprio diritto ad introdurre un giudizio ex artt. 702 bis e ss c.p.c. invece un procedimento ordinario di cognizione.

Ovviamente ferme rimangono le contestazioni e le deduzioni che, nei singoli casi, le parti potranno sollevare circa il carattere indispensabile o meno, ai fini della decisione del gravame, del mezzo o del documento nuovo.

La citazione in appello

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Infine, lo si tiene a ricordare per completezza espositiva, benchè il procedimento sommario di cognizione preveda lo strumento del ricorso quale atto introduttivo del giudizio, l'appello dovrà - analogamente a quanto previsto nel rito ordinario - essere proposto mediante atto di citazione, con la conseguenza che entro il termine per impugnare l'ordinanza dovrà essere effettuata la notificazione alla parte appellata (sul punto, ex multis, Cass., Civ. Sez., VI, 18/08/2016, n. 17192).


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