Il destino del contratto di lavoro nel caso di fallimento del datore di lavoro e la possibilità per il dipendente di dimettersi o trovare una nuova occupazione
Quali strade si aprono davanti al lavoratore nell'ipotesi in cui l'impresa, presso la quale svolge attività lavorativa, fallisce? Più precisamente, occorre capire quale sia il destino del contratto di lavoro nel caso di fallimento del datore di lavoro.
L'art. 72 della legge fallimentare stabilisce che il contratto di lavoro, in caso di fallimento del datore, rimane sospeso.

Fallimento impresa, contratto di lavoro sospeso

Come già anticipato in caso di fallimento il contratto di lavoro rimane sospeso.

Ciò significa che:

- Il curatore fallimentare, cioè il soggetto che subentra al datore di lavoro dovrà decidere se i contratti di lavoro in corso devono procedere o cessare attivando la procedura di licenziamento.
- Fino a quando il curatore del fallimento non decide quale sarà la sorte dei contratti di lavoro, questi, come stabilisce la legge, resteranno sospesi. Il lavoratore in questa situazione non sarà tenuto a svolgere attività lavorativa ed il curatore, dal canto suo, non sarà tenuto a retribuire il lavoratore, né a pagargli e versargli i contributi previdenziali e assistenziali.

Fallimento datore: il lavoratore può dimettersi? Può trovare un nuovo lavoro?

Nel caso in cui al lavoratore di un'impresa dichiarata fallita venga offerta una nuova opportunità lavorativa, lo stesso può:

- chiedere al Giudice del fallimento che assegni un termine - non superiore a 60 giorni - al curatore, entro i quali il curatore deve decidere se mantenere in vita il contratto, oppure scioglierlo licenziandolo. Si noti bene: se il curatore, entro il suddetto termine, non comunica la sorte del contratto questo si intenderà cessato;

- oppure, può, senza indugio, dimettersi ed in questo modo liberarsi all'istante dal rapporto di lavoro con il datore fallito.


Attenzione!!! Nel caso in cui il lavoratore decidesse di dimettersi immediatamente senza attendere i 60 giorni entro i quali il curatore deve pronunciarsi, pur egli liberandosi da ogni vincolo contrattuale con il datore fallito, dall'altro lato il curatore potrebbe chiedergli l'indennità di mancato preavviso perché il fallimento non è considerato una giusta causa di dimissioni e, se ne avesse bisogno, il lavoratore non avrebbe nemmeno diritto alla Naspi, cioè all'indennità di disoccupazione che non spetta nei casi di dimissioni senza una giusta causa.
Le dimissioni del lavoratore, in caso di fallimento del datore di lavoro, sono prive di giusta causa.
In conclusione al lavoratore non è impedito di intraprendere una nuova avventura lavorativa, ma potrebbe vedersi chiedere dal curatore del fallimento l'indennità di mancato preavviso perché il fallimento non costituisce una giusta causa per presentare le dimissioni.

Avv. Luisa Camboni - Studio Legale Avv.Luisa Camboni
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