Osservazioni e contrasti dopo pochi anni dalla emanazione del Codice di giustizia contabile

Dott. Carlo Casini - Tutto nacque dalla delega contenuta nella Legge del 7 agosto 2015, n. 124, all' articolo 20.

La delega, il Codice

Così dalla Legge Madia, sulla falsa riga di quanto successo in precedenza ad un altro giudice speciale, il Giudice amministrativo, si iniziarono i lavori per delineare il primo Codice di giustizia contabile.

L'intensità della delega, unita con l'ambizioso intento di armonizzare la disciplina del processo contabile hanno portato all'insediarsi di una Commissione tecnica (a costo zero) composta da esperti del settore di disparate professionalità, presso il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Proprio l'apporto simultaneo di giudici contabili, avvocati del libero Foro, professori e membri dell'Avvocatura dello Stato hanno portato alla realizzazione di un codice connotato da un ampio grado di tecnicismo.

Inoltre, sempre sulla base di quanto svolto per il codice amministrativo, il lavoro è stato sottoposto oltre che alle competenti commissioni parlamentari, al parere delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti (per il Codice amministrativo era successo la medesima cosa con il massimo organo di giustizia amministrativa:il Consiglio di Stato), che hanno fatto pervenire tutti i punti critici, nonchè le proposte per riformarli.

La commissione tecnica data l'ampiezza e la genericità della delega ha dovuto compiere alcune scelte di valore per armonizzare con le altre giurisdizioni quella contabile, si è sentita poi anche l'esigenza di ridurre il rinvio esterno alle disposizioni del Codice di procedura civile.

Non perdendo di vista la ratio primaria, cioè la tutela dell'erario e una giustizia effettiva e concreta quando serve recuperare le somme distratte dall'erario, ci sono stati anche adeguati correttivi al diritto di difesa dei soggetti citati a giudizio, che adesso sono pienamente garantiti ma non solo, ci sono state grandi aperture anche alla "collaborazione" con la procura contabile al fine di accertare la responsabilità.

L'opera riesce nel difficile compito di convogliare tutti i procedimenti contenziosi (anche ad istanza di parte) in un unico corpus.

Discussioni e contrasti interpretativi tra Sezioni Riunite della Corte dei Conti e Commissione

Un primo punto di contrasto emerso con il lavoro di revisione delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti era circa l'obbligo di motivazione diametrale che vige per atti del P.M. e provvedimenti decisori del giudice. La Corte, condividendo il garantismo per la necessità di motivazione degli atti istruttori del P.M., a pena di nullità, si mostra invece perplessa per gli atti decisori del giudice contabile, non ritenendo sempre necessaria la motivazione giungendo a considerare quest'ultima un aggravio inutile non connesso con il diritto di difesa della parte in taluni casi.

Le modifiche auspicate sul punto dalle Sezioni Riunite però non sono state accolte nel Codice, pertanto il criterio di doppia valenza della motivazione permane (e perfortuna).

Il Codice dedica attenzione non solo alla fase istruttoria in generale, ma in particolare a quella fase pre-processuale (ante citazione), con il venire meno di quell'aspetto "inquisitorio" che caratterizzava la previgente disciplina.

Viene inoltre fissata la decorrenza della prescrizione con la previsione di un solo momento interruttivo della stessa.

Un punto che ha destato una vivace discussione è quello concerne l'archiviazione e la mancanza di un visto del giudice contabile (come potevamo essere indotti a pensare ragionando sulla falsa riga delle indagini preliminari nel campo penale), poichè le regole introdotte dal Codice vogliono che ci sia il solo visto del Procuratore Regionale (con conseguente facoltà di avocazione in caso di dissenso, non condiviso dall'archiviante), la questione già in periodo pre - codice aveva destato l'attenzione anche del Giudice delle Leggi.

L'onere motivazionale a cui soggiace il decreto di archiviazione, non più notificato ma bensì "comunicato" (terminologia che appare sicuramente riduttiva) non sembra a parere dell'assetto dottrinale maggioritario riequilibrare la situazione.

Inoltre sempre in materia di archiviazione, ha avuto risonanza anche la disposizione concerne all'archiviazione per mancanza del requisito soggettivo della colpa grave ogni qual volta l'azione amministrativa si sia conformata ad un parere reso dalla stessa Corte dei Conti in sede consultiva, nei casi e modi previsti dalla legge.

Venendo invece alla fase processuale, si nota con una certa sorpresa la mancanza di una sezione dedicata all'istruttoria, rubricata nel Codice solo con riferimento all'assunzione dei mezzi di prova ed all'ammissione degli stessi.

Altro punto di perplessità è concerne i poteri del giudice, poichè alcuni già previgenti al Codice e di stampo piuttosto inquisitorio sono stati riconfermati dal Codice, (infatti ricordiamo come possa disporre d'ufficio la consulenza tecnica, l'ordine di produzione documentale e l'assunzione in modo tale da diventare direttamente acquisibili nel processo), mentre rimane esclusa la possibilità di chiamare terzi in corso di causa per il giudice contabile.

Il dibattito più acceso e vivo però ha atteso la disposizione di cui all'art. 130 del Codice di giustizia contabile, situata nel Titolo V, dedicato ai riti speciali, il c.d. "rito abbreviato".

Il procedimento enuncia le sue due ratio nel primo comma dell'art. 130 (deflazione della giurisdizione di responsabilità e garanzia di incameramento certo ed immediato di somme destinate all'erario) e sottopone tanto per la fase in primo grado che in appello il previo e concorde parere del Pubblico Ministero.

L'istituto rischia di minare le basi da cui muove la giurisdizione contabile e pertanto le stesse ratio ostentate al primo comma perchè, in sostanza, si permette la riduzione secca (del 50% o 70% a seconda dei casi), della pretesa erariale azionata con atto di citazione della Procura.

Dietro questo "patteggiamento contabile" si celano le insidie maggiori, perchè si rischia di contribuire al processo di decostruzione del sistema di responsabilità amministrativa contabile piuttosto che alla costruzione dello stesso, premesso che lo scopo del giudizio di responsabilità amministrativa è l'accertamento di quest'ultima.

Sulla base di quanto sino ad ora esposto, pur prendendo atto che il Codice di giustizia contabile razionalizza e armonizza una materia che per molti anni è stata lacunosa e frammentaria, costretta a rinviare ad altre giurisdizioni (penale e civile) al fine di completarsi, mentre adesso i rinvii sono solo meramente residuali (come accade anche per la giurisdizione amministrativa) grazie al buon equilibrio di principi trovato nel Codice.

D'altro canto non si possono non rilevare le perplessità sopra esposte circa i più macroscopici punti dolenti sino ad ora indagati, che possono comunque essere risolti con interventi correttivi in itinere, al fine di assicurare il "giusto processo contabile" anche sulla base dei principi europei.

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