L'Ordinamento giuridico non ammette l'uso difensivo della discrezionalità amministrativa in materia di rinnovo licenza
Avv. Francesco Pandolfi - Siamo in materia di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia.

Bene: se la Questura decide di avviare il procedimento di rigetto della domanda, ad esempio perché è stata presentata una denuncia a carico della persona interessata (reato di minaccia semplice, con querela poi rimessa davanti il Giudice di Pace), ritenendo che questa denuncia sul piano amministrativo abbia elementi sufficienti a far ritenere non più affidabile quella persona e finisca, in ultimo, per rigettare la richiesta, ebbene questa scelta discrezionale potrà essere contestata se l'amministrazione non avrà valutato in concreto l'episodio oggetto di querela, limitandosi a dire che per il solo fatto che esiste una querela per l'ipotesi di minaccia ci deve essere una ripercussione immediata sull'affidabilità.

Per dirla in altri termini: deve andare a fondo veramente e capire se l'episodio è sintomo o no di inaffidabilità.

La Legge ripone questo ampio potere nelle mani della Questura?

Esiste un controllo, da parte di altri Organi, sull'applicazione della discrezionalità amministrativa, per verificare se e quando l'utilizzo del potere debordi verso l'arbitrio?

Cerchiamo di rispondere a queste domande, approfittando della sentenza n. 744 dell'8.10.2018 del Tar Bologna: una bella pronuncia, dove il Ministero dell'Interno è la parte soccombente che paga anche le spese di lite.

Indice:

Affidabilità nell'uso di armi: carenza di istruttoria amministrativa

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Nel caso sopra descritto, la Questura non può rigettare la richiesta ritenendo che la denuncia sul versante amministrativo porti con se elementi sufficienti per ritenere che l'interessato non sia più affidabile e, anzi, appaia incline all'abuso delle armi.

In pratica: se il giudizio di inaffidabilità proviene solo dalla querela la cui veridicità non è stata accertata, allora quel giudizio non è sostenibile.

Nel caso della sentenza 744, ad esempio, la querela si inserisce in un contesto di liti condominiali di elevato tenore conflittuale, dove ogni pretesto è buono per esasperare qualsiasi situazione.

Il concetto chiave è dunque il seguente: deve esserci una valutazione reale sulla personalità dell'interessato, non un semplice richiamo ad una querela.

Affidabilità nell'uso di armi confermata per decenni

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Una valutazione così complessa e delicata è chiaro che non può essere circoscritta alla "querela". Altri elementi concorrono alla formazione dell'immagine tipo della persona affidabile in fatto di armi come, ad esempio, la sua incensuratezza, l'assenza di carichi pendenti, il possesso della licenza di caccia da decenni senza alcuna soluzione di continuità.


Affidabilità nell'uso di armi: circostanze sopravvenute

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Il rinnovo dell'autorizzazione di polizia in materia di armi è certamente legato ad una valutazione di perdurante affidabilità, rispetto a quella apprezzata in passato in occasione dell'esito positivo della precedente richiesta.

Se questo giudizio deve cambiare, il cambiamento può derivare solo da circostanze sopravvenute rispetto all'ultimo provvedimento, oppure rispetto a fatti specifici anche antecedenti ma di cui non si era avuta notizia all'epoca.

In linea di massima è vero che la Questura può sviluppare una sua autonoma valutazione amministrativa della singola vicenda, al di là delle componenti penali, per cui anche la remissione di una querela non elimina quella valutazione.

Ma il giudizio che se ne ricava deve essere ancorato ad una reale valutazione dell'episodio oggetto di querela, proprio per verificare se esso abbia o meno un'influenza sull'affidabilità del richiedente il rinnovo del porto d'armi ad uso caccia.


Affidabilità nell'uso di armi: la potenziale aggressività

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Nel caso giudiziario preso ad esempio, la Questura commette due errori.

Il primo errore: ritiene che la querela sia sintomatica di circostanze dove si è manifestata una palese aggressività del soggetto. Vero, ma solo in teoria: la realtà invece dice che non c'è stato alcun accertamento processuale dei fatti raccontati in querela, tanto è vero che vi è stata la remissione e, dunque, l'attività processuale ad un certo punto si è fermata.

Il secondo errore: addirittura si spinge a teorizzare, in punto di diritto, che se il giudice avesse ritenuto che il ricorrente non aveva commesso alcuna minaccia, avrebbe dovuto trasmettere in Procura gli atti nei confronti del querelante per calunnia. Falso, in quanto la remissione della querela non consente alcun accertamento del fatto e, quindi, rende inconfigurabile la calunnia, che presuppone la falsità della denuncia del querelante per colpire il ricorrente pur sapendolo innocente.


Affidabilità nell'uso di armi: in pratica

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Il caso commentato è utile per una generalità di situazioni analoghe.

Nell'esempio, la persona interessata è un anziano signore titolare dell'autorizzazione da moltissimi anni, che non ha mai causato problemi a nessuno, ne ha mai dato adito ad un rilievo penale o di polizia.

Più in generale: il giudizio di inaffidabilità assegnato in quel modo è sbagliato, per cui in questi casi è corretto ricorrere al Tar. Magari anche segnalando la favorevole sentenza n. 744/18.


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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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