Una decisione del Tribunale di Macerata del 6 giugno 2018, Giud. Domenico Potetti, offre una panoramica significativa
di Paolo M. Storani - In materia di sostanze stupefacenti ecco un'altra interessante pronuncia del Dott. Domenico Potetti, appartenente alla Sezione GIP-GUP del Tribunale di Macerata; vengono esaminate dall'insigne giurista le condotte di coltivazione e di detenzione.

Un ricco apparato di riferimenti giurisprudenziali correda l'inedita sentenza che risale al 6 giugno 2018; i neretti sono nostri.

Buona lettura!

La massima di LIA Law In Action

La questione della responsabilità penale
In conclusione

La massima di LIA Law In Action

TRIBUNALE DI MACERATA, Sezione GIP/GUP, 6 giugno 2018, giudice Domenico Potetti, imp. X.

La detenzione della sostanza stupefacente derivante dalla condotta di coltivazione, anche se finalizzata all'uso personale, non assorbe la precedente condotta di coltivazione, che rimane astrattamente punibile. Tuttavia, il giudice è tenuto ad accertare se tale condotta di coltivazione sia dotata di offensività in concreto, dovendo altrimenti assolvere l'imputato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

La questione della responsabilità penale

1) Il fatto in sintesi.

A seguito dell'espletamento di un normale servizio preventivo finalizzato alla repressione dei reati predatori, il giorno 12.4.2016 alle ore 18.40 circa, la PG decideva di effettuare una sosta in prossimità della chiesa di …, per controllare eventuali transiti di autovetture e soggetti di interesse operativo.

Nell'occorso, sostando sotto l'abitazione di quella Via …, si (avvertiva) un forte odore acre, simile a quello di essiccazione di marijuana.

Si accertava che vi era un'abitazione al secondo piano, con due finestre aperte, da dove verosimilmente fuoriusciva il forte odore.

Si decideva di suonare più volte al relativo citofono, senza ottenere alcuna risposta.

Si decideva di attendere il rientro del proprietario della casa, e di procedere a perquisizione d'iniziativa.

Alle ore 19.00 circa si notava sopraggiungere una moto HONDA condotta da un uomo, il quale parcheggiava detta moto nel piazzale posteriore dell'abitazione.

Qui veniva fermato dai due operanti che lo identificavano in ….

Successivamente, entrati nell'appartamento del …, lo stesso spontaneamente dichiarava di avere delle piante di marijuana in coltivazione e altra marijuana ad essiccare.

Lo stesso conduceva gli operanti in una stanza ove vi era un mobile realizzato appositamente.

All'interno vi erano due piante di marijuana con relativo vaso, un termostato, una lampada ed un ventilatore per mantenere la giusta umidità.

Nella sala da pranzo vi era una scatola con delle foglie di marijuana già raccolta, e nella pertinenza esclusiva chiusa a chiave della soffitta vi erano dei fiori ad essiccare.

La sostanza stupefacente è stata sottoposta ad esame tecnico ("Narcotest disposakit") e dava colorazione positiva per la marijuana.

Più approfonditamente, a proposito delle due piante sequestrate, è stato accertato mediante CT che trattasi di due piante di canapa da cui sono stati separati grammi 85,8= di foglie e infiorescenze con una percentuale media di principio attivo (THC) del 15%, equivalente a 12,87= grammi di THC puro.

2) Soluzione della questione di responsabilità.

2.1 Come sopra si è visto, il fatto storico posto alla base dell'imputazione è caduto sotto la diretta constatazione della polizia giudiziaria, e del resto non viene affatto negato dall'imputato.

Ciò posto, non può essere condivisa la tesi di fondo secondo la quale nel caso di specie si porrebbe la nota problematica della "scorta" di sostanza stupefacente detenuta per esclusivo uso personale.

Infatti, come si è visto, non di mera detenzione si tratta nel presente caso, ma di coltivazione di sostanza stupefacente.

È pur vero che la coltivazione trova il suo esito naturale nella detenzione del prodotto della coltivazione, ma ciò non autorizza a confondere la coltivazione con la detenzione, poiché la prima assorbe la seconda.

In questo senso, come già rilevato dalle Sezioni unite della Cassazione (n. 28605-08), non è esatto dire che la detenzione per uso personale dello stupefacente "autoprodotto" renda non punibile la condotta di coltivazione, rimanendo il precedente illecito penale "assorbito" dal successivo illecito amministrativo.

Al contrario, tale assorbimento non si verifica affatto.

A rimanere "assorbito" è l'illecito amministrativo, dato che la disponibilità del prodotto della coltivazione non rappresenta altro che l'ultima fase della coltivazione stessa, ossia la "raccolta" del coltivato (o può essere, comunque, considerata un post factum non punibile, in quanto ordinario sviluppo della condotta penalmente rilevante).

Secondo la giurisprudenza costituzionale, in questa prospettiva, la disparità di trattamento non sussiste: il detentore a fini di consumo personale dello stupefacente "raccolto" e il coltivatore "in atto" rispondono entrambi penalmente (v. C. cost., n. 109-16).

2.2 Una volta stabilito che nel presente caso si deve correttamente inquadrare il fatto nella condotta di coltivazione, rimane esclusa la possibilità di assolvere l'imputato sulla base della finalità della detenzione, invocandone la destinazione ad uso personale.

Infatti, la destinazione ad uso personale comporta che la detenzione della sostanza stupefacente venga qualificata come illecito amministrativo ai sensi dell'art. 75 del d.p.r. n. 309 del 1990.

Ma l'art. 75 cit. non comprende fra le condotte rilevanti solo dal punto di vista amministrativo quella della coltivazione.

Quest'ultima (la coltivazione) può però essere esentata da responsabilità penale essenzialmente sulla base del principio di offensività, e cioè dimostrando che la condotta di coltivazione sia sostanzialmente inoffensiva rispetto ai beni protetti dalla norma incriminatrice.

Sappiamo infatti che per Sez. Un., n. 28605/2008 spetta al giudice verificare in concreto l'offensività della condotta di coltivazione, e cioè (si disse allora) l'idoneità della sostanza ricavata a produrre effetto drogante rilevabile (conf. Cass., n. 40819/2008, che richiamava adesivamente la nota C. cost., n. 360/1995).

2.3 Ma a proposito di offensività, secondo un orientamento della Cassazione, che pare a questo giudicante essere più rispettoso sia della ratio dell'incriminazione (volta ad evitare che, tramite la coltivazione, si creino ex novo sostanze stupefacenti estendendone l'offerta e la diffusione presso terzi), sia del principio secondo il quale non costituisce reato la detenzione di stupefacente destinato all'autoconsumo, la punibilità per la coltivazione non autorizzata di piante da cui sono estraibili sostanze stupefacenti va esclusa allorché il giudice ne accerti l'inoffensività in concreto, dovendosi però per tale ritenersi la condotta che sia così trascurabile da rendere sostanzialmente irrilevante l'aumento di disponibilità di droga e non prospettabile alcun pericolo di ulteriore diffusione di essa (v. Cass., n. 33835/2014, n. 43986/2015; conf. Sez. VI, n. 5254/2015, dep. nel 2016, la quale aggiunge che l'ambito di tale riconoscibile inoffensività è, ragionevolmente, quello del conclamato uso esclusivamente personale e della minima entità della coltivazione tale da escludere la possibile diffusione della sostanza producibile e/o l'ampliamento della coltivazione (conf. anche Cass., n. 36037/2017; similmente v. Cass., Sez. 4, n. 25674/2011, RV 250721).

Si è altresì precisato che ai fini della necessaria verifica in concreto della offensività della contestata condotta di coltivazione, non è sufficiente considerare il solo dato quantitativo di principio attivo ricavabile dalle singole piante, in relazione al loro grado di maturazione, dovendosi esaminare anche quale sia l'estensione della coltivazione e il livello di strutturazione di tale coltivazione al fine di verificare se da essa possa o meno derivare una produzione di sostanza stupefacente esulante rispetto all'autoconsumo e potenzialmente idonea ad incrementare il mercato (v. anche Cass., n. 23082/2013).

Nell'ambito dello stesso indirizzo si è ritenuto (v. Cass., n. 40030/2016), in una fattispecie di coltivazione di un'unica pianta di canapa indiana, curata in vaso e posizionata su un terrazzo di abitazione collocata in contesto urbano, che si deve obiettivamente escludere che da detta coltivazione possa derivare quell'aumento nella disponibilità della sostanza stupefacente e quel pericolo di ulteriore diffusione che sono i requisiti costitutivi della offensività e punibilità della condotta di coltivazione.

In conclusione

2.4 In conclusione, poiché nel caso di specie si tratta di un minimo numero di piantine, e non vi è elemento che autorizzi ad affermare che si sia trattato di condotta finalizzata allo spaccio, si deve concludere nel senso che la condotta posta in essere dall'imputato non ha rilevanza penale per mancanza di offensività.

Escluso il reato di coltivazione, rimane però il post factum della detenzione di sostanza stupefacente che, in quanto tale, è compresa nell'illecito amministrativo previsto dall'art. 75 del DPR n. 309 del 1990.

f.to Dott. Domenico Potetti

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