Il divieto regolamentare dell'attività di pensione o locanda non si estende a quella diversa di affittacamere che non prevede, infatti la fornitura del vitto

Avv. Paolo Accoti - L'attività di affittacamere presuppone, oltre alla concessione in uso di un locale ammobiliato provvisto delle necessarie forniture di energia elettrica, acqua e quant'altro, anche la prestazione di ulteriori servizi quali la pulizia dei locali e la fornitura della biancheria. In mancanza di tali servizi aggiuntivi non si può parlare di attività di affittacamere bensì di locazione di alloggi.

Tanto è vero che il criterio distintivo tra la locazione e l'esercizio dell'attività di affittacamere - che si differenzia da quella alberghiera per le modeste dimensioni -, risiede nella fornitura di prestazioni di servizi personali quali, appunto, il riassetto dei locali e la sostituzione della biancheria, che per l'esercizio di affittacamere risultano elementi accessori imprescindibili.

Ciò posto, qualora il regolamento condominiale di origine contrattuale vieti l'attività di pensione o locanda, siffatto divieto non può estendersi per analogia anche alla diversa attività di affittacamere, in considerazione del fatto che la pensione o locanda presuppone anche la fornitura di un vitto, esclusa invece negli affittacamere.

Queste le motivazioni della sentenza n. 1947 del Tribunale di Milano, pubblicata in data 22 febbraio 2018.

La vicenda giudiziaria

Sulla scorta della circostanza per cui una condomina proprietaria di un appartamento all'interno dello stabile in condominio, con contratto di locazione ad uso abitativo affittava detto locale ad una società con facoltà di sublocazione, opzione effettivamente esercitata dalla conduttrice che con contratti di sublocazione ha utilizzato l'appartamento per svolgervi attività di affittacamere

, il condominio evocava in giudizio sia la condomina che la società locatrice, eccependo la violazione dell'art. 6 del regolamento condominiale che vietava l'esercizio di attività di pensione o locanda. Chiedeva, pertanto, l'immediata cessazione di tale utilizzo dell'immobile.

Si difendeva in giudizio la società convenuta deducendo di avere semplicemente stipulato dei contratti di sublocazione parziale con oggetto singole stanze dell'appartamento condotto in locazione.

Il Tribunale di Milano, rigetta le domande proposte dal condominio e lo condanna al pagamento delle spese processuali.

Le motivazioni della sentenza

La Corte premette come il condomino è tenuto al rispetto del regolamento condominiale e risponde, eventualmente, delle violazioni dello stesso. A tal proposito ricorda come la giurisprudenza di legittimità <<cfr Cass. 11859/2011 ... ha più volte affermato, in tema di condominio degli edifici e nell'ipotesi di violazione del divieto contenuto nel regolamento contrattuale di destinare i singoli locali di proprietà esclusiva dell'edificio condominiale a determinati usi, il condominio può richiedere la cessazione della destinazione abusiva sia al conduttore che al proprietario locatore. Peraltro, solo nell'ipotesi di richiesta nei confronti del conduttore, si verifica una situazione di litisconsorzio necessario con il proprietario. Tale situazione non si verifica invece nell'ipotesi in cui convenuto in giudizio sia soltanto il proprietario del locale e non anche il conduttore dello stesso..."; Cass. 11383/2006: "In tema di condominio di edifici, il condomino che abbia locato la propria unità abitativa ad un terzo risponde nei confronti degli altri condomini delle ripetute violazioni al regolamento condominiale consumate dal proprio conduttore qualora non dimostri di avere adottato, in relazione alle circostanze, le misure idonee, alla stregua del criterio generale di diligenza posto dall'art.1176 cod. civ., a far cessare gli abusi, ponendo in essere iniziative che possono arrivare fino alla richiesta di anticipata cessazione del rapporto di locazione"; Cass. 8239/1997 " Il condomino siccome principale destinatario delle norme regolamentari si pone nei confronti della collettività condominiale non solo come responsabile delle dirette violazioni di quelle norme da parte sua ma anche come responsabile delle violazioni delle stesse norme da parte del conduttore del suo bene, essendo tenuto non solo ad imporre contrattualmente al conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dal regolamento ma altresì a prevenirne le violazioni e a sanzionarle anche mediante la cessazione del rapporto>>.

Nel caso concreto rileva come <<L'art. 6 del regolamento condominiale prevede quanto segue: "Gli alloggi sono destinati all'uso del condomino, dei suoi famigliari, del personale di servizio da esso dipendente e degli inquilini nei limiti in cui è ammessa la locazione. E' fatto divieto al condomino di tenere locande o pensioni. Non è altresì consentito nei singoli alloggi, solai e boxes ad essi pertinenti l'esercizio di industrie e di altre attività imprenditoriali, di laboratorio, di officine, né il deposito di merci o materiali vari da esitarsi all'ingrosso o al minuto ... .>>.

Continua il Tribunale evidenziando come dall'istruttoria sarebbe emerso che la condomina ha stipulato con la società per azioni, anch'essa convenuta, un contratto di locazione ad uso abitativo - della durata di 4 anni rinnovabili - di un appartamento sito all'interno del condominio attore.

Che detta società poi, previa ristrutturazione dell'appartamento e divisione dello stesso in 6 stanze, oltre spazi comuni quali cucina e due bagni, ha concesso in sublocazione parziale le singole stanze con arredi e accessori ivi compreso l'utilizzo dei servizi comuni.

Tali circostanze, infatti, sono state confermate da testimoni i quali, al contrario, hanno negato la fornitura di servizi ulteriori, come la pulizia della stanza o il cambio della biancheria, alle quali provvedevano i singoli conduttori. Gli stessi, infine, davano atto dell'esistenza di una regolamentazione dei turni interni di pulizia delle parti comuni dell'appartamento.

A tal proposito Il Tribunale meneghino ricorda il costante orientamento della Corte di Cassazione a mente del quale <<L'attività di affittacamere, pur differenziandosi da quella alberghiera per le sue modeste dimensioni, richiede non solo la cessione del godimento di locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno. In difetto della prestazione di detti servizi, pertanto, quella cessione non può essere ricondotta nell'ambito dell'attività di affittacamere, né quindi sottratta alla disciplina della locazione ad uso abitativo (Cass. 22665/2010; Cass. 5632/1993; Cass. 17167/2002; Cass. 755/1991 ; cfr. anche Tar Toscana sezione III 1826/2000: Il criterio distintivo tra la locazione di alloggi e l'esercizio dell'industria di affittacamere è costituito dal fatto che, mentre il secondo rapporto è accompagnato dalla prestazione di servizi personali (che del rapporto stesso sono accessorio e complemento imprescindibile), nella locazione, invece, la persona del locatore rimane del tutto estranea alla vita dell'ospitato ed ogni relazione tra i contraenti si esaurisce nella conclusione del negozio giuridico, senza che vi sia posto per rapporti di fatto, riconducibili alla nozione di ospitalità.>>.

In virtù di ciò conclude affermando che <<deve ritenersi illegittima l'intimazione a cessare immediatamente l'attività ricettiva abusiva, qualora risulti accertato in via di fatto il mancato svolgimento di quelle obbligazioni o servizi che caratterizzano l'attività di affittacamere e che possono dar vita a un tale tipo di contratto.>>.

Tanto è vero che <<Tali prestazioni accessorie - riassetto e pulizia della stanza, fornitura e lavaggio della biancheria del letto e del bagno - che caratterizzano l'attività di affittacamere, differenziandola dalla locazione, non sono state prestate dalla società (...) S.p.A. Viceversa la fornitura della somministrazioni di gas, luce, riscaldamento e quella del servizio wifi non sono peculiari dell'attività di affittacamere, essendo invece proprie della locazione, trattandosi di prestazioni funzionali al godimento dell'immobile.>>.

In disparte quanto appena affermato, osserva ad ogni modo che <<l'attività di affittacamere non è vietata dal regolamento condominiale, posto che il divieto regolamentare si riferisce all'attività di pensione o locande, attività diverse da quella di affittacamere, comportando anche la fornitura di un vitto, pacificamente esclusa nel caso in esame. L'estensione, operata dal condominio, del divieto contenuto nel regolamento condominiale contrattuale all'attività di affittacamere ne comporta un'interpretazione estensiva, non consentita in quanto la norma regolamentare comporta una limitazione alle facoltà inerenti la proprietà esclusiva (Cass. 16832/2009: "Invero le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio di natura contrattuale, devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco in modo da non lasciare alcun margine d'incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni (Cass. n. 23 del 07/01/2004). Trattandosi di materia che attiene alla compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze e non possono quindi dar luogo ad un'interpretazione estensiva delle relative norme (Cass. Sez. 2, n. 9564 do 01/10/1997)" cfr. in senso conforme Cass. 24707/2014).>>.

Concludendo, così come accennato in premessa, Il Tribunale respinge le domande proposte dal condominio, con tutte le conseguenze di legge.

Tribunale di Milano, 22.02.2018, n. 1947
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