L'Autrice indaga gli aspetti più profondi del processo di crescita degli adolescenti mettendo in risalto le loro esigenze e i compiti che gli adulti sono chiamati ad assolvere
L'adolescenza è anche frutto della cultura ma manca una cultura (adeguata) dell'adolescenza.

Le parole dello scrittore Aldo Nove si addicono allo stadio e allo stato dell'adolescenza: "Nella vita di tutti sono tanti gli scossoni che svuotano da dentro le persone, catapultandole in nuove realtà, anche se non molti li avvertono, e li allontanano con un'alzata di spalle. Ma arrivano, sono la vita. Sono parte di quegli scossoni a segnare, nel tempo, il passaggio dal mondo magico dei bambini a quello più rigido degli adulti. La magia non svanisce, solo resta acciaccata dalle paure, dalle perdite, dai dolori, e talvolta si spezza, per tanti si spezza l'incantesimo dei giorni e delle attese, e la meraviglia. Altri scossoni agiscono al contrario". Nella Charte du Bureau International Catholique de l'Enfance (Parigi, giugno 2007) si legge: "Quando i diritti del bambino o dell'adolescente sono negati da condizioni dell'esistenza inique, quando i suoi punti di riferimento sono compromessi, è possibile aiutarlo a ritrovare la fiducia nella vita e la stima di sé. Il bambino possiede in lui delle importanti risorse". I genitori e in generale gli adulti non devono procurare né evitare scossoni (frustrazioni) ai figli, ma abituarli agli scossoni trasformando le loro naturali risorse in speciali competenze di ogni sorta: affettive, emozionali, relazionali, sociali.

Lo psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni afferma: "Gli adolescenti vorrebbero fare a meno degli adulti per dimostrare a sé stessi che possono cavarsela da soli in ogni situazione. Temono che gli altri si sostituiscano a loro nelle difficoltà. In realtà, possono incontrare adulti che li sanno aiutare ascoltandoli e proponendo ai ragazzi una visione delle cose più ampia e meno coinvolta. Che consenta di ritrovare risorse anche quando sono nel mezzo della sofferenza, senza fuggirla". Ancora leggendo nella Charte du Bureau International Catholique de l'Enfance: "Il bambino possiede in lui delle importanti risorse. Esse si rivelano se egli può dialogare, essere ascoltato con affetto e rispetto, essere difeso". Risorsa comincia col prefisso "ri-", che in altre parole diventa "re"-, come in "relazione". La prima relazione umana e educativa che è una risorsa è la genitorialità, che trova risorse in sé e dà risorse (o così dovrebbe essere) come avviene attraverso il cordone ombelicale.

Lo psicologo Fantoni spiega: "Talvolta pensiamo alla potenza delle emozioni degli adolescenti solo in positivo, come grandi ideali o grandi innamoramenti. Esse possono travolgere la mente e il corpo insieme, sviando la razionalità ed esprimendosi nel gesto fisico. Riconosciamo la forza enorme di certi amori adolescenziali, ciechi e sordi a tutto, ma dobbiamo tenere presente che anche l'odio, in certi casi, può raggiungere gli stessi livelli di potenza. Questo non significa che tutti gli adolescenti possano giungere a compiere gesti irreparabili. Ma che tutti sono chiamati a capire meglio i propri stati d'animo, per sviluppare un migliore controllo di sé, che per alcuni ragazzi risulta essere più difficile che per altri. Occorre allora un'azione educativa particolarmente attenta, che parta dall'esercizio del proprio autocontrollo prima di tutto, e da un accompagnamento paziente dei figli in difficoltà". Occorre educare alle passioni mediante la pazienza e la compassione, le migliori manifestazioni della passione.

Fra le passioni, nell'età adolescenziale, primeggia quella sessuale su cui interviene lo psicoterapeuta dell'età evolutiva Alberto Pellai: "Molti temono che parlare di sessualità quando i tempi non sono ancora maturi significhi "spaventare" i bambini con argomenti per i quali non sono ancora pronti o stimolare i loro pensieri e fantasie, anticipando troppo certi temi. Parlando con molti adulti ho provato a verificare quanti tra loro avessero fatto domande sulla sessualità ai loro genitori quando erano bambini o ragazzi e ho scoperto che la quasi totalità, pur avendo dubbi, curiosità, bisogni - soprattutto durante l'adolescenza - non ha mai chiesto nulla agli adulti di riferimento. Per cui concludo che la strategia di chi "aspetta che siano i figli a fare le domande" viene smentita dall'esperienza. I nostri figli non riescono a farci domande - quando ne sentono il bisogno - proprio perché avvertono in noi adulti un senso di fatica e titubanza che gli comunica che educarli su questi temi ci spaventa e genera imbarazzo e turbamento. E così noi e loro rimaniamo congelati, bloccati, incapaci di capire cosa dire e quando è il momento per dirlo. La sessualità nasce e cresce con noi. I genitori devono saperla integrare in modo naturale e competente nel loro progetto educativo, comunicando con i figli sui molti aspetti a essa associati e sui molti messaggi, spesso pornografici, eccitanti, disorientanti e confusivi". Educarsi e educare che la sessualità non è un dato anatomico o soddisfazione di desiderio, ma identità, personalità, relazionalità, benessere, "[…] sviluppare la medicina preventiva, l'educazione dei genitori e l'informazione ed i servizi in materia di pianificazione familiare" (art. 24 par. 2 lettera f Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia).

F. Fantoni aggiunge: "Non sappiamo parlare della difficoltà di fare i conti con la paura. Anche noi adulti forse la temiamo e la evitiamo. Come se fosse un segnale d'allarme che suona ma non viene ascoltato, perché si pensa che non dia luogo a conseguenze irreparabili. […] Si compie una scelta, si esce dalla vita ordinaria e si entra nel territorio del proibito e dell'illegale, da soli o con un amico, a condividere la negazione di tutte le paure che possono riguardare la vita di un adolescente. Un atto magico le cui conseguenze gravissime, in quel momento grandioso, non vengono valutate. Dimenticando che le magie non esistono. Dobbiamo aiutare i ragazzi ad avere paura. A riconoscerla quando si oltrepassa il limite, a sentirla dentro di sé e a pensarla, capendo che non va evitata o superata d'un balzo, ma va accettata come un'opportunità, un'utile consigliera di vita che evita di dover pagare prezzi inutilmente alti: una bocciatura senza motivo, il dolore per la fine di una storia d'amore, una frattura alle ossa. E che talvolta li protegge dalla morte, l'unico limite invalicabile. Dobbiamo aiutarli ad avere non sprezzo della paura, ma coraggio autentico e forza vera. Rinunciando alle immagini idealizzate e fasulle dell'uomo forte e dominante in ogni situazione. Ricercando, noi adulti per primi, la forza della volontà e il coraggio della determinazione". "Egli [il bambino] ha diritto alla spensieratezza" (dalla Charte du Bureau International Catholique de l'Enfance). Il bambino, per conoscere e godere della spensieratezza, ha anche bisogno di essere educato al contrario, tra cui la paura (che non significa procurargliela). In tal modo il bambino può apprendere gli atteggiamenti adeguati a ogni situazione (maturando anche la cosiddetta resilienza che è proprio la capacità di far fronte alle situazioni avverse) e comprendere gli altri (sino all'empatia) senza incorrere nei crescenti disturbi della personalità, tra cui quello borderline, o altri disturbi e gravi patologie.

Il magistrato Cosimo Maria Ferri (nella veste di sottosegretario di Stato al Ministero alla Giustizia), nel febbraio 2016, ha commentato così la nascita del movimento giovanile "Mabasta" (primo movimento studentesco contro il bullismo e cyberbullismo, nato ufficialmente a Lecce il 7 febbraio 2016, anche grazie al contributo del prof. Daniele Manni): «Questo movimento spontaneo, che nasce dai ragazzi salentini, è uno dei tanti simboli di quell'Italia che non vuole piegarsi ai soprusi e alle violenze dei bulli. I recenti casi di cronaca che hanno coinvolto alcuni adolescenti, vittime di bullismo e cyberbullismo, hanno reso evidente che questi fenomeni vanno contrastati anche attraverso politiche preventive di natura educativa. È proprio la scuola, come nel caso di Lecce, uno dei luoghi chiamati ad assolvere a questa funzione. Mi auguro che l'iniziativa "MaBasta!" possa raccogliere l'adesione del maggior numero di giovani in tutta Italia: il bullismo, insieme, non dovrà fare più paura a nessuno». Gli adulti, anche in vesti istituzionali, non devono intervenire solo nei casi di bisogno o per segnalare quello che non va nei giovani di oggi, ma anche per promuovere e valorizzare quello che fanno per se stessi e per il bene comune di cui gli adulti stessi si dimenticano.

A proposito dei ragazzi che "sbagliano" o "hanno sbagliato" con conseguenze penali: "Mandare questi ragazzi in carcere è sbagliato - don Antonio Mazzi, in qualità di formatore -. Nessuno, pedagogicamente parlando, metterebbe i peggiori con i peggiori perché troverebbero "colleghi" con medaglie d'oro e che, rispetto a loro, sarebbero eroi nazionali di spavalderie. Urge creare realtà semplici, rasserenanti, non carcerarie, dentro le quali questi adolescenti scatenati possano trovare educatori veri, motivati, capaci di riordinare i grandi talenti che questi ragazzi possiedono, ma che nessuno è riuscito a valorizzare. […] se mancano persone adulte preparate e desiderose di spendere la loro vita per avventure educative rischiose, anche se avare di gratificazioni, saremo eternamente qui a raccontarci le scemate scriteriate dei nostri figli". Necessita "[…] adottare misure, ogni qualvolta risulti possibile ed auspicabile, per trattare i casi di tali fanciulli senza far ricorso a procedimenti giudiziari, a condizione che il diritto umano e le garanzie legali siano pienamente rispettati" (art. 40 par. 3 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia).

Si deve contrastare l'attuale cultura della morte educando alla morte (S. Francesco d'Assisi parlava di "sorella morte"), come parte della vita né da temere né da sfidare. "Non aver mai vegliato un cadavere è una metafora di come la società del narcisismo abbia relegato nella rimozione educativa e culturale la malattia e la morte, rendendo osceno e inaccessibile il discorso sulla morte e sulle fantasie suicidali"[1]. "Morire" è etimologicamente "consumare, distruggere", e l'adolescenza è una sorte di morte, perché finisce quello che si è stati per diventare altro, è la prova di resilienza della vita, il bambino cade per rialzarsi verso l'età adulta (resilienza deriva dal verbo latino "resilire", rimbalzare, saltare indietro). Una delle tante storie di resilienza nella e dell'adolescenza è quella del campione di football americano Michael J. Oher[2], salvato dallo sport e da chi ha creduto in lui, ricordando che lo sport (anche e soprattutto quello non agonistico) è un aiuto alla crescita e al benessere psicofisico e una scuola di vita.

"La farfalla, che prende il volo come un foulard di seta alzato dal vento, ha ancora addosso l'odore della larva da cui proviene. Trascurare questa ibridazione, amputarla precocemente è un passaggio pericoloso, non solo sul piano fisico" (il bioeticista Paolo Marino Cattorini): una descrizione che si può adattare all'adolescente. I genitori e gli adulti in genere non devono considerare l'adolescenza né una malattia né una passeggiata, non devono dimenticare la loro adolescenza ma non devono nemmeno prenderla come termine di paragone. Ogni adolescente è unico e l'adolescenza è unica e imprescindibile.

"Ho paura dell'indifferenza e dell'ignoranza; ho paura per gli adolescenti che crescono con le orecchie piene di suoni, gli occhi pieni di immagini e che non sentono quasi mai le parole utopia, ideale, sogno" (cit.). Gli adolescenti (dal participio presente del verbo latino "adolescere", crescere) non hanno bisogno solo delle parole utopia, ideale, sogno, ma di ascolto, attenzione, in una sola parola di amore. Hanno bisogno dei sedicenti adulti (participio passato di "adolescere"). Non si deve banalizzare dicendo che i giovani hanno il futuro; il futuro è come l'orizzonte, si allontana man mano che ci si avvicina. Bisogna dare ai giovani il presente, anzi costruire tutti insieme il presente.


[1] Dal libro "Uccidersi. Il tentativo di suicidio in adolescenza" di G. Pietropolli Charmet e A. Plotti, Raffaello Cortina Editore 2009

[2] Storia narrata in un libro da cui è stato tratto il film "The blind side" (letteralmente "Il lato cieco") con Sandra Bullock (2009)


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