Quali effetti in caso di interruzione delle trattative e quali in caso di rottura del preliminare
Avv. Giuliana Degl'Innocenti - Analizzando la normativa riguardante il contratto preliminare alla luce della recente giurisprudenza [1] si osserva che il risarcimento del danno ascrivibile al promittente venditore per il mancato perfezionamento del contratto definitivo di una compravendita immobiliare, viene stabilito nella misura uguale alla differenza fra il valore commerciale del bene stesso, al tempo in cui l'inadempimento è diventato definitivo, e il prezzo concordato.

Il contratto preliminare

Molto spesso in occasione della stipula di un contratto immobiliare parte acquirente e parte venditrice decidono di impegnarsi attraverso appunto un negozio preliminare a riprodurre il consenso alla compravendita espresso in quella sede al momento dell'atto definitivo. Ora è bene chiarire che il predetto negozio risulta avere effetti obbligatori, nel senso che vincola acquirente e venditore a perfezionare, successivamente, il contratto di compravendita; nella ipotesi, infatti, che uno dei soggetti non osservi detto obbligo, la parte che subisce la lesione può avanzare una richiesta di risarcimento dei danni o decidere di avviare un'azione tesa ad ottenere un provvedimento che produca gli stessi effetti del contratto stipulato. Oltre a tale ipotesi, è sovente in uso tra le parti anche la possibilità di siglare un accordo prima del preliminare, attraverso una mera scrittura privata nella quale le stesse si impegnano a firmare un successivo preliminare di vendita.

Sul punto è utile annotare come la Cassazione a Sezioni Unite, [2] abbia appunto riconosciuto valore giuridico a detta tipologia di accordo preventivo, e come esso risulti produttivo di effetti, avendo la stessa precisato che la violazione di questo "impegno" costituisce fonte di responsabilità contrattuale da inadempimento di un'obbligazione specifica nata nel corso della formazione del contratto.

La fase precontrattuale

Analizzando quindi i passaggi preparatori alla stipula vera e propria si osserva come i negozi relativi agli acquisti immobiliari si perfezionino al termine di un procedimento contraddistinto da una fase precontrattuale durante la quale l'acquirente e il venditore, effettuano diversi atti appunto prodromici alla conclusione del contratto. Nella specie essi rappresentano azioni propedeutiche al perfezionamento del contratto definitivo di compravendita, dove ognuna è caratterizzata da effetti giuridici specifici.
Risulta raro, infatti, che l'acquisto di bene immobile si definisca in modo istantaneo attraverso l'intesa delle parti e la contestuale stipula dell'atto di trasferimento: nella pratica le compravendite di questo genere vengono poste in essere per la gran parte tramite mediatori o agenti i quali hanno il compito di promuovere la vendita e la conclusione dell'affare, tuttavia anche senza l'opera intermediatrice, si registrano generalmente tre determinate fasi:
- le trattative precontrattuali;
- la sottoscrizione del contratto preliminare;
- la stipulazione del contratto definitivo.

Forma e contenuto

Da osservare poi che per quanto riguarda la forma e il contenuto di detti atti prodromici le parti sono libere: alcuni sono rappresentati da meri fatti, come le telefonate, gli incontri, le visite e i sopralluoghi, altri invece si sostanziano in atti come nel caso delle lettere di intenti. Comunque queste manifestazioni di volontà possono considerarsi espressioni di interesse, senza alcuna implicazione vincolante.

Allo scopo di scongiurare ogni possibile equivoco tra accordi precontrattuali e contratto preliminare è in ogni caso utile che nella fase antecedente alla sottoscrizione del contratto siano rese in modo trasparente tutte le informazioni e stabiliti i termini delle trattative stesse; risulta pertanto fondamentale che nelle scritture scambiate fra i soggetti, lettera di intenti o comunicazione con cui il promittente acquirente esprime al venditore un interesse all'affare, siano precisamente illustrati i limiti delle proposte eventualmente previste, contemplando clausole che riconoscano in modo chiaro e univoco che quanto espresso in tali scritti non ha efficacia vincolante.

Le trattative

Precedentemente alla stipula del contratto venditore e acquirente possono controllare la propria convenienza alla sottoscrizione del negozio medesimo e hanno facoltà quindi di recedere a prescindere dalla presenza di un giustificato motivo, permanendo tuttavia l'osservanza del dovere di buona fede e pertanto sempre che venga mantenuta informata la controparte circa la possibilità di conclusione del contratto e non venga omessa la comunicazione in ordine a circostanze significative rispetto alla economia del contratto medesimo, come ha stabilito la Suprema Corte con una sua celebre pronuncia. [3]

Da segnalare comunque che colui che avvia le trattative non è solo per questo tenuto a concluderle o a non interromperle, né è obbligato a giustificare il suo comportamento, tranne che, in presenza di particolari circostanze soggettive ed oggettive, non si riscontri nel suo agire una condotta illecita perché difforme dalla disposizione generale del neminem laedere.

Sul punto si osserva come lo scambio di lettere di intenti, rappresentano una dimostrazione di interesse reciproco alle trattative che deve comunque essere condotto secondo buona fede. Parimenti dicasi delle c.d. 'minute' o 'puntuazione di contratto", mezzi attraverso i quali promittente acquirente e venditore vicendevolmente attestano i punti di trattativa sui quali hanno trovato l'intesa, attribuendo pertanto maggiore dettaglio all'obbligo di tenere una condotta ispirata a buona fede.

La responsabilità precontrattuale

La possibilità di recedere dalle trattative senza pregiudizio incontra tuttavia il limite del caso di comportamento scorretto, il quale ingenera appunto la responsabilità precontrattuale prevista dall'art. 1337 c.c.: per cui il soggetto che illude l'altro durante questa fase realizza un comportamento sleale e può quindi venire condannato al rimborso delle spese sostenute ingiustamente da colui che confidava nel buon esito dell'affare.

Risulta, tuttavia fondamentale precisare che affinché possa integrarsi una responsabilità precontrattuale occorre non soltanto che le trattative siano arrivate a una fase avanzata al punto che nell'altra parte sia maturato un oggettivo e concreto convincimento nella imminente stipulazione del contratto, ma è necessario anche che il recesso sia senza motivo e destituito di ragionevoli giustificazioni. In particolare perché possa configurarsi la responsabilità di cui all'art. 1337 c.c. occorre che si verifichino le seguenti situazioni:

- lo stadio al quale sono arrivate le trattative è tale da far nascere in una delle parti un comprensibile affidamento nella conclusione del contratto - cosa che si verifica, ad esempio, quando promittente acquirente e venditore abbiano considerato tutti gli elementi essenziali del negozio medesimo;

- l'altra parte interrompe le trattative senza un giustificato motivo - invece, quando la rottura delle trattative oppure la mancata stipulazione del contratto siano state espressamente contemplate, esse rappresentano esercizio di una facoltà legittima e non ingenerano l'obbligo di risarcimento;

- non sono stati compiuti atti in grado ad escludere la ragionevole convinzione della parte alla conclusione del contratto;

- inoltre ingenererà una responsabilità precontrattuale anche il caso in cui volontariamente vengano inosservate le norme di correttezza, così come risulta sufficiente una omissione ingiustificata, imputabile e non intenzionale.

Per quanto concerne l'obbligo di buona fede è doveroso precisare che lo stesso va considerato in senso oggettivo: non occorre pertanto una particolare condotta soggettivamente in mala fede diretta ad arrecare un danno alla controparte, ma è sufficiente un qualunque comportamento, sia pure semplicemente colposo, che dia luogo all'interruzione delle trattative, frustrando le aspettative della controparte che abbia affrontato spese o perso occasioni più favorevoli.

Il risarcimento ottenibile in caso di interruzione delle trattative prevede una misura che non può però essere equivalente a quella ottenibile se il contratto fosse stato concluso e poi non adempiuto: l'interesse leso, infatti, non è quello alla conclusione del contratto, che è sfumata, ma soltanto l'interesse allo sviluppo corretto delle trattative; il danno risarcibile pertanto è rappresentato dalla diminuzione patrimoniale direttamente commisurata al comportamento della controparte (cioè, il c.d. interesse contrattuale negativo).

Infine si annota che la responsabilità precontrattuale è un tipo di responsabilità extracontrattuale e quindi nell'ipotesi di recesso ingiustificato in sede di trattativa appunto giunta a uno stadio avanzato e tale da indurre la parte a fare affidamento nella stipulazione del contratto, incombe non tanto a colui che recede fornire la prova che il proprio comportamento corrisponde al criterio della buona fede e della correttezza, quanto piuttosto all'altra parte, la quale deve fornire prova che il recesso non è conforme a quanto stabilito ex art. 1337 c.c.

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Avv. Giuliana Degl'Innocenti

giulianadegl_innocenti@hotmail.com

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Note

[1] Cassazione, sentenza 11 dicembre 2015, n. 22979, sez. III civile

[2] Cassazione, sentenza n. 4628/15

[3] Cassazione, sentenza 19 novembre 1994, n. 9802


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