Evoluzione giurisprudenziale e esecuzione del fermo amministrativo dei beni mobili registrati
Avv. Giampaolo Morini - La procedura di iscrizione del fermo di beni mobili registrati è avviata dall'agente della riscossione con la notifica al debitore o ai coobbligati iscritti nei pubblici registri di una comunicazione preventiva contenente l'avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà eseguito il fermo, senza necessità di ulteriore comunicazione, mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari, salvo che il debitore o i coobbligati, nel predetto termine, dimostrino all'agente della riscossione che il bene mobile è strumentale all'attività di impresa o della professione.

Fermo amministrativo: le sanzioni

Chiunque circola con veicoli, autoscafi o aeromobili sottoposti al fermo è soggetto alla sanzione prevista dall'articolo 214, comma 8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e dei lavori pubblici, sono stabiliti le modalità, i termini e le procedure per l'attuazione di quanto previsto nell'art. 86. Il preavviso del fermo auto è sempre impugnabile, anche quando si tratta di obbligazioni di natura extratributaria, come ad esempio le multe, i canoni o le iscrizioni agli ordini professionali.

Il valore del preavviso di fermo

La questione che si pone è se il preavviso assume il valore di comunicazione di iscrizione di fermo amministrativo che, quale atto preordinato all'espropriazione forzata e, comunque, alla realizzazione di un credito è atto impugnabile.

La società ricorrente sostiene la tesi della non impugnabilità di un atto considerato meramente preparatorio, in relazione al quale il destinatario non avrebbe alcun interesse ad impugnare. In realtà secondo la Cassazione l'atto impugnato contiene (oltre all'invito al pagamento da effettuarsi entro venti giorni dalla notifica) la comunicazione ultima che decorso inutilmente il termine per pagare si provvede alla iscrizione del "fermo presso il Pubblico Registro Automobilistico senza ulteriore comunicazione". Quindi, l'atto impugnato vale come comunicazione ultima della iscrizione del fermo entro i successivi venti giorni (salvo pagamento). Di qui l'interesse ad impugnare. Per le Sezioni Unite non si tratta di un atto meramente preparatorio, con obbligo del contribuente di attendere il decorso dei venti giorni per impugnare direttamente l'iscrizione del fermo, in sede di esecuzione con aggravio di spese e perdita di tempo.

Fermo amministrativo: l'intervento delle Sezioni Unite

La Cassazione non ignora che talune decisioni hanno escluso la impugnabilità del provvedimento per carenza di interesse, ma tale indirizzo deve ritenersi superato dall'intervento delle Sezioni Unite, secondo il quale il preavviso di fermo amministrativo ex art. 86 d.P.R. 602/73 riguarda una pretesa creditoria dell'ente pubblico di natura tributaria impugnabile innanzi al giudice tributario, in quanto atto funzionale a portare a conoscenza del contribuente una determinata pretesa tributaria, rispetto alla quale sorge ex art. 100 c.p.c. l'interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva, a nulla rilevando che detto preavviso non compaia esplicitamente nell'elenco degli atti impugnabili contenuto nell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto tale elencazione va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., che in conseguenza dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge 28 dicembre 2001, n. 448. (Cass. 10672/2009). Analoghe considerazioni valgono, mutatis mutandis, allorquando il preavviso riguardi obbligazioni extratributarie. Negli stessi sensi si è già espressa la Corte in relazione all'ammissibilità delle opposizioni contro il preavviso in tema di debiti tributari: Cass., sez. un., 11 maggio 2009, n. 10672, in Foro it., 2009, I, 2060 In senso contrario Cass., sez. II, 14 aprile 2009, n. 8890, in Arch. circolaz., 2009, 511…. Motivi della Decisione: Al quesito posto dal ricorrente - a quale giudice spetti la giurisdizione in una controversia che concerna l'impugnazione di un preavviso di fermo amministrativo D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 86, - queste Sezioni Unite hanno già dato una risposta (indiretta) con l'ordinanza n. 14831 del 2008, pronunciata in una fattispecie nella quale oggetto di impugnazione era, come nel caso in esame, un preavviso di fermo amministrativo. Nella richiamata ordinanza, nella quale, tuttavia, il tema della impugnabilità del preavviso di fermo non è stato affrontato direttamente, è stato affermato il seguente principio di diritto: "Il giudice tributario innanzi al quale sia stato impugnato un provvedimento di fermo di beni mobili registrati ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, deve accertare quale sia la natura - tributaria o non tributaria - dei crediti posti a fondamento del provvedimento in questione, trattenendo, nel primo caso, la causa presso di sè, interamente o parzialmente (se il provvedimento faccia riferimento a crediti in parte di natura tributaria e in parte di natura non tributaria), per la decisione del merito e rimettendo, nel secondo caso, interamente o parzialmente, la causa innanzi al giudice ordinario, in applicazione del principio della translatio iudicii. Allo stesso modo deve comportarsi il giudice ordinario eventualmente adito. Il debitore, in caso di provvedimento di fermo che trovi riferimento in una pluralità di crediti di natura diversa, può comunque proporre originariamente separati ricorsi innanzi ai giudici diversamente competenti". Nel caso di specie si tratta sicuramente di materia tributaria essendo l'atto impugnato relativo ad una pretesa di contributi consortili e sul punto queste Sezioni Unite hanno stabilito che: "I contributi spettanti ai consorzi di bonifica ed imposti ai proprietari per le spese di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario, rientrano nella categoria generale dei tributi, con la conseguenza che la domanda di restituzione delle somme versate a tale titolo, proposta dopo il primo gennaio 2002, è devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie, in applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2 nel testo modificato dalla L. 28 dicembre 2001, art. 12, n. 448, il quale ha esteso la giurisdizione tributaria a tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie" (Cass. S.U. n. 10703 del 2005). Vi è altro, tuttavia, su cui occorre ragionare, sia in relazione alla circostanza che nel caso di specie l'azione sia stata introdotta anteriormente all'entrata in vigore della modifica apportata al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 25 quinquies, che ha collocato tra gli atti impugnabili innanzi al giudice tributario anche il fermo D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 86, sia in relazione al fatto che nel caso di specie l'atto impugnato sia costituito dal preavviso e non da un già eseguito fermo amministrativo. Orbene nella richiamata ordinanza n. 14831 del 2008, le Sezioni Unite avevano ritenuto che, alla luce della modifica introdotta al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, dal D.L. n. 223 del 2006, art. art. 35, comma 26 quinquies, (convertito con modificazioni con L. n. 248 del 2006), non potesse essere mantenuta l'esegesi anteriormente proposta dalle medesime Sezioni Unite (ord. nn. 2053 e 14701 del 2006), secondo cui la giurisdizione sul fermo amministrativo spettava al giudice ordinario essendo tale atto "preordinato all'espropriazione forzata, atteso che il rimedio, regolato da norme collocate nel titolo 2^ sulla riscossione coattiva delle imposte, si inserisce nel processo di espropriazione forzata esattoriale quale mezzo di realizzazione del credito". Questa esegesi, hanno affermato le Sezioni Unite nell'ordinanza n. 14831 del 2008, "non può oggi essere mantenuta di fronte alla chiara volontà del legislatore di escludere il fermo di beni mobili registrati dalla sfera tipica dell'espropriazione forzata, rafforzando l'idea, da alcuni sostenuta, che l'adozione dell'atto in questione si riferisca ad una procedura alternativa all'esecuzione forzata vera e propria, che nel D.P.R. n. 602 del 1973, trova la propria tipizzante disciplina nel capo 2^ del titolo 2^ (mentre la disciplina del fermo di beni mobili registrati, non a caso, sarebbe dettata nel capo 3^, del medesimo titolo)". Queste conclusioni, che danno corpo ad una valenza non solo innovativa, ma anche (e prima ancora) interpretativa delle modifiche normative disposte con il D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 25 quinquies, potrebbero ritenersi risolutive nel caso di specie a superare il dubbio che, essendo stata la causa introdotta anteriormente alla richiamata modifica del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 debba essere confermata la giurisdizione del giudice ordinario effettivamente adito: se il fermo amministrativo non è, come sembra invero più giusto ritenere anche in relazione alla collocazione "topografica" di tale atto nel sistema normativo, un atto dell'espropriazione forzata, ma un atto riferito ad una procedura alternativa all'esecuzione forzata vera e propria, allora deve escludersi la giurisdizione del giudice ordinario che, in materia tributaria, ha giurisdizione relativamente alle sole controversie attinenti alla fase dell'esecuzione forzata. Ma vi è un ulteriore elemento da considerare: la circostanza che nel caso di specie oggetto dell'impugnazione sia un preavviso di fermo amministrativo, la cui impugnabilità è, peraltro, il nucleo centrale della controversia. Il preavviso di fermo è stato istituito dall'Agenzia delle Entrate con nota n. 57413 del 9 aprile 2003, disponendo che i concessionari, una volta emesso il provvedimento di fermo amministrativo dell'auto, ma prima di procedere alla iscrizione del medesimo, comunichino al contribuente moroso - che non abbia cioè provveduto a pagare il dovuto entro i sessanta giorni dalla notifica della cartella - un avviso ad adempiere al debito entro venti giorni, decorsi i quali si provvedere a rendere operativo il fermo. La richiamata nota dell'Agenzia delle Entrate dispone, inoltre, che nell'ipotesi di persistente inadempimento, il preavviso "vale, ai sensi del D.M. 7 settembre 1998, n. 503, art. 4, comma 1, secondo periodo, (il quale resta applicabile, giusta la disposizione di cui al D.L. n. 203 del 2005, art. 3, comma 41, convertito con modificazioni con L. n. 248 del 2005, fino all'emanazione del decreto ministeriale previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, comma 4 in ordine alle procedure per l'esecuzione del fermo amministrativo), come comunicazione di iscrizione del fermo a decorrere dal ventesimo giorno successivo". Sicchè il preavviso è sostanzialmente l'unico atto mediante il quale il contribuente viene a conoscenza della esistenza nei suoi confronti di una procedura di fermo amministrativo dell'autoveicolo. Come è evidente il preavviso si colloca all'interno di una sequela procedimentale - emanazione del provvedimento di fermo, preavviso, iscrizione del provvedimento emanato - finalizzata ad assicurare, mediante una pronta conoscibilità del provvedimento di fermo, una ampia tutela del contribuente che di quel provvedimento è il destinatario: in questa prospettiva il preavviso di fermo svolge una funzione assolutamente analoga a quella dell'avviso di mora nel quadro della comune procedura esecutiva esattoriale, e come tale avviso esso non può non essere un atto impugnabile. In specie qualora si pensi che, come tante volte accade con l'avviso di mora, l'atto in questione potrebbe essere il primo atto (e, peraltro, valendo anche come comunicazione dell'automatica iscrizione del fermo, il solo atto) con il quale il contribuente viene a conoscenza dell'esistenza nei suoi confronti di una pretesa tributaria che egli ha interesse a contrastare. Il fatto che il preavviso di fermo amministrativo non compaia esplicitamente nell'elenco degli atti impugnabili contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, non costituisce un ostacolo, in quanto, secondo un principio già affermato dalla Corte, e che il Collegio condivide, l'elencazione degli atti impugnabili, contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.), che in conseguenza dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. n. 448 del 2001. Con la conseguenza che deve ritenersi impugnabile ogni atto che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, in quanto sorge in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, l'interesse, ex art. 100 cod. proc. civ., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall'ente pubblico (v. Cass. nn. 21045 del 2007, 27385 del 2008). Pertanto deve essere affermato il seguente principio di diritto: "Il preavviso di fermo amministrativo D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 86, che riguardi una pretesa creditoria dell'ente pubblico di natura tributaria è impugnabile innanzi al giudice tributario in quanto atto funzionale, in una prospettiva di tutela del diritto di difesa del contribuente e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, a portare a conoscenza del medesimo contribuente, destinatario del provvedimento di fermo, una determinata pretesa tributaria rispetto alla quale sorge ex art. 100 c.p.c. l'interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva". Nel caso di specie deve, quindi, essere dichiarata la giurisdizione del giudice tributario e le parti devono essere rimesse innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pisa. La novità della questione giustifica la compensazione delle spese. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Pronunciando sul ricorso dichiara la giurisdizione del giudice tributario e rimette le parti innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pisa. Compensa le spese. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 7 aprile 2009. Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2009 Ricapitolando, il fermo amministrativo di beni mobili registrati è un istituto disciplinato dall'art. 86 del ripetuto D.P.R. n. 602/1973, in base al quale, una vola decorso inutilmente il termine di cui all'art. 50, comma 1, del medesimo decreto, ossia trascorsi 60 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, o, di norma, 90 giorni dalla notifica dell'accertamento esecutivo, l'agente della riscossione può, in via cautelare, disporre, attraverso un apposito provvedimento, l'apposizione di un vincolo sui beni mobili registrati (veicoli, natanti, aeromobili) del debitore e degli eventuali coobbligati, dandone comunicazione alla competente Direzione regionale delle entrate e alla Regione di residenza del debitore stesso.

L'esecuzione del fermo amministrativo

L'esecuzione del fermo amministrativo avviene mediante iscrizione del relativo provvedimento nel pubblico registro mobiliare ed ha, come principale conseguenza, il divieto di circolazione del veicolo, divieto che viene disposto, in particolare, dall'art. 5, comma 2, del D.M. n. 503/1998, oltre che dall'art. 214, comma 1, del D.Lgs. n. 285/1992 ("Codice della strada"), in base al quale "il proprietario, nominato custode, o, in sua assenza, il conducente o altro soggetto obbligato in solido, fa cessare la circolazione e provvede alla collocazione del veicolo in un luogo di cui abbia la disponibilità ovvero lo custodisce, a proprie spese, in un luogo non sottoposto a pubblico passaggio …". Inoltre, in caso di violazione del divieto di circolazione, il citato art. 86, al comma 3, stabilisce l'applicazione delle sanzioni disposte dal comma 8 del citato art. 214[1] (sanzione pecuniaria da euro 770 a euro 3.086 e confisca del veicolo). Con il "Decreto del Fare", è stata inserita una disposizione che va a modificare (con effetto dal 21 agosto 2013) la disciplina della misura cautelare:

• in primis, stabilendo l'obbligo per l'agente della riscossione di inviare al debitore una specifica comunicazione preventiva contenente l'avviso dell'iscrizione nei pubblici registri del fermo amministrativo, in caso di mancato pagamento del debito entro 30 giorni dalla notifica della predetta comunicazione;

• in secondis, prevedendo la possibilità per il debitore di evitare l'applicazione del vincolo dimostrando all'agente della riscossione, entro il medesimo termine di 30 giorni, che il bene è "strumentale all'attività di impresa o della professione".

Il concessionario potrebbe anche agire mediante l'iscrizione dell'ipoteca sull'autovettura del debitore, che assolve le medesime funzioni cautelari del fermo (senza, tuttavia, produrre l'effetto del divieto di circolazione del veicolo), ma con il vantaggio che, non essendo questo strumento inserito nell'ambito della procedura della riscossione coattiva esattoriale di cui al D.P.R. n. 602/1973, può ben trovare applicazione dall'ente, a prescindere dalla figura del funzionario/ufficiale della riscossione, ex art. 7, c. 2, lett. gg-sexies, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, come convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106; un ulteriore vantaggio, questo rispetto al pignoramento, è l'esclusione della necessità del concreto rinvenimento dell'autoveicolo. Nel quadro generale delle procedure volte alla riscossione coattiva delle entrate locali, una valida alternativa al fermo amministrativo dei beni mobili registrati, e in particolare dell'auto, ancorché poco praticata, e percorribile anche in assenza, nell'ambito dell'organizzazione dell'ente, dell'ufficiale della riscossione, è rappresentata dall'ipoteca dell'autovettura del debitore, il cui presupposto particolare è costituito dall'"atto di interpellanza". L'ipoteca automobilistica, ovvero una particolare fattispecie di ipoteca mobiliare, si costituisce mediante iscrizione (pubblicità costitutiva) nel registro del P.R.A. - Pubblico registro automobilistico (3) e annotazione nel certificato di proprietà, e crea un vincolo sul bene, senza impedire al proprietario l'utilizzo e la disposizione del veicolo. Anche quella automobilistica è un diritto reale di garanzia con cui si costituisce un vincolo giuridico che è posto sui beni del debitore a garanzia del soddisfacimento di un credito; in altri termini, si tratta:

- di un diritto reale, perché è iscritta sul bene ("res", nel nostro caso, l'automobile);

- di un diritto di garanzia, perché garantisce la soddisfazione del credito.

Il fondamento normativo di detto istituto si rinviene nell'art. 25, R.D. 29 luglio 1927, n. 1814[2], secondo cui Chi abbia titolo valido per l'iscrizione, a proprio favore, nel Pubblico registro, di un credito privilegiato o per l'annotazione del trasferimento di esso, può esigere dal titolare della licenza di circolazione la consegna del relativo foglio complementare, per il tempo strettamente necessario al compimento delle formalità inerenti all'iscrizione o all'annotazione sul Pubblico registro del privilegio o, rispettivamente, del trasferimento di esso.

Sulla produzione di atto di interpellanza, eseguito da notaio o da ufficiale giudiziario, dal quale risulti il rifiuto del titolare della licenza alla consegna del relativo foglio complementare, il competente ufficio dell'A.C.I., qualunque sia la causa del rifiuto, se concorrano le altre condizioni di legge, esegue, a domanda dell'interessato, l'iscrizione o l'annotazione richiesta. Eseguita l'iscrizione o l'annotazione, l'ufficio dell'A.C.I. informa la Prefettura competente del rifiuto opposto dal titolare della licenza alla consegna del relativo foglio complementare. La Prefettura ritira temporaneamene del foglio complementare presso il titolare e lo rimette all'ufficio dell'A.C.I., che, eseguiti su di esso gli annotamenti del caso, ne effettua la restituzione al titolare, previo pagamento, a favore dell'A.C.I., degli emolumenti che saranno determinati, in conformità delle disposizioni previste dall'art. 28 del R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436». In definitiva, la legge dispone che:

- chi ha titolo valido per l'iscrizione nel P.R.A., a proprio favore, di un credito privilegiato, può esigere dal titolare della licenza di circolazione la consegna del relativo foglio complementare, per il tempo strettamente necessario al compimento delle formalità inerenti all'iscrizione o all'annotazione sul Pubblico registro del privilegio (cioè dell'ipoteca);

- a fronte di atto d'interpellanza, eseguito da notaio o da ufficiale giudiziario, da cui risulti il rifiuto del titolare della licenza alla consegna del relativo foglio complementare, il competente ufficio dell'A.C.I., quale che sia la causa del rifiuto, se concorrano le altre condizioni di legge, esegue, a domanda dell'interessato, l'iscrizione o l'annotazione richiesta;

- una volta eseguita, l'ufficio dell'A.C.I. informa la Prefettura competente del rifiuto opposto dal titolare della licenza alla consegna del relativo foglio complementare;

- la Prefettura provvede al temporaneo ritiro del foglio complementare presso il titolare e lo rimette all'ufficio dell'A.C.I., che, eseguiti su di esso gli annotamenti del caso, lo restituisce al titolare, previo pagamento, a suo favore, degli emolumenti previsti[3].

Oggetto del privilegio automobilistico sono tutti gli autoveicoli elencati nell'art. 1, R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436, ovvero quelli iscritti al P.R.A.: autovetture, autocarri, trattrici coi relativi veicoli rimorchiati e ogni altro veicolo assimilabile ai predetti, e motocicli (con esclusione nei riguardi di quest'ultimo termine, dei velocipedi muniti di piccoli motori ausiliari, ordinariamente chiamati biciclette a motore o motoleggere). L'istituto dell'atto d'interpellanza, nonostante la sua oggettiva macchinosità e l'evidente vetustà, continua a trovare applicazione ai giorni nostri; in proposito, infatti, giova ricordare che il D.Lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, sulla delegificazione, ha ritenuto indispensabile la permanenza in vigore di entrambi i decreti che ne stanno a fondamento, almeno limitatamente ad alcune norme, tra cui quelle in commento, ancorché risalenti a più di 85 anni fa.

Avv. Giampaolo Morini

giampaolo@studiolegalemorinigiampaolo.it

0584361554

Leggi anche:

- Il fermo amministrativo del veicolo

- Fermo amministrativo: effetti e rimedi

[1] Attraverso una modifica dell'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, l'art. 35, comma 26-quinquies, del D.L. n. 223/2006, ha inserito il provvedimento che dispone il fermo amministrativo fra gli atti impugnabili dinnanzi alle commissione tributarie e che, come precisato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 7 maggio 2010, n. 11087, la competenza del giudice tributario a giudicare della legittimità del fermo si ha soltanto nell'ipotesi in cui esso sia disposto a tutela di crediti di natura tributaria.

[2] Recante "Disposizioni di attuazione e transitorie del R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436, concernente la disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli e l'istituzione del Pubblico registro automobilistico presso le sedi dell'Automobile club d'Italia".

[3] La Direzione centrale servizi delegati dell'Aci ha emanato la circolare n. 1200/2009 del 29 gennaio 2009, avente ad oggetto "Legge n. 2 del 28 gennaio 2009: nuova disciplina per l'iscrizione e la cancellazione di ipoteche al P.R.A."; la circolare fornisce chiarimenti in merito all'art. 3, c. 13bis, D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, che si riporta di seguito: "Per agevolare il credito automobilistico, l'imposta provinciale di trascrizione per l'iscrizione nel pubblico registro automobilistico di ipoteche per residuo prezzo o convenzionali sui veicoli è stabilita in 50 euro. La cancellazione di tali ipoteche è esente dell'imposta provinciale di trascrizione.".


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