Cosa contempla concretamente il DEF e se, l'attuale assenza di un governo post elezioni, procurerà pregiudizio all'economia nazionale
di Gian Marco Giacalone - Il DEF (documento di economia e finanza) è quel documento contabile di fondamentale importanza che insieme agli altri strumenti di programmazione, previsti nel cosiddetto ciclo finanziario dello Stato (talvolta noto come Sessione di Bilancio), incide sul governo dell'economia e sulle scelte di politica economica del Paese. Va da sé, che possiede importanti ricadute sulla vita di tutti i cittadini.

Sono state numerose le riforme sulla contabilità pubblica che hanno condotto alla recente nomenclatura, vantando il DEF degli illustri predecessori. Si pensi al DFP (decisione di finanza pubblica) - introdotto dalla legge 196 del 2009 (in vigore dal gennaio 2010) - che a sua volta interveniva in sostituzione del forse più celebre DPEF (documento di programmazione economico finanziaria).

Al di là delle terminologie, ci si deve chiedere che cosa contempla concretamente il DEF, e se, questa fase di stallo alla guida del nostro Paese - incapace di esprimere un governo - procurerà pregiudizio all'intera Nazione.

Def, la sessione di aprile

Il mese di aprile è per l'esercizio economico e finanziario del nostro ordinamento, il primo appuntamento della programmazione. Il DEF, come precedentemente descritto, deve essere presentato alle Camere dal Governo entro il 10 Aprile di ogni anno, dovendo trovare un vero e proprio raccordo (effettivo aggancio), anche a livello europeo. Perché? Ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della legge 196 del 2009 - come modificata dalla n. 39 del 2011 - devono essere presentati a due delle più importanti istituzioni europee (Consiglio e Commissione UE), entro la fine del mese di Aprile: Programma di Stabilità e Programma nazionale di riforma.

Essi costituiscono la Prima e la Terza sezione del DEF.

Nella prima sezione (Programma di stabilità), si illustrano gli obiettivi da conseguire al fine di ridurre il debito pubblico.

Nella terza (Programma nazionale di riforma), si indicano: stato di avanzamento delle riforme già avviate; squilibri macroeconomici nazionali; fattori di natura macroeconomica incidenti sulla competitività; riforme da attuare e priorità del Paese i cui tempi sono, peraltro, da ragguagliare agli obiettivi programmatici di cui alla prima sezione precedentemente citata; ed, infine, prevedibili riforme aventi ad oggetto crescita dell'economia e aumento dell'occupazione.

I documenti allegati e la sezione seconda

La struttura del DEF non termina quì, ma si compone di ulteriori documenti allegati contenenti altrettante indicazioni che la Comunità Europea non può non conoscere. Il riferimento è ad informazioni circa eventuali disegni di legge che si collegano alla manovra di finanza pubblica; esposizione di risorse da destinare alle singole Regioni in una ai trasferimenti ad enti locali

e province autonome di Trento e di Bolzano (sia correnti che in conto capitale); relazione di sintesi sulle aree sottoutilizzate; ulteriori documenti predisposti rispettivamente da Ministro delle infrastrutture e dei trasporti[1] e dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

Il tutto, con la non meno fondamentale seconda sezione, contenente: analisi del conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche nel precedente anno; previsioni tendenziali a legislazione vigente (di almeno un triennio); previsioni che abbiano dovuto riguardo al debito delle Pubbliche Amministrazioni; conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento al pubblico impiego; previsioni anche sul saldo di cassa del settore statale con rispettive coperture.

Il ritardo pregiudizievole

A giudicare dai contenuti e dalle scadenze appena esposte, non vi è chi non veda che tale assenza del timoniere stia comportando un sacrificio di non poco momento sol se si considera l'ampio ritardo italiano rispetto allo scopo di coordinare le politiche di bilancio degli Stati membri della zona euro ove è in vigore il Patto di stabilità e crescita. L'auspicata maggiore integrazione in tema di politiche di bilancio, considerata a livello europeo la precondizione del completamento del processo di integrazione (quale strada per superare la crisi del debito sovrano), sembra essere abbastanza lontana poiché, il DEF del mese corrente, sconterà inevitabilmente l'assenza di progettualità non potendo, il governo uscente, programmare o promettere dinanzi alle istituzioni dell'Unione, interventi che non rientrino nell'ordinaria amministrazione.

[1] Art. 1, comma 1, L. 443 del 2001


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