L'affido condiviso, il criterio della maternal preference e il diritto alla bigenitorialità

Prima della riforma del 1975 i figli, in caso di separazione, venivano affidati al padre in ossequio al modello di famiglia patriarcale dove il padre era ritenuto l'unico in grado di provvedere alla buona educazione ed istruzione dei figli, alla madre solo in caso di immoralità o poco affetto da parte del padre.

Affido condiviso

Con la riforma del diritto di famiglia (anno 1975), la famiglia subisce un'innovazione caratterizzata dall'introduzione del principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. In virtù di tale principio i coniugi hanno, infatti, gli stessi diritti, che dovrebbero esercitare congiuntamente e di comune accordo, e gli stessi reciproci doveri: alla fedeltà, all'assistenza, alla collaborazione e alla coabitazione. Tale parità tra i coniugi si riverbererà, con l'andar del tempo, anche sul ruolo genitoriale con l'introduzione dell'affido condiviso con L. 54/2006.

Si sa, in sede di separazione i figli sono affidati alla madre perché ritenuta genitore più idoneo ad occuparsi dell'educazione, del benessere dei figli. Pensarla così, un grosso errore!!!

Ogni genitore ha un ruolo fondamentale nella crescita ed educazione dei figli: la madre come genitore che dà affetto, fiducia, apre al dialogo, il padre come genitore che prende decisioni, responsabilizza.

La maternal preference

E' proprio in sede di separazione che questi ruoli genitoriali vengono messi a dura prova. Infatti, i figli vengono affidati in modo automatico alla madre, applicando il criterio della "maternal preference" ed il padre che chiede che il figlio venga a lui affidato deve giustificare la sua richiesta. Con la L. 54/2006 che ha introdotto "l'affido condiviso" il ruolo educativo del padre è stato ritenuto dal Legislatore di notevole importanza nel progetto di crescita dei figli. Nonostante ciò, si continua a ritenere che il compito di crescere ed educare i figli sia proprio della madre (cosiddetta educazione maternizzata) perché il padre è sempre stato ed è ancora ritenuto genitore con ruolo impositivo, lontano da quel progetto educativo basato sull'attenzione, sul rispetto, sulla fiducia…

Se non sussistono gravi motivi, non è giusto escludere i padri dal progetto educativo del figlio determinando, così, uno squilibrio educazionale. Ciò, come ci racconta frequentemente la cronaca, determina situazioni di escalation di violenza fisica e psicologica che si concludono, spesso, nel modo più tragico.

E' compito anche degli avvocati insistere, affinché nell'affidamento dei figli il criterio da seguire sia quello del superiore interesse del minore e non quello della "maternal preference" che si pone in contrasto con quella che è la ratio della legge sull'affido condiviso, ovvero maggiore responsabilizzazione dei genitori, separati o divorziati, i quali si impegnano a realizzare entrambi una linea comune nell'educazione del minore.

Ne discende, quindi, la necessità che ciascun genitore operi direttamente per la cura del figlio e coordini con l'altro le varie fasi del progetto educativo, esplicitando le mansioni che ognuno è disposto a svolgere d'intesa con l'altro e i compiti specifici in una condizione tendenzialmente paritaria. In questo modo al padre verrebbe riconosciuto il suo ruolo genitoriale latu sensu e non relegandolo a genitore di mero bancomat.

Magistratura, classe forense devono insistere affinché la legge sull'affido condiviso trovi piena applicazione in ossequio al principio di bigenitorialità inteso come diritto del minore ad avere nella sua vita la presenza costante di entrambi i genitori.

"La guerra contro il padre è in realtà una guerra contro i figli: il punto non è semplicemente il diritto dei padri o il diritto delle madri, ma il diritto dei figli ad avere due genitori che si occupino attivamente della loro vita".

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