illiceità della comune prassi seguita dagli Uffici fiscali di addebitare gli interessi di mora nell'avviso di accertamento

di Angelo Casella - Secondo una prassi ormai consolidata, l'Agenzia delle Entrate (e, con essa, i vari Uffici comunali per i tributi di competenza), invia avvisi di accertamento, per mancato o errato pagamento di imposte, esattamente qualche settimana prima che il corrispondente diritto alla riscossione cada in prescrizione.

Avviso di accertamento: interessi di mora

Questo comportamento integra a pieno titolo la fattispecie della "mora del creditore", che si verifica allorché questi "non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l'obbligazione" (art. 1206 c.c.).

Questa condotta risponde, con ogni evidenza, all'intendimento di accollare all'ignaro contribuente il massimo importo possibile di interessi di mora che, difatti, vengono accuratamente computati nell'avviso di accertamento.

Detta prassi è illegittima anche sotto altro profilo. Come è noto, si possono addebitare gli interessi di mora solo dal momento nel quale il debitore è stato - per l'appunto - messo in mora (art. 1219 c.c.).

Da quell'istante, il debitore è posto in grado di conoscere la sua condizione debitoria e, quindi, posto in grado di assolvere all'impegno. In tale consapevolezza trova fondamento l'applicazione di interessi per l'eventuale ritardo.

Ribadisce, infatti, l'art. 1224 c.c., che gli interessi "sono dovuti dal giorno della mora".

Addebito interessi dalla costituzione in mora

Oppongono solitamente gli Uffici tributari che, nella materia fiscale, l'obbligo deriva direttamente dalla legge impositiva e da questa stessa il cittadino è indicato come debitore, alle scadenze e con i tempi indicati. Appropriato, quindi, l'addebito degli interessi.

L'eccezione non ha però fondamento. Salvi i rari casi di definizione automatica dell'addebito, la legge prevede una fattispecie astratta, che deve essere definita in concreto in funzione degli elementi, condizioni e fattori in essa delineati.

L'obbligo a carico del cittadino deve essere identificato in concreto (e sappiamo quanto, a volte, ciò sia difficoltoso e incerto).

Consideriamo poi che, se il contribuente - per qualsivoglia motivo - non adempie in concreto all'obbligo astratto di legge e, per caso, nessun Ufficio fiscale se ne avvede, tale obbligo cade nel vuoto. Il contribuente non è tecnicamente in mora.

Ma maggiormente è da tener in conto che l'atto di accertamento ha natura costitutiva, ed è, ad ogni effetto, un atto negoziale, rappresentando l'espressone della volontà che l'imposta accertata debbe essere corrisposta. E ad essa, conseguentemente, si ricollegano gli effetti giuridici dell'atto stesso.

In argomento, del resto, la dottrina è unanimemente allineata: la costituzione in mora avviene solo nel momento della notifica al contribuente dell'atto di accertamento e pertanto illegittimo è ogni addebito di interessi per il "ritardato" pagamento.

Un esempio pratico

Poniamo il caso che Tizio, abitante nella città di Sempronia, apponga un cartello pubblicitario sulla via. Il regolamento comunale prevede che, nella specie, sia dovuta una certa tassa, calcolata in base a indicati parametri.

A Tizio, dunque, la norma richiede di compiere un atto ben preciso, che definisca in concreto il suo obbligo (e quantifichi l'importo che egli in concreto deve versare).

Se ciò non avviene, tutto potrebbe finire qui e l'obbligo rimanere solo teorico.

Se invece l'amministrazione rileva la presenza del cartello, accerta che la detta situazione di fatto corrisponda alla previsione della normativa fiscale specifica e impone a Tizio, con atto apposito, sostitutivo di quello che doveva compiere quest'ultimo, di pagare quanto dovuto, oltre alla penale prevista per non aver compiuto di sua iniziativa l'atto definitorio.

Prima questione. Supposto che sia in grado di stabilire il momento esatto della esposizione del cartello, può l'amministrazione addebitargli gli interessi per l'eventuale "ritardo" ? (il termine è comunque fuorviante, riferendosi a soggetti diversi).

Innanzitutto, è da stabilire se, nella ratio della norma in questione, la penale non sia comunque concepita a titolo compensativo del c.d. ritardo, come in generale si può ritenere sia la regola.

E, in effetti, l'eventuale addebito di interessi assume il carattere di una penalizzazione ulteriore. Non dovuta, come vedremo.

Secondariamente, è da stabilire quale sia veramente il momento nel quale per Tizio scatta l'obbligo del pagamento.

Infatti, il pagamento si può effettuare, come è noto, solo quando l'obbligazione diventa liquida ed esigibile.

Cosa che può avvenire solo dopo che Tizio abbia compiuto l'atto di cui sopra per la definizione pratica di quanto egli deve in concreto.

Riprendiamo i termini del caso.

Allorché Tizio ha apposto il cartello, incombeva su di lui una norma che lo impegnava a pagare una certa somma. Ma tale somma doveva essere da lui individuata, interpretando la norma con la ricognizione nel suo caso delle diverse ipotesi da questa previste, così da definirlo nei suoi elementi essenziali ed essere in grado di applicarvi i corrispondenti livelli di tassazione.

Un atto che egli non ha compiuto (anche perché di per sè non coercibile) ma che, senza il quale, egli non può effettuare alcun pagamento,lasciando il suo obbligo del tutto astratto.

Occorre dunque evitare quella sovrapposizione concettuale che induce l'amministrazione ad applicare all'atto che deve definire e quantificare l'obbligo astratto, le caratteristiche giuridiche dell'obbligo concreto, cioè del pagamento.

Tizio non è "colpevole" per non aver pagato, ma per non aver provveduto a individuare la somma che doveva pagare.

Pertanto, non è concepibile che si possano addebitargli gli interessi di tale somma (che non è neppure nota) a partire dal momento nel quale Tizio doveva effettuare l'operazone di applicare la norma al caso specifico.

A ciò - di fatto - provvede l'amministrazione, interpretando la disposizione concernente, e, in base ad essa, misurando il cartello, verificandone la posizione, ecc., così da essere in grado di stabilire l'importo che Tizio deve corrispondere.

Dopo di che, emana un atto di accertamento che, individuando nel reale il verificarsi della previsione astratta della norma, rende l'obbligo da astratto in effettivo ed operante e con il quale esprime la sua volontà a che venga corrisposto l'importo correlativamente individuato.

Tale atto riveste il carattere di negozio giuridico: una manifestazione di volontà diretta a costituire una situazione giuridica nuova per Tizio.

Solo dal momento della comunicazione a quest'ultimo dell'accertamento è pertanto possibile calcolare gli interessi di mora.

Accertamento fiscale: dettagli

L'approccio alla scienza giuridica, come del pari a qualunque branca dello scibile, postula la dotazione nel proprio bagaglio intellettuale, di alcune nozioni elementari che costituiscono lo strumentario concettuale necessario per consentirne la corretta comprensione.

Vediamone sinteticamente alcune.

L'ordinamento giuridico

Ovvero il complesso delle norme vigenti in un determinato Stato.

Ne rappresenta caratteristica fondamentale innanzitutto l'organicità cioè la complessiva, coordinata armonia, garantita dal pervasivo rispetto di alcuni fondamentali principi dei quali non sono ammesse contraddizioni. Per dirla con il sommo Celso, "Incivile est, nisi tota lege perspecta, una aliqua particula eius proposita, indicare vel respondere". In altri termini, questa organicità dell'insieme consente (e impone) il criterio interpretativo sistematico.

La dottrina ha poi proposto di dividere il complesso delle norme che formano il diritto positivo in diverse categorie, in relazione alla specificità della materia regolata.

Risale così ad Ulpiano la distinzione scolastica di uno jus publicum e di uno jus privatum. Distinzione originata peraltro solo da esigenze di classificazione pratica, che non si riferiscono in alcun modo a diversa forza cogente o natura intrinseca. Non è pertanto consentito di fantasticare di "riparti" normativi, tra presunti settori diversi.

Per non dilungarci, diremo semplicemente che un diritto soggettivo è - per così dire - tale in tutto l'ambito dell'ordinamento. Come è noto, il diritto soggettivo è una posizione giuridica soggettiva attiva, specifica e concreta, nel senso che non è dipendente da altra posizione prevalente e di fronte ad esso viene a stabilirsi un dovere di rispetto per chiunque, sia esso soggetto privato o organo pubblico. Si tratta null'altro che di un elementare aspetto dello Stato di Diritto.

Non è dunque configurabile, come qualcuno sembrerebbe proporre, una separazione concettuale e di efficacia, tra le disposizioni del codice civile e quelle attinenti l'attività della P.A.

L'accertamento d'imposta

E' poi atto negoziale, come abbiamo già sottolineato, in quanto consiste nella dichiarazione di volontà che l'imposta accertata debba essere soddisfatta, cosicchè, come in tutti gli atti negoziali, gli effetti giuridici propri dell'accertamento, si riannodano alla volontà dichiarata.

Accertamenti (e decisioni) sono atti negoziali, a meno che il loro esatto e compiuto contenuto sia già stato in modo preciso prestabilito dalla legge.

Come tali, essi hanno effetto costitutivo.

Si tratta, peraltro, di nozioni acquisite e reperibili in qualunque manualetto di diritto amministrativo.

D'altronde, si rifletta che il negozio di accertamento, pur avendo, quanto alla funzione, carattere dichiarativo, ha, quanto al contenuto, natura costitutiva, perchè alla concreta situazione giuridica precostituita aggiunge un ulteriore elemento innovativo.

Interpretazione

Ogni norma necessita di interpretazione, per dare luogo alla sua corretta applicazione. E ciò vale anche e soprattutto per il complesso delle disposizioni fiscali, troppo spesso oggetto di letture superficiali, affrettate e di comodo.


» Altri articoli di Angelo Casella

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: