Per il Tribunale di Roma si tratta di un'intromissione inammissibile in ambienti costituzionalmente tutelati

di Valeria Zeppilli - La registrazione di una conversazione avvenuta all'interno di uno studio legale non può essere mai utilizzata come prova in un procedimento, neanche se si tratta di un procedimento disciplinare e neanche se la registrazione è stata operata da presenti.

Per il Tribunale di Roma, come emerge dalla sentenza numero 19278/2017 qui sotto allegata, in casi come questo viene in infatti rilievo non solo e non tanto la privacy, quanto la circostanza che una simile condotta si configura come un'intromissione inammissibile in ambienti che sono tutelati costituzionalmente, che comporta una violazione grave del diritto di difesa del cliente e dell'inviolabilità del domicilio.

La vicenda

Nel caso di specie, la conversazione "incriminata" si era svolta presso uno studio legale e aveva come protagonisti l'avvocato e tre soggetti che facevano parte di una Onlus. Uno di questi ultimi, all'insaputa degli altri, dopo aver registrato tutto quanto affermato durante tale conversazione e, quindi, anche alcune accuse diffamatorie che un altro dei membri della Onlus aveva rivolto nei confronti dell'organizzazione e dei suoi dirigenti, aveva allegato la registrazione a un esposto presentato all'ente, così cagionando la sospensione per due anni da socio dell'autore delle accuse.

Per il Tribunale di Roma, tuttavia, la prova posta alla base della contestazione risulta inutilizzabile e, pertanto, la stessa è inidonea a sostenere l'incolpazione disciplinare nei confronti del membro della Onlus.

Tribunale di Roma testo sentenza numero 19278/2017
Valeria Zeppilli

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