Necessità di revisione del processo penale per la risoluzione del problema
di Raffaella Feola - Quella del sovraffollamento delle carceri è una vera e propria emergenza, il tasso, secondo i dati diffusi dall'associazione Antigone, è al 113,2%, infatti, a fine luglio dello scorso anno, il numero di carcerati era di 56.766 a fronte dei 46mila posti regolamentari.

Celle sotto i 3 metri quadri

In alcune prigioni lo spazio minimo per detenuto è sceso sotto i 3 metri quadrati che, rappresentano la soglia minima stabilita dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Quest'ultima più volte ha condannato l'Italia per il "trattamento inumano e degradante" nelle sue carceri, in molte di esse, infatti, nelle celle non vi sono le docce, vi è l'assenza di cartelle cliniche informalizzate e la scarsità di educatori.

Il sovraffollamento non è dovuto al numero effettivo di detenuti, ma alla mancanza di un adeguato numero di edifici adibiti a carceri.

I costi per detenuto

Il costo per ogni detenuto è di oltre 140 euro al giorno, ed è elevatissimo se paragonato al costo di un detenuto spagnolo, il cui costo è inferiore a 53 euro.

Abuso della misura cautelare

Ad incidere sulla triste scena è anche un problema di "giustizia", infatti, l'abuso della misura cautelare è strettamente legato alla lentezza del processo, inoltre il giudice può applicare o il carcere o l'ammenda.

Nel rapporto sull'Italia redatto dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa, si legge che il problema "del sovraffollamento delle carceri italiane non è stato risolto perché molti istituti di pena operano ancora al di sopra delle loro capacità".

Ma come porre fine a questa emergenza?

Di recente, è stata approvato il decreto legislativo

di riforma dell'ordinamento penitenziario, attuativo della delega contenuta nella legge 103/2017 (leggi anche: Carceri: via libera alla riforma), tuttavia, è doverosa una revisione globale del processo penale per avviarci alla risoluzione del problema del sovraffollamento. Il numero di processi penali pendenti è enorme e il ricorso alla custodia cautelare cresce continuamente. Sarebbe quindi opportuno ridurre l'afflusso nelle carceri, ma anche strutturare i penitenziari con programmi mirati a rieducare il detenuto.

E' sicuramente il lavoro lo strumento più forte per garantire la rieducazione, infatti, il tasso di recidiva passa dal 70% al 10% nei confronti dei detenuti che possono svolgere un lavoro.

Purtroppo, però, quando non vi sono stimoli esterni, quando ricominciare è difficile, piuttosto che essere rieducato, il detenuto decide di togliersi la vita.

La situazione dei suicidi è allarmante. I detenuti che soffrono di disturbi mentali dovrebbero essere collocati in strutture psichiatriche, mentre per tutti gli altri, bisognerebbe adottare misure di prevenzione e l'amministrazione penitenziaria dovrebbe assicurare una vita dignitosa. La differenza tra detenuti con problemi psichiatrici e non, è venuta alla luce a seguito del suicidio di un ragazzo di 22 anni, il primo del 2017. Solo nei primi tre mesi dello scorso anno, si sono tolti la vita oltre dieci detenuti.

In un paese come il nostro bisognerebbe ripartire dalla giustizia, poiché il problema non si sostanzia nel solo sovraffollamento delle carceri, è venuta meno la tenuta dello stato di diritto.

Leggi anche: Sovraffollamento carceri: la drammatica situazione italiana


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