Il Consiglio di Stato ammette il rimborso delle spese legali anche nei casi di assoluzione con formula dubitativa, rinvenendo l'essenza del diritto in capo ai dipendenti dell'amministrazione statale in due precipui presupposti

Avv. Marcello Mattucci - Il 29 dicembre del 2017, il Consiglio di Stato, sezione III, ha emesso la sentenza n. 6194 (sotto allegata) nella quale ha riconosciuto il diritto al rimborso delle spese legali in capo ad un dipendente pubblico, a fronte di una pregressa assoluzione con formula dubitativa.

Attraverso il provvedimento in commento viene fissato un principio di equità e di giustizia in favore del pubblico impiegato che potrà vantare la pretesa al rimborso delle spese legali quand'anche sia stato assolto nel processo penale con formula dubitativa ex articolo 530 II comma del codice di procedura penale.

Il Consiglio di Stato sostiene che nella pluralità di formule assolutorie di cui all'art. 530 c.p.p., danno diritto al rimborso delle spese solo quelle che consentono di dire accertata - secondo il sistema processuale penale - l'assenza di responsabilità rispetto ad atti e fatti connessi; senza tuttavia alcuna distinzione, all'interno di queste, tra i casi di ‘formula piena' e quelli in cui manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova (art. 530, comma 2, c.p.p.).

La decisione prende le mosse dall'articolo 18 della Legge n. 135/1997 che così espressamente dispone: "le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato".

Rimborso spese legali dipendenti pubblici: i presupposti del diritto

Nel motivare un simile assunto, i giudici di palazzo Spada hanno rinvenuto l'essenza del diritto al rimborso in capo ai dipendenti dell'amministrazione statale in due precipui presupposti:

1) l'esistenza di una connessione dei fatti e degli atti oggetto del giudizio con l'espletamento del servizio e l'assolvimento degli obblighi istituzionali

2) la presenza di una sentenza definitiva che abbia escluso la responsabilità del dipendente.

Quanto al primo requisito, i giudici amministrativi ritengono che la connessione debba sussistere sia al momento dell'avvio del processo, sia al momento della decisione, così che l'esclusione con sentenza definitiva della responsabilità del dipendente non può che essere per quei fatti e quegli atti connessi con l'espletamento del servizio e l'assolvimento degli obblighi istituzionali.

Con riferimento al secondo elemento, invece, secondo il Consiglio di Stato, l'art. 18 della l. n. 135, non discriminerebbe fra le diverse ipotesi di formule assolutorie prefigurate dall'art. 530 c.p.p. e non assegnerebbe all'Amministrazione un'area di discrezionalità che le consenta di sovrapporsi e sostituirsi a quella effettuata dal giudice penale (principio, peraltro, già sancito dal Cons. Stato, n.1778/2013).

Pertanto, ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso, non dovrebbe porsi alcun discrimine tra assoluzione con formula piena e quella con formula dubitativa.

Già l'Adunanza Generale aveva disposto con il provvedimento n. 20/2013 che l'art. 18, comma l, del Decreto Legge 25 marzo 1997, n. 67, con l'espressione «sentenza o provvedimento che escluda la responsabilità», dovesse riferirsi a qualunque sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 530 c.p.p., comprendendo, quindi, quella che si avvalga della cosiddetta formula dubitativa.

Consiglio di Stato, sentenza n. 6194/2017

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: