"In tema di responsabilità del medico per omessa diagnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata, il risarcimento dei danni che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento del ginecologo all'obbligazione di natura contrattuale gravante su di lui spetta non solo alla madre, ma anche al padre, atteso il complesso di diritti e doveri che, secondo l'ordinamento, si incentrano sul fatto della procreazione, non rilevando, in contrario, che sia consentito solo alla madre (e non al padre) la scelta in ordine all'interruzione della gravidanza, atteso che, sottratta alla madre la possibilità di scegliere a causa dell'inesatta prestazione del medico, agli effetti negativi del comportamento di quest'ultimo non può ritenersi estraneo il padre, che deve perciò ritenersi tra i soggetti protetti dal contratto
col medico e quindi tra coloro rispetto ai quali la prestazione mancata o inesatta può qualificarsi come inadempimento, con tutte le relative conseguenze sul piano risarcitorio". È quanto ha di recente stabilito la Corte di Cassazione (Sent. n. 20320/2005) confermando entrambe le sentenze dei giudici di merito e condannando un ospedale lombardo a risarcire due coniugi dei danni loro cagionati dall'errore di un ginecologo. Quest'ultimo, infatti, nel sottoporre ad accertamenti ecografici la donna alla ventunesima e trentesima settimana di gestazione, non rilevava alcuna anomalia nel feto che, invece, nasceva gravemente malformato. Con l'occasione la Suprema Corte ha, altresì, precisato che appartengono alla categoria del danno biologico quei danni non patrimoniali connessi alle "implicazioni quotidiane e destinati a protrarsi nel tempo" ? quali il "danno alla vita di relazione dei coniugi", il "danno psichico concretamente subito" e la "rottura dell'equilibrio familiare" - che si determinano inevitabilmente in seguito alla nascita di un bambino malformato.

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