La materia della privacy è attualmente regolamentata dal Decreto Legislativo del 30 giugno 2003 n. 196 e dalla Legge n. 633 del 1941. L'articolo 97 della Legge 633/1941 (legge sulla protezione del diritto di autore) individua e codifica una serie di circostanze che legittimano l'utilizzo dell'immagine altrui a prescindere dal consenso dell'interessato: ?Non occorre il consenso della persona ritrattata, quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico
o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata?. In assenza di tali esimenti, il consenso dell'interessato, è il principale elemento che esonera dalla responsabilità, il soggetto che espone, riproduce o mette in commercio l'immagine altrui. Nell'instaurazione di un rapporto di lavoro tra datore e dipendente, si rende necessario per il primo, raccogliere, acquisire e trattare una serie di dati del secondo, per il corretto svolgimento del rapporto contrattuale e in adempimento a specifiche disposizioni di legge. I dati sono raccolti e trattati dal datore di lavoro, previo invio di apposita informativa sulla privacy, alla quale deve seguire il consenso espresso dell'interessato. Vi sono dati, il cui eventuale rifiuto nel fornirli, renderebbe impossibile l'esecuzione del contratto
di lavoro, mentre vi sono altri dati la cui mancanza del consenso all'acquisizione da parte del dipendente, renderebbe l'esecuzione del rapporto contrattuale più difficoltoso, in vista della realizzazione degli obiettivi aziendali del datore di lavoro. A tal proposito il D. Lgs. 196/2003 impone al soggetto che acquisisce i dati, l'obbligo di indicare nell'informativa, le possibili conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere da parte dell'interessato. Esistono pertanto dati ed informazioni in riferimento ai quali, l'eventuale rifiuto a fornirli o al successivo trattamento può avere come conseguenza, l'impossibilità o la semplice difficoltà a dare esecuzione al contratto di lavoro. La mancanza del consenso al trattamento di dati necessari per dare esecuzione al rapporto di lavoro, comporterà l'impossibilità di dar corso allo stesso mentre, la mancanza del consenso in ordine a dati ritenuti come non strettamente necessari ma comunque definiti ?importanti? o ?utili? per l'azienda, verrà valutata di volta in volta dal datore di lavoro e comporterà le conseguenze rimesse alla sua scelta.
L'informativa da sottoporre al dipendente all'atto dell'assunzione, dovrà fare riferimento, non solo alla natura dei dati, ma anche alle finalità e modalità del trattamento e dovrà contenere gli estremi identificativi del titolare e degli incaricati al trattamento, dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza. L'articolo 7 del D. Lgs. 196/2003 sancisce che, l'interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte: ?a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano ancorché pertinenti allo scopo della raccolta; b) al trattamento di dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale?. Ci spostiamo pertanto sul piano dei motivi legittimanti un'eventuale mancanza del consenso da parte del dipendente o la sua successiva revoca. Per ?motivi legittimi? deve intendersi a parere dello scrivente, ragioni o esigenze obiettive e documentabili. Non esiste ad oggi, alcuna codificazione delle ragioni, legittimanti l'opposizione o la revoca del consenso al trattamento. Dovrà comunque trattarsi di argomentazioni serie e soprattutto, nell'ambito di un rapporto contrattuale in corso, il motivo del rifiuto o della revoca del consenso dovrà essere oggettivamente prevalente rispetto al motivo e all'esigenza che hanno indotto la controparte a richiedere l'acquisizione e il trattamento dei dati personali. Anche in presenza di un esplicito consenso al trattamento, la legge si preoccupa di disciplinare il modo in cui i dati debbano essere trattati. L'articolo 11 del D. Lgs 196/2003, impone che i dati acquisiti e trattati debbano essere pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per i quali sono raccolti o successivamente trattati. L'inserimento nei badge aziendali di informazioni sulla residenza o sui numeri telefonici personali del lavoratore, potrebbe essere ritenuta come illegittima, in quanto la comunicazione dei dati non sarebbe strumentale o connessa alle esigenze aziendali ed esporrebbe peraltro il dipendente al pericolo di molestie o contatti indesiderati da parte di altri lavoratori o terze persone, al di fuori dell'ambito e del contesto lavorativo. Il Garante ha specificato che, non risulta alcuna utilità che appaiano sul cartellino (badge) dati identificativi personali diversi dall'immagine fotografica, dal ruolo professionale svolto ed eventualmente da un nome, un numero o una sigla e che pertanto anche l'inserimento di informazioni relative all'età del dipendente sarebbero da considerare come elemento estraneo e sproporzionato rispetto ai fini aziendali. In ogni caso, ove l'inserimento di dati, informazioni o immagini, possa recare un danno oggettivo al soggetto interessato, egli avrebbe il diritto di opporsi al trattamento. In materia di informazioni personali, un nome od un cognome particolarmente ridicolo potrebbero legittimare una mancanza del consenso al trattamento e alla comunicazione a terzi, da parte dell'interessato. Anche in relazione all'eventuale esposizione di immagini fotografiche nel badge aziendale, riteniamo che una grave ed oggettiva imperfezione fisica o una deformazione del volto, possano essere considerate, se documentati, elementi sufficienti a legittimare il diniego del consenso all'inserimento della foto, e ciò per la loro oggettiva idoneità a procurare un danno al soggetto raffigurato. Il danno provocato sarebbe di natura non patrimoniale e consisterebbe nelle sofferenze psichiche patite dal soggetto raffigurato, derivanti dalla di egli convinzione che la diffusione del proprio ritratto possa suscitare sentimenti di ripugnanza o ilarità negli altri dipendenti o nel pubblico (danno esistenziale). Più complessa risulterebbe essere la prova di un danno di natura patrimoniale, anche se ipoteticamente si potrebbe configurare un danno da perdita di occasioni lavorative (minori chance di carriera a cagione del proprio aspetto o del proprio nome ? danno patrimoniale indiretto - ). Ovviamente esistono situazioni di non facile definizione e la cui potenzialità lesiva assume un carattere estremamente soggettivo. Per tale motivo si dovrebbe cercare di considerare come ?motivi legittimi? del diniego, elementi che oggettivamente sono idonei a determinare un danno al soggetto interessato. Resta pertanto inteso che l'eventuale opposizione o la richiesta di cancellazione di foto o dati personali del dipendente, debba essere bilanciata adeguatamente con il potere del datore di lavoro, di utilizzare gli stessi dati, ove essi siano evidentemente necessari, o comunque, contribuiscano al buon andamento dell'azienda o rispondano ad esigenze di trasparenza nei rapporti con il pubblico. Qualora il dipendente opponesse alla richiesta di trattamento dei dati, un rifiuto immotivato o pretestuosamente motivato, il datore di lavoro avrebbe il diritto di reiterare la richiesta, esortando il dipendente a specificare le motivazioni legittimanti il rifiuto, e chiedendogli di fornire elementi avvaloranti la legittimità dei motivi del diniego. Dal lato del dipendente, qualora egli ritenesse che i suoi dati vengono trattati in violazione della legge sulla privacy, è prevista, oltre all'ordinaria tutela giudiziale, la possibilità di ricorrere all'Ufficio del Garante. Ciò sarà possibile solo dopo avere avanzato richiesta di modifica o cancellazione dei dati al titolare o al responsabile e sia decorso il termine di 15 giorni, ovvero se è stato opposto alla richiesta un diniego anche parziale.
Autore: Matteo Santini

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