Per la Cassazione è suo l'onere di dimostrare che le complicanze insorte durante un intervento chirurgico siano derivate da omessa o insufficiente diligenza o da imperizia

di Valeria Zeppilli - Nei giudizi sulla responsabilità professionale per attività medico-chirurgica di routine, l'onere di superare la presunzione che le complicanze insorte nel paziente sono derivate da omessa o insufficiente diligenza professionale o da imperizia grava sul professionista.

Si tratta di un principio già più volte enunciato dalla Corte di cassazione e alla quale la stessa ha dato recentemente seguito con la sentenza numero 24074/2017 qui sotto allegata.

Evento imprevisto e imprevedibile

In particolare, il sanitario, per superare la predetta presunzione, deve dimostrare che le complicanze sono derivate da un evento imprevisto e imprevedibile tenendo conto della diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento.

Nel caso, quindi, di complicanze operatorie, l'indagine del giudice non può limitarsi al mero accertamento della loro insorgenza, ma deve estendersi alla verifica della loro imprevedibilità e inevitabilità e dell'inesistenza di un nesso causale tra le stesse e la tecnica operatoria prescelta dai medici. Infine, il giudice deve verificare anche l'adeguatezza delle tecniche scelte dal chirurgo per porre rimedio alle complicanze.

La censura del ricorrente

Per tale ragione, nel caso di specie la Corte ha ritenuto fondata la censura della paziente avverso la decisione del giudice dell'appello di escludere la responsabilità dei sanitari considerando la lesione iatrogena alla via biliare intervenuta durante un intervento come una mera complicanza statisticamente rilevata nella letteratura scientifica.

Si tratta, infatti, di un affermazione carente di supporto esplicativo e che non tiene conto che "la nozione di una "conseguenza inevitabile" determinata della corretta esecuzione della manovra operatoria non si concilia con la rilevazione statistica dell'evento lesivo soltanto "nell'1%" dei casi".

Corte di cassazione testo sentenza numero 24074/2017
Valeria Zeppilli

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