Breve analisi del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione ex art. 630 c.p.

di Raffaella Feola - Il delitto di "sequestro di persona a scopo di estorsione" è disciplinato dall'art. 630 c.p.

La ratio del reato ex art. 630 c.p.

La disposizione in esame trova fondamento non solo nella necessità di tutelare il patrimonio individuale, ma anche la libertà personale del singolo.

Il reato ex art. 630 c.p. è un reato comune, poiché non occorre una determinata qualità o qualifica per privare un soggetto della libertà personale e, per estorcere al sequestrato o a terzi un prezzo per la liberazione.

Essendo aggiunta alla privazione della libertà di cui all'art. 605 c.p., la componente dell'estorsione ex art. 629 c.p. si evince che ci troviamo davanti ad un reato dalla struttura complessa.

Elemento soggettivo

L'elemento soggettivo che integra il reato in esame è il dolo specifico, che è costituito dal voler privare un soggetto della libertà per conseguirne un profitto che, è richiesto come prezzo per la liberazione della vittima.

Forme di manifestazione del reato di sequestro di persona a scopo di estorsione

All'art. 630 c.p. il legislatore ha previsto una serie di forme di manifestazione del reato, che, si distinguono sia nel precetto che nella sanzione.

Ai commi 2 e 3 sono previste due ipotesi di fattispecie aggravata dall'evento morte del sequestrato.

La morte può essere una conseguenza voluta o meno dall'agente.

In relazione al comma 3, l'art. 630 c.p. prevede il caso in cui il sequestrato muore per volontà dell'agente.

In questo caso il reato è complesso poiché vi è non solo il sequestro ma anche la morte. La fattispecie di reato delineata è autonoma, non è un'aggravante.

Il comma 4, invece, prevede una pena ridotta nell'ipotesi in cui uno dei concorrenti si dissoci dal delitto volontariamente, adoperandosi di sua spontanea volontà a liberare la vittima sequestrata.

La privazione della libertà personale

Il delitto in esame è a forma libera, di conseguenza come affermato dalla Cassazione penale con sentenza 1371/1987, non è richiesto l'uso di mezzi particolari.

La privazione della libertà personale può essere provocata non solo con l'uso di violenza fisica o di minaccia, ma anche con l'inganno.

La violenza è intesa come l'uso dell'energia fisica tale da non permettere alcuna forma di resistenza, ma la Cassazione (con sentenza 14566/2005) ha delineato anche la forma della violenza morale che, ricorre quando pur in assenza di parole e di specifici atti intimidatori, si pone in essere un atteggiamento suscettibile di togliere alla persona offesa la capacità di determinarsi e di agire secondo la propria volontà.

Circa la minaccia essa va intesa come il prospettarsi di un male ingiusto e notevole, anche senza l'utilizzo di ulteriori strumenti coercitivi.

Il reato in questione, però, è perpetrabile anche attraverso l'induzione in errore di un soggetto.

La privazione della libertà può essere assoluta e relativa.

Nel primo caso vi è l'impossibilità assoluta di autoliberazione, nel secondo vi sono ostacoli che rendono difficile il recupero della libertà.

Leggi anche: Il reato di sequestro di persona ex art. 605 del codice penale


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