Per la Cassazione, la donna non solo non ha diritto all'aumento del mantenimento per la malattia che non incide sulla capacità lavorativa, ma finchè può lavorare l'assegno è sospeso

di Marina Crisafi - L'ex coniuge non può chiedere un aumento dell'assegno per intervenuta malattia, se questa è precedente alla separazione. Non solo. Se tale patologia non le impedisce di lavorare l'assegno è sospeso. Così ha stabilito la Cassazione, con la recente ordinanza n. 23322/2017 depositata il 5 ottobre (e sotto allegata), rigettando la richiesta di una donna separata per ottenere l'aumento dell'assegno.

La vicenda

La donna aveva rivendicato un aumento dell'assegno mensile in suo favore (e del figlio) da parte dell'ex marito, sulla base di una "sindrome miofasciale", intervenuta, a suo dire, dopo la separazione e presentando a tale scopo una copia della domanda di invalidità civile.

Per i giudici di merito, invece, la donna non ha alcun diritto di chiedere un aumento, giacchè "la malattia si era manifestata già prima della separazione" e la stessa domanda di invalidità era stata proposta prima dell'omologa, per cui, visto che non erano stati rilevati elementi sopravvenuti, era corretta anche la sospensione dell'assegno per la donna, almeno sino alla cessazione dell'attività lavorativa svolta.

Le tesi della donna di un presunto aggravamento intervenuto successivamente alla separazione, come rilevato dalla stessa Ctu, non reggono in Cassazione e gli Ermellini sposano la tesi del giudice di merito.

Assegno sospeso finchè l'ex coniuge può lavorare

Posto che "per chiedere la revisione delle condizioni della separazione personale occorre la rappresentazione di fatti diversi o nuovi - scrivono infatti i giudici - va rilevato che la stessa parte indica passi della Ctu ove si rileva che a seguito del ricovero ospedaliero è stata diagnostica alla stessa una 'predominante componente miofasciale', cosa quindi diversa dal rilevare che sia 'insorta' la malattia dopo la separazione".

Inoltre, la donna avrebbe dovuto allegare e far valere nel giudizio di merito l'incidenza della malattia sulla capacità lavorativa, mentre come correttamente rilevato dalla corte d'appello, concludono dal palazzaccio, "la signora continua a svolgere la sua attività e per il titolo professionale che possiede potrebbe svolgere anche attività per i privati". Il riicorso è pertanto ritenuto inammissibile.

Cassazione, ordinanza n. 23322/2017

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: