Per la Cassazione, il terzo proprietario delle cose confiscate non può fare nulla fino al giudicato

di Gianluca Giorgio - La seconda sezione della Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 5806 del 8 febbraio 2017 (qui sotto allegata), ha definitivamente applicato il divieto di ne bis in idem su identiche questioni. I giudici di piazza Cavour, con questa interessante sentenza, hanno affermato che, in presenza di un processo, unico ed autonomo, all'esito del quale il collegio giudicante emana una misura cautelare di confisca di un bene è assolutamente inutile per il terzo proprietario del bene in oggetto, instaurare un altro processo parallelo sulla misura in questione, se in presenza di una sentenza non irrevocabile.

In tal caso avremo: un processo autonomo sul quale potrebbe innestarsi un altro procedimento processuale sulla misura cautelare emanata dal precedente giudicante.

La pronuncia sul punto è estremamente illuminante in quanto stabilisce un divieto, di natura processuale, su identiche questioni. Pertanto il provvedimento giurisdizionale citato, in merito, ai differenti e possibili, orientamenti sul punto recita, che: "Secondo il primo di essi, permane l'interesse del proprietario di beni caduti in sequestro a contestare attraverso l'appello proposto al tribunale del riesame il permanere delle condizioni giustificative del vincolo, anche quando sia intervenuta sentenza non irrevocabile che abbia disposto la confisca degli stessi beni" (in motivazione la Corte ha chiarito che le statuizioni contenute in una sentenza

non ancora irrevocabile non mutano il titolo giuridico dell'ablazione) (cfr. sez. 3, n. 42362 del 18/09/2013). Secondo un orientamento contrapposto "invece, si e' affermato che in tema di misure cautelari reali, quando sia intervenuta una sentenza non irrevocabile di condanna, al terzo interessato e' precluso fino alla formazione del giudicato di rivolgersi al giudice della cognizione per far valere i propri diritti sui beni in sequestro" (cfr. sez. 2, n. 5380 del 10/01/2015).

La ratio della pronuncia è chiarissima: evitare una contrapposizione di giudicati su identiche questioni giuridiche assimilabili in un unico procedimento.

Per tale motivo il richiamato giudicante, in ossequio al principio giuridico della certezza dei rapporti sostanziali, ha inteso ribadire tale preclusione fino alla specifica formazione di un giudicato con immutabili e definitivi requisiti.

Solamente dopo l'emanazione del provvedimento giurisdizionale, con i richiamati presupposti, il terzo proprietario sarà legittimato ad impugnare la lamentata misura.


Cassazione, sentenza n. 5806/2017

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