Il contrasto giurisprudenziale sorto in seno alla Suprema Corte

di Manuele Merlo Serventi - Con la sentenza n° 25201/2016, la Corte di Cassazione ha sancito il principio di diritto secondo il quale il mero obiettivo del conseguimento del profitto può adeguatamente giustificare la soppressione di una prestazione lavorativa e, conseguentemente, integrare idoneo motivo oggettivo di licenziamento.

Così statuendo, il supremo consesso nomofilattico è giunto ad un approdo inedito, seppur in qualche modo presagito da precedenti decisioni.

Cass. n° 19185/2016 aveva, infatti, affermato che poteva costituire giustificato motivo oggettivo di licenziamento anche soltanto una diversa ripartizione di date mansioni fra il personale di servizio, attuata ai fini di una più economica gestione aziendale.

Sulla stessa lunghezza d'onda si erano, sostanzialmente, poste anche altre pronunce della Corte di Cassazione per cui il datore di lavoro può ricercare il profitto mediante la riduzione del costo del lavoro o di altri fattori produttivi ( Cass. n° 13516/2016) o - ancora - licenziare per giustificato motivo oggettivo il lavoratore in ipotesi di esternalizzazione del settore di attività ( Cass. n° 6346/2013).

Avverso l'orientamento giurisprudenziale sinora esposto ne sussiste, tuttavia, un altro di segno opposto per il quale il licenziamento per giustificato motivo oggettivo non deve risultare meramente strumentale ad un incremento del profitto ( Cass. n° 755/2012; Cass n° 1916/2011; Cass. n° 1230/2011).

In posizione intermedia tra i due orientamenti citati si trova una terza posizione per la quale è legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo purché volto a far fronte a sfavorevoli situazioni economiche non meramente contingenti, influenti in maniera decisiva sulla normale attività produttiva dell'impresa considerata ( Cass. 20534/2015; Cass. 5173/2015; Cass. 4299/2013).

Data la situazione come sopra descritta, è evidente che in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo sussista una giurisprudenza di Cassazione assai contrastante che potrebbe risolversi soltanto con un'apposita pronuncia resa a Sezioni Unite. 


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