Contorni giuridici del delitto con particolare riferimento alle differenze con altre fattispecie penali

di Giovanni Tringali - La truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche è punita dall'art. 640-bis c.p.

La dottrina maggioritaria, ma anche parte della giurisprudenza, considera la norma de qua non come una figura autonoma di reato, bensì una semplice "circostanza aggravante" della truffa semplice. D'altra parte, è di tutta evidenza che il legislatore si è limitato ad un richiamo per relationem all'art. 640 c.p., evitando l'indicazione espressa degli elementi costitutivi della norma che devono quindi considerarsi quelli propri della truffa semplice (artifici e raggiri, induzione in errore e connessa disposizione patrimoniale, ingiusto profitto dell'agente o di terzi, danno del soggetto passivo), con l'ulteriore aggiunta di due elementi circostanziali: le erogazioni pubbliche e la natura pubblica del soggetto passivo.

Occorre avvertire, tuttavia, che la giurisprudenza di legittimità è stata in passato prevalentemente orientata, in base a varie argomentazioni, a ritenere la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche come fattispecie autonoma di reato.

La norma

Art. 640-bis c.p. - Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

1. La pena è della reclusione da uno a sei anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

Bene giuridico protetto

Il patrimonio pubblico e il buon andamento della pubblica amministrazione erogante (reato plurioffensivo). A conferma della natura "circostanziale" del reato, in omaggio al criterio teleologico, si consideri che il bene giuridico tutelato è pur sempre il patrimonio del soggetto passivo (in questo caso "soggetto pubblico"). E' considerato reato di danno.

Soggetto attivo

Chiunque.

Soggetto passivo

Lo Stato, altri enti pubblici e le Comunità europee. Nel concetto di ente pubblico rientrano i soggetti, territoriali o istituzionali, dotati o privi di struttura associativa, caratterizzati dalla c.d. soggettività di diritto pubblico, concettualmente distinta dall'eventuale svolgimento di un pubblico servizio.

La estrema difficoltà di definire il perimetro concettuale della nozione di "ente pubblico" ha progressivamente comportato un'analisi di carattere casistico per definire tale categoria. Il problema ha assunto poi una dimensione ancora più rilevante a seguito del processo di privatizzazione di enti pubblici e la conseguente tendenza legislativa a riconoscere in capo a soggetti, operanti normalmente in campo privato, la titolarità o l'esercizio di compiti di spiccata valenza pubblicistica.

La Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla questione se debba riconoscersi natura pubblica o privata ad una società per azioni partecipata da un ente pubblico e concessionaria di opera pubblica, (e di conseguenza al possibile ruolo di soggetto passivo di truffa ex art. 640 comma 2 n. 1 della S.p.A. coinvolta nella vicenda) dava la seguente massima: "Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 640, comma secondo, n 1, cod. pen. può parlarsi di natura pubblicistica dell'ente concessionario se si accerta che l'affidamento da parte di un ente pubblico ad un soggetto esterno, da esso controllato, della gestione di un servizio pubblico, integra una relazione incentrata sull'inserimento del soggetto medesimo nell'organizzazione funzionale dell'ente pubblico, in modo che la società concessionaria si configuri come organo indiretto della p.a.. Ne consegue che, atteso il rapporto strumentale tra enti, non potrebbe parlarsi di danno all'ente partecipante quale mero effetto riflesso della partecipazione societaria" (cfr. Cass. n. 6773/2014).

In sostanza, ai fini della possibile applicazione dell'aggravante di cui all'art. 640 comma 2 n. 1, esiste il problema relativo all'esatta qualificazione di ente pubblico per una società di capitali concessionaria di un'opera pubblica. Il danno, poi, potrebbe essere patito sia dall'ente pubblico partecipante (in modo indiretto), sia dalla società concessionaria privata. In relazione al principio di legalità si pongono due questioni: una è quella relativa alla rilevanza penale del c.d. danno indiretto subito dall'ente pubblico, l'altra riguarda il caso che il danno venga patito solo dalla società concessionaria, ed allora diventa fondamentale stabilire se quest'ultima possa essere "sostanzialmente" considerata alla stregua di un ente pubblico e come tale tutelata dalla norma.

Elemento soggettivo

Trattandosi pur sempre di truffa, si tratta di dolo generico, con la precisazione che l'agente deve avere coscienza della natura delle erogazioni e della loro provenienza da un soggetto pubblico.

Come per la truffa semplice, vi è normalmente cooperazione della vittima "pubblica", nel senso che l'ente truffato cade nell'inganno per via dei raggiri o artifizi utilizzati dall'agente in conseguenza dei quali si verifica il danno patrimoniale e, contemporaneamente, la lesione dell'interesse alla libera formazione del consenso.

A differenza di quanto previsto per il reato di malversazione di cui all'art. 316-bis c.p., la condotta è penalmente rilevante anche indipendentemente dal successivo sviamento delle finalità per le quali i fondi pubblici sono stati ottenuti, nel senso che è sufficiente la fraudolenta captazione delle erogazioni pubbliche, a cui non si aveva diritto per mancanza dei requisiti previsti dalla legge.

Elemento oggettivo

La condotta consiste nel "fraudolento" (ovvero ingannevole) ottenimento dell'erogazione pubblica. L'elemento oggettivo è identico a quello dell'art. 640 c.p., con l'aggiunta dell'elemento specializzante che costituisce l'oggetto materiale della truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche: i contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo erogati dallo Stato, enti pubblici o Comunità Europee.

In sintesi:

1) l'agente deve aver indotto in errore il soggetto passivo,

2) in conseguenza dell'errore il soggetto passivo deve aver effettuato una disposizione patrimoniale, che gli causa un effettivo danno,

3) correlativamente al danno patrimoniale del soggetto passivo, deve verificarsi un ingiusto profitto[6] per l'agente o altra persona.

Corre l'obbligo di precisare che oggi la prevalente dottrina e quasi tutta la giurisprudenza sostengono che la semplice menzogna possa dar luogo al reato di truffa, affermando che gli artifici e raggiri di cui all'art. 640 c.p. possano essere realizzati con qualsiasi simulazione o dissimulazione o altro mezzo, al fine di indurre taluno in errore.

Nel caso di specie, tuttavia, occorre essere maggiormente prudenti e rispettosi del principio di legalità: non si può sottacere che esiste un potere/dovere dell'ente pubblico di compiere gli opportuni accertamenti in ordine alla veridicità delle dichiarazioni o della documentazione prodotta da parte di coloro che richiedono i contributi pubblici.

Ciò induce a ritenere che normalmente la circostanza aggravante de quo, a differenza della truffa semplice, non si realizza con la semplice menzogna od omissione di informazioni all'ente pubblico erogante, nel senso che occorrerebbe valutare quanto il comportamento dell'ente ingannato abbia effettivamente inciso sull'evento "errore".

Allora la domanda è: se da una parte l'ente pubblico non ha effettuato i doverosi e scrupolosi controlli prima di erogare il denaro pubblico e dall'altra l'agente, per ottenere tale erogazione, si è avvalso di semplici menzogne od omissioni di informazioni, siamo in presenza di reato?

Se si riuscisse a provare che l'induzione in errore, la conseguente disposizione patrimoniale e il relativo danno al patrimonio pubblico non si sarebbero verificati qualora l'ente pubblico avesse eseguito i dovuti controlli sui requisiti del soggetto richiedente, allora qualche dubbio circa la sussistenza della fattispecie penale di certo nasce.

In sostanza, se è vero che affinché vi sia truffa occorre un effettivo nesso di causalità tra gli artifici e raggiri, l'errore e la determinazione del consenso dell'ente truffato all'atto dispositivo, nel caso specifico dell'art. 640-bis c.p. appare opportuno verificare come l'ente pubblico sia caduto in errore, ovvero, per dirla con una inelegantia iuris, se quest'ultimo non ci abbia messo del suo.

Oggetto materiale della condotta

E' ciò che caratterizza l'aggravante in questione: si tratta non solo di contributi, finanziamenti e mutui agevolati, ma di tutte le varie forme di concessione di denaro o di beni erogati da soggetti di diritto pubblico. Un tanto è confermato dall'uso della locuzione finale "altre erogazioni dello stesso tipo comunque denominate", che ovviamente finisce per togliere rilievo alle formule precedenti.

Dobbiamo osservare che il concetto di patrimonio cui fa riferimento la norma in esame è quello pubblico, cosa ben diversa dal patrimonio privato. Difatti, il patrimonio pubblico è generalmente finalizzato a soddisfare scopi pubblici.

Il problema è che se intendiamo il concetto di patrimonio pubblico come insieme di mezzi e risorse diretti ad uno scopo, allora potrebbe diventare rilevante anche il c.d. danno da sviamento o funzionale.

Ribadito che è sufficiente, ad integrare la fattispecie, la fraudolenta captazione delle erogazioni pubbliche occorre domandarsi cosa succede nei casi di truffa aggravata contro enti pubblici in cui non si verifica quella effettiva deminutio patrimoni tradizionalmente ritenuta essenziale per integrare la truffa semplice. Si cita a tal proposito un passo della sentenza della Cassazione n. 26351/2002: "Quando lo Stato o la Unione europea stanzia in bilancio fondi da destinare a finanziamenti per aiutare - ad esempio - imprese aventi particolari requisiti, l'illecita captazione del finanziamento, carpita rappresentando fraudolentemente requisiti inesistenti, può avere l'effetto di sottrarre il finanziamento ad altre imprese in possesso dei requisiti di legge, ma non quello di provocare uscite di bilancio superiori a quelle stanziate dall'ente erogatore".

Si pensi al fenomeno delle scatole cinesi o al caso in cui il soggetto beneficiario delle erogazioni sia in realtà controllato per almeno il 51% da un altro soggetto non avente i requisiti per ottenere le risorse pubbliche.

In altri termini, la nozione di patrimonio potrebbe essere intesa in senso dinamico o funzionale, come corretta allocazione delle risorse pubbliche, sicché il danno patrimoniale subìto dall'ente pubblico consisterebbe nello sviamento dal vincolo di destinazione delle risorse verso lo scopo pubblico o la destinazione verso soggetti diversi da quelli reali.

In verità, una cosiffatta nozione di patrimonio pubblico rischia di far confondere la "fraudolenta captazione" (fraudolenta rappresentazione dei presupposti) con la "indebita utilizzazione" (sviamento della finalità) delle sovvenzioni e dei contributi pubblici (ipotesi, quest'ultima, rientrante nel meno grave reato di malversazione a danno dello Stato di cui all'art. 316-bis c.p.).

Ciò che si vuole mettere in evidenza è che nel caso della truffa aggravata, a differenza della truffa semplice, il fatto che non si verifichi una diminuzione del patrimonio pubblico non è sufficiente ad escludere la sussistenza del reato perché andrebbe considerato "danno" anche la captazione di risorse pubbliche da parte di "soggetti diversi" da quelli aventi titolo: vi è in sostanza una natura pubblicistica dell'erogazione a destinazione vincolata verso soggetti ben individuati aventi determinati presupposti per ricevere i fondi pubblici.

Ultima precisazione: l'oggetto materiale della condotta è legato ai verbi "concedere o erogare" e di conseguenza dovrebbe riguardare solamente qualcosa che è destinato ad uscire o che effettivamente esce dal patrimonio pubblico. A rigor di logica non dovrebbe riguardare ciò che invece non entra come ad es. nel caso dell'ottenimento fraudolento dell'esenzione dal pagamento del ticket sanitario. In questo caso non fuoriescono risorse pubbliche, ma semmai viene erogato un servizio senza una contropartita economica.

Consumazione

Non vi è uniformità di vedute circa il momento consumativo: alcuni ritengono integrata la fattispecie al momento del verificarsi del danno. Alcuni ritengono indispensabile la realizzazione sia del danno sia del profitto, pertanto dovrebbe parlarsi di consumazione solo se dopo l'effettiva erogazione del contributo vi sia realizzazione, da parte dell'agente, dell'ingiusto profitto.

Io mi limito ad osservare che la norma fa riferimento a fondi pubblici "concessi" o "erogati" con la conseguenza che se il legislatore ha voluto usare due verbi diversi evidentemente ha voluto equiparare due situazioni distinte (che possono verificarsi in momento diversi, l'una indipendentemente dall'altra) ovvero la concessione e l'erogazione, al cui verificarsi scatta la sussistenza dell'aggravante.

Problemi sorgono nell'individuazione del momento consumativo nei casi di erogazioni in forma rateale. La giurisprudenza, ritenendo che in concreto si tratti di un reato a "consumazione prolungata" che inizia con la percezione della prima rata e si conclude con la ricezione dell'ultima dilazione del finanziamento, ritiene che la consumazione coincida con la cessazione dei pagamenti, segnando tale momento anche la fine dell'aggravamento del danno.

Prescrizione

Trattandosi di delitto, il reato si prescrive in sei anni.

Tentativo

I confini giuridici del tentativo punibile sono influenzati dal concetto di momento consumativo che si predilige. Alcuni pensano (cfr. Antolisei) che il reato si consumi già al completamento dell'iter necessario per la concessione del beneficio a prescindere dal fatto che il beneficio sia erogato. Altri ritengono che la consumazione coincida con l'erogazione del contributo pubblico (danno), altri ancora che occorra la verificazione dell'ingiusto profitto per l'agente.

In ogni caso, il tentativo sembra possibile.

Procedibilità

D'ufficio.

Differenza con l'aggravante di cui all'art. 640, comma 2, n. 1 e con altre figure


Innanzitutto vediamo la truffa semplice aggravata:

Art. 640 c.p. - Truffa

"2. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549:

1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;"

Si parla di circostanze aggravanti oggettive quando si tratta di circostanze che riguardano o le modalità dell'azione o le qualità del soggetto passivo. La circostanza aggravante di cui al n. 1 «se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico» (c.d. truffa in danno dello Stato) è un'aggravante ad effetto speciale in quanto la legge determina la misura della pena entro una nuova cornice edittale in modo indipendente da quella ordinaria del reato.

Tale aggravante ha l'evidente funzione di prestare una tutela rafforzata al patrimonio della Pubblica Amministrazione e presuppone che lo Stato o l'ente pubblico assuma le vesti del soggetto direttamente danneggiato dal fatto costituente reato.

La differenza con l'aggravante di cui all'art. 640-bis, a prima vista, sembra essere legata all'oggetto materiale costituito da "contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate" che contraddistingue quest'ultima fattispecie.

La giurisprudenza si è interrogata in merito alla punibilità ai sensi dell'art. 640-bis c.p. delle ipotesi di truffa aventi ad aggetto "indennità di natura previdenziale o assistenziale".

Secondo un certo orientamento (basato sull'oggetto della condotta), le ipotesi di truffa relative all'indennità di maternità e le altre indennità con natura assistenziale o previdenziale elargite dall'Inps, sono punibili ai sensi dell'art. 640 comma 2 n. 1, perché si ritiene che tali erogazioni non rientrino tra quelle elencate dalla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis c.p., che si riferirebbero esclusivamente ai casi di illecita o fraudolenta percezione di contributi pubblici di carattere economico - finanziario a sostegno dell'economia e delle attività produttive (cfr., tra le altre, Sent. n. 2286 del 19/03/1999, dep. 12/05/1999).

In particolare, sia con la sentenza n. 26919 del 20 luglio 2005, sia con la sentenza n. 7569 del 2 marzo 2006 si afferma che l'oggetto materiale dell'art. 316-ter e dell'art. 640-bis non può essere ricondotto a erogazioni di natura assistenziale o previdenziale.

Sulla stessa scia, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 32849 del 13 agosto 2007 si è affermato che la condotta connotata da artifici e raggiri, consistente nella falsa attestazione di essere nelle condizioni previste dalla legge per poter conseguire l'esenzione dal pagamento del ticket sanitario, integra il reato di truffa aggravata ex art. 640 comma 2 n. 1 e non quello di cui all'art. 316-ter c.p.

Nello stesso senso la Cassazione si è espressa in merito alla condotta di chi rende dichiarazioni mendaci in ordine alle proprie condizioni personali, familiari e patrimoniali, al fine di ottenere l'erogazione dell'indennità da c.d. "reddito minimo di inserimento" previsto dall'art. 8 del D.lgs. 18 giugno 1998, n. 237, in quanto rientrante tra le erogazioni di natura assistenziale.

Cambiando invece orientamento si è deciso che è configurabile il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.) nella condotta dell'agente che renda dichiarazioni mendaci in ordine alle proprie condizioni personali, familiari e patrimoniali al fine di ottenere l'erogazione di indennità di natura assistenziale (nella specie, il c.d. "reddito minimo di inserimento") (Cass. n. 34437/2006).

A sostegno di questa seconda interpretazione vi sarebbe la previsione - al secondo comma dell'art. 316-ter - della soglia minima di circa quattromila euro che difficilmente può riferirsi ad erogazioni a sostegno delle attività economico-produttive normalmente di importo più elevato. Sarebbe irragionevole che tali attività illecite di minore gravità fossero ricondotte alla fattispecie di truffa aggravata ai danni dello stato ex art. 640 c.p. comma 2 n. 1 o addirittura alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis c.p..

Il problema a questo punto è che, ammettendo la configurazione del reato di cui all'art. 316-ter c.p. nel caso di indebita percezione di contributi di natura previdenziale od assistenziale allora può configurarsi anche la truffa aggravata ex art. 640-bis c.p. visto che richiama il medesimo oggetto (contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate).

In realtà, siccome gli articoli 316-ter e 640-bis c.p., reprimono la percezione di per sè indebita dei contributi (le norme richiamano il medesimo oggetto ossia "contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate") indipendentemente dalla loro successiva destinazione, essi sono applicabili anche a erogazioni non condizionate da particolari destinazioni funzionali, come appunto i contributi assistenziali o previdenziali.

Allora il problema diventa un altro, ossia quello di distinguere la truffa semplice aggravata ex art. 640 comma 2 n. 1 (reclusione da uno a cinque anni) dalla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis (reclusione da uno a sei anni).

Al contrario, non sembrano esserci problemi per distinguere le norme richiamate dall'art. 316-bis (malversazione a danno dello Stato) essendo quest'ultima una disposizione che reprime la distrazione dei contributi pubblici dalle finalità pubbliche per le quali sono stati erogati: non può che riferirsi a erogazioni connotate, appunto, da un tale vincolo di destinazione.

E difatti, come giustamente osservato da alcuni autori (cfr. S. Finocchiaro in DPC) e dalla stessa giurisprudenza (cfr. da ultimo la Sentenza della Cassazione del 23 febbraio 2017, non ancora depositata), il reato di malversazione può concorrere con quello di truffa aggravata per il conseguimento di pubbliche erogazioni.

Considerando che il reato di cui all'art. 316-bis c.p. non postula che l'erogazione sia stata conseguita con artifici o raggiri, è ipotizzabile una situazione nella quale il beneficiario abbia "legittimamente" ricevuto il denaro pubblico (senza quindi commettere la truffa aggravata), ma versi poi in illecito nel momento in cui lo destina a scopi diversi da quelli in vista dei quali era stato erogato.

Viceversa, è ipotizzabile che l'agente abbia dapprima ottenuto le erogazioni "illecitamente" e successivamente le abbia utilizzate anche per scopi diversi da quelli previsti dalla legge. In tal caso, vi è spazio per applicare separatamente le due norme visto che la truffa aggravata ex art. 640-bis reprime la frode per mezzo della quale l'erogazione pubblica viene ottenuta, mentre il successivo comportamento consistente nel non destinare le risorse alle finalità previste dalla legge (letteralmente "iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse") costituisce il diverso reato di malversazione a danno dello Stato.

Il caso pratico

Una società agricola (Alfa) è intenzionata ad acquistare un immobile costituito da un terreno di vari ettari per potervi svolgere l'attività di coltivazione del fondo e l'esercizio di un agriturismo. Il terreno è di proprietà di una società di capitali (Beta) la quale vuole realizzarne in contanti il valore di mercato.

Non avendo la società Alfa disponibilità sufficienti per acquistare in contanti l'immobile da Beta (e non riuscendo ad ottenere un mutuo dal ceto bancario), le parti cercano l'aiuto di un ente pubblico, l'ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) che possa interporsi nella vendita e finanziare l'acquisto. Alla data stabilita l'ente pubblico compra il terreno per una certa cifra da Beta e immediatamente lo rivende ad Alfa prevedendo il pagamento di rate semestrali, per un periodo di trenta anni, con riserva della proprietà, per un prezzo leggermente superiore.

In tal modo l'ente pubblico (nella duplice veste di acquirente e venditore) di fatto finanzia l'operazione di acquisto da parte dell'acquirente, ed è tutelato contro il rischio di inadempimento dal meccanismo della riserva di proprietà. Una buona operazione visto che l'acquirente Alfa assume immediatamente a proprio carico i rischi relativi all'immobile, ma non ne acquista la proprietà fino al pagamento dell'ultima rata di prezzo; inoltre, Alfa deve sostenere le spese di manutenzione ordinarie e straordinarie dell'immobile dal momento dell'atto, pur non essendone ancora proprietario.

Il medesimo giorno però succede un'altra cosa, ossia il rappresentante della società Alfa - unico proprietario delle quote sociali - cede il 51% delle stesse proprio alla società Beta che in tal modo ne diventa socio maggioritario. Per complicare le cose immaginiamo che in realtà le quote siano cedute per il 10% alla società Beta e per il restante 41% ad un prestanome che le detiene per conto della società Beta.

Immaginiamo che sia trascorso il periodo di trentanni e che tutte le rate siano state onorate, di conseguenza Alfa diventa a tutti gli effetti proprietaria dell'immobile grazie all'atto di quietanza che consentirà di far risultare nei registri immobiliari il venir meno della riserva di proprietà.

A questo punto il prestanome cede il suo 41% delle quote alla società Beta che quindi diviene, anche formalmente, socio maggioritario di Alfa. In questa sua qualità decide di sostituire l'amministratore di Alfa e di rivendere i terreni nel frattempo rivalutati realizzando una rilevante plusvalenza.

A questo punto c'è da chiedersi se non vi siano fatti costituenti reato. Da una parte abbiamo un finanziamento pubblico che è andato a favore di un soggetto che ne aveva titolo e nel tempo ha effettivamente coltivato il fondo apportandone anche dei miglioramenti. Dall'altra, alla scadenza dell'ultima rata, il soggetto beneficiario del finanziamento ha effettivamente acquisito la piena proprietà dell'immobile che però subito dopo, essendo Alfa passata sotto il controllo di Beta, è stato rivenduto così realizzando quest'ultima società un consistente profitto.

Per verificare se si sia concretizzata la truffa aggravata ex art. 640-bis non ci resta che esaminare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie. Sembra opportuno cominciare dall'esistenza di un danno per il patrimonio pubblico. Ebbene, non vi è stata una deminutio patrimoni, anzi, il pagamento completo di tutte le rate ha portato l'ISMEA a guadagnare qualcosa in termini di differenza tra prezzo di acquisto e prezzo finale di vendita. Non vi è stato neanche uno sviamento delle finalità per le quali il finanziamento era stato erogato in quanto la società Alfa ha, per trenta anni, coltivato il fondo. Non c'è danno e di conseguenza non c'è truffa.

Chiediamoci però se non vi sia stata la fraudolenta captazione dei fondi pubblici. Supponiamo che le due società si siano messe d'accordo sin da subito, l'una di cedere il 51% delle quote e l'altra di assumerle. Se l'ISMEA avesse saputo della cosa probabilmente non avrebbe proceduto con il finanziamento ad Alfa. In questo senso l'ISMEA è in qualche modo stato ingannato. In realtà, il soggetto beneficiario del finanziamento è effettivamente Alfa che provvede a coltivare il fondo (rispettando quella "finalità pubblica" delle risorse statali). In questo senso va intesa la "dinamicità" del patrimonio pubblico ovvero come corretta allocazione delle risorse pubbliche. Non sembra possibile ravvisare la truffa aggravata.

Ipotizziamo adesso che Alfa dopo aver pagato le prime due rate semestrali, smetta di versare quanto dovuto ad ISMEA. A questo punto l'ente pubblico può pretendere che il contratto venga rescisso con applicazioni di eventuali penali stabilite nel contratto di compravendita stesso. In tal caso l'ente pubblico rientrerebbe nella piena disponibilità del bene (la proprietà non l'ha mai persa), anche se nel frattempo ha sborsato in contanti una certa somma di denaro a favore di Beta per l'acquisto del terreno. Anche in questo caso, non sembra esserci nulla di penalmente rilevante.

Il discorso sarebbe diverso se le due società si fossero messe d'accordo per truffare l'ISMEA in questo modo: Beta deve vendere il terreno ma non trova alcun acquirente. Conosce un tizio che si propone di costituire una società agricola al fine di avviare una pratica di finanziamento con ISMEA per l'acquisto del terreno. In tal modo l'ente pubblico, convinto della bontà dell'operazione, procede con l'acquisto da Beta e la contemporanea rivendita con patto di riservato dominio del terreno a favore di Alfa. Quest'ultima società paga solo una prima rata del finanziamento, ma abbandona subito il fondo causandone un forte deprezzamento. In questo caso l'ISMEA subisce un effettivo danno patrimoniale, mentre Beta (che era d'accordo sin dall'inizio con la società agricola Alfa) ha già monetizzato per la vendita effettuata, realizzando un effettivo profitto.

Quest'ultimo esempio ci mostra come a volte le cose sono molto complesse. C'è un esborso di fondi pubblici ma non si tratta di un finanziamento classico; c'è un danno ma non si tratta dell'esborso della prima somma di denaro alla società Beta; il danno al patrimonio pubblico si verifica a seguito della perdita di valore del terreno lasciato incolto e quindi si tratta di un danno a formazione progressiva (se l'ISMEA dovesse rivendere il terreno, il danno sarebbe dato dalla minor somma realizzata ovvero dalla differenza di prezzo ricavato rispetto al prezzo originario di acquisto); il momento consumativo della truffa, se si sposa l'idea che tale momento sia collegato al verificarsi del danno, è di molto successivo al verificarsi dell'inganno; l'illecita captazione dei fondi pubblici si verifica già nel momento in cui l'ISMEA paga il terreno alla società Beta; il profitto, di per sé lecito e tutelato dall'ordinamento giuridico in quanto derivante dalla compravendita, è in realtà ingiusto perché realizzato attraverso la creazione di una società agricola ad hoc che si è finta interessata ad acquistare il terreno per svolgervi l'attività di coltivazione.

La truffa aggravata, insomma, potrebbe sussistere essendosi verificati artifici e raggiri idonei ad indurre in errore la vittima, la disposizione patrimoniale, il danno e l'ingiusto profitto.

Giurisprudenza

a. Sulla natura della norma

Come detto non vi è uniformità di vedute in giurisprudenza e in dottrina circa la natura della fattispecie in oggetto. La cosa non è certo di poco rilievo soprattutto in considerazione del possibile bilanciamento delle circostanze attenuanti che possono di fatto attenuare di molto l'entità della pena comminata. Per quanto importante, non si ritiene di approfondire tale tema in questa sede; a titolo di esempio si riportano due sentenze contrapposte.

La fattispecie di cui all'art. 640 bis cod. pen. costituisce un'aggravante del delitto di truffa di cui all'art. 640 cod. pen. e non figura autonoma di reato, con la conseguenza che al fine di determinare il tempo occorrente per il decorso della prescrizione, nel caso di reato consumato in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005, n. 251, bisogna tener conto delle attenuanti concesse e del loro bilanciamento con la suddetta aggravante. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto prescritto il reato, per il quale erano state concesse le attenuanti generali equivalenti all'aggravante, entro il termine di sette anni e sei mesi, comprensivo delle interruzioni) (Sez. 3, Sentenza n. 44446 del 15/10/2013).

L'articolo 640 bis cod. pen. (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) prevede una figura autonoma di reato e non una circostanza aggravante del delitto di truffa di cui all'art. 640 dello stesso codice (Sez. 2, Sentenza n. 11077 del 20/10/2000).

b. Condotta

La condotta del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche può essere integrata anche da fatti consistenti in una "immutatio veri" di per sé non costituente il reato di falso (Nel caso di specie la Corte ha reputato significativa l'indicazione, tra le spese per le quali era stata richiesta l'erogazione di un contributo regionale, di esborsi per consulenza riguardanti un oggetto diverso da quello indicato, in relazione ai quali il contributo non sarebbe stato erogabile) (Sez. 2, Sentenza n. 35197 del 02/07/2013).

In tema di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis cod. pen.), integrano gli artifici e raggiri, idonei ad indurre in inganno l'ente erogatore, le false dichiarazioni del privato - che richieda alla Regione un contributo straordinario per l'abbattimento di tutti i bovini della sua stalla, affetti da brucellosi - in ordine all'intervenuto abbattimento di tutti gli animali presenti nella stalla, mentre in realtà alcuni erano stati tenuti in vita e occultati alla visita degli ispettori (Sez. 5, Sentenza n. 21083 del 14/04/2004).

Nel delitto di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche il danno patrimoniale dell'ente pubblico è qualificato dalle finalità pubblicistiche e perciò sussiste allorché le stesse risultino vanificate, identificandosi con il "danno emergente" sorto al momento della elargizione in denaro in conseguenza di una falsa prospettazione riguardante la spesa (Fattispecie nella quale la Regione Friuli Venezia Giulia era stata indotta mediante artifici e raggiri all'erogazione di un mutuo in assenza dei presupposti previsti per l'erogazione) (Sez. II, Sent. n. 2892 del 18/10/2011).

c. Oggetto materiale della condotta

In materia di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, le somme provenienti da un pubblico finanziamento continuano ad essere di proprietà pubblica anche nel momento in cui entrano nella disponibilità materiale dell'ente privato finanziato, rimanendo integro il vincolo originario della loro destinazione al fine per il quale sono state erogate (Fattispecie in tema di pubblici finanziamenti erogati dal CONI alla F.I.G.C. e da quest'ultima ad una società calcistica per effetto dell'operato illecito dei suoi amministratori, in cui la Corte ha affermato la natura pubblicistica dell'erogazione operando la Federazione come organo del Comitato Olimpico) (Sez. 2, Sentenza n. 7736 del 22/11/2011).

In materia di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, il concetto di contributo, finanziamento o mutuo agevolato, richiamato dall'art. 640 -"bis" cod. pen., va ricompreso nella generica accezione di sovvenzione, concretizzandosi in una attribuzione pecuniaria che trova il suo fondamento e la sua giustificazione nell'attuazione di un interesse pubblico. Ne consegue che le somme provenienti da un pubblico finanziamento, anche in ragione dell'obbligo di rendiconto e di restituzione degli eventuali residui di gestione, continuano ad essere di proprietà pubblica anche nel momento in cui entrano nella disponibilità materiale dell'ente privato finanziato, rimanendo integro il vincolo originario della loro destinazione al fine per il quale sono state erogate. (Fattispecie in tema di pubblici finanziamenti erogati per la realizzazione di corsi di formazione) (Sez. 2, Sentenza n. 19539 del 25/02/2011).

Non è configurabile il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316 ter cod. pen.), né quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis cod. pen.), bensì eventualmente quello di truffa aggravata in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640, comma secondo, numero 1, cod. pen.), nella condotta di chi, mediante false dichiarazioni sulla propria situazione patrimoniale, ottenga l'erogazione dell'indennità da "reddito minimo d'inserimento" prevista dal D.Lgs. 18 giugno 1998 n. 237. Ciò in quanto le erogazioni pubbliche di natura assistenziale non possono ricomprendersi tra le "erogazioni pubbliche" prese in considerazione dalle norme incriminatrici di cui agli artt. 316 ter e 640 bis cod. pen., riferendosi queste ultime esclusivamente alle erogazioni di carattere economico-finanziario previste a sostegno delle attività economiche e produttive. (Nella fattispecie, la Corte, accogliendo il ricorso del procuratore generale, ha quindi annullato con rinvio la sentenza di secondo grado che aveva ravvisato il meno grave reato di cui all'articolo 316-ter cod. pen., riqualificando l'originaria contestazione ex articolo 640, comma secondo, numero 1, cod. pen., ritenuta dal giudice di primo grado) (Sez. 6, Sentenza n. 21112 del 02/03/2006).

L'indebito conseguimento di rimborsi, conguagli di disoccupazione o altre elargizioni previdenziali da parte dell'INPS a favore di lavoratori agricoli è riconducibile all'ipotesi delittuosa prevista dall'art. 640, comma secondo, n. 1 cod. pen. Ed invero, il concetto di contributo, finanziamento o mutuo agevolato, richiamato dall'art. 640-bis cod. pen., non è assimilabile a quello di rimborsi e conguagli di disoccupazione, ma va ricompreso nella generica accezione di sovvenzione, concretizzandosi in una attribuzione pecuniaria che trova il suo fondamento e la sua giustificazione nell'attuazione di un interesse pubblico. Ne consegue che l'ipotesi delittuosa prevista dall'art. 640-bis cod. pen. è applicabile solo quando la fraudolenta captazione di una pubblica sovvenzione sia riferibile a un'opera o a un'attività di interesse pubblico, mentre in tutte le restanti ipotesi di illecito conseguimento di pubblico danaro dovrà applicarsi l'ipotesi della truffa aggravata prevista dall'art. 640, comma secondo, n. 1 cod. pen. (Sez. 1, Sentenza n. 4240 del 08/06/1999).

Per "erogazioni pubbliche", cui si riferisce l'art. 640 bis cod. pen. debbono intendersi soltanto quelle finalizzate alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di interesse pubblico, rimanendone quindi escluse le indennità di natura previdenziale o assistenziale (come quella prevista per le lavoratrici madri), la cui fraudolenta percezione può rendere configurabile il reato di truffa aggravata in danno dello Stato o di altro ente pubblico, ai sensi dell'art.640, comma secondo, n.1, cod. pen. (Sez. 1, Sentenza n. 2286 del 19/03/1999).

Nel delitto di cui all'art. 640-bis c.p. (truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche) il danno patrimoniale dell'ente pubblico si identifica non con il lucro cessante, bensì soltanto con il "danno emergente" sorto al momento della elargizione in denaro in conseguenza di una falsa prospettazione riguardante la spesa. Ne consegue che è ravvisabile il suddetto delitto nell'ipotesi in cui, al di là della effettiva realizzazione dei lavori finanziati, siano state prospettate modalità di esecuzione degli stessi del tutte diverse da quelle utilizzate (nella specie, relativa ad un finanziamento erogato dall'IRFIS, gli imputati avevano creato un fittizio rapporto di appalto e allegato falsa documentazione fiscale e contabile) (Sez. VI, Sent. n. 38 del 08/01/2004).

d. Distinzione con altre figure di reato similari

Il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato o di enti pubblici si distingue da quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, perché la condotta non ha natura fraudolenta, in quanto la presentazione delle dichiarazioni o documenti attestanti cose non vere costituisce "fatto" strutturalmente diverso dagli artifici e raggiri, e per l'assenza della induzione in errore (Cfr. Corte cost. n. 95 del 2004) (Sez. 2, Sentenza n. 46064 del 19/10/2012).

Il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter cod. pen.) differisce da quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis cod. pen.) per la mancanza dell'elemento dell'induzione in errore, la quale può anche desumersi dal falso documentale allorché lo stesso, per le modalità di presentazione o per altre caratteristiche, sia di per sé idoneo a trarre in errore l'autorità. (In motivazione la Corte ha precisato che l'accertamento della sussistenza dell'induzione in errore costituisce una tipica indagine di fatto rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata) (Sez. 3, Sentenza n. 2382 del 01/12/2011).

La linea di discrimine tra il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni e quello di truffa aggravata finalizzata al conseguimento delle stesse va ravvisata nella mancata inclusione tra gli elementi costitutivi del primo reato della induzione in errore del soggetto passivo. Pertanto qualora l'erogazione consegua alla mera presentazione di una dichiarazione mendace senza costituire l'effetto dell'induzione in errore dell'ente erogante circa i presupposti che la legittimano, ricorre la fattispecie prevista dall'art. 316 ter cod. pen. e non quella di cui all'art. 640 bis cod. pen. (Fattispecie avente ad oggetto il conseguimento di un finanziamento regionale per l'acquisto di un computer sulla base di una dichiarazione attestante un reddito imponibile non corrispondente a quello reale) (Sez. 6, Sentenza n. 30155 del 26/06/2007).

La fattispecie criminosa di cui all'art. 316-ter cod. pen. ha carattere residuale e sussidiario rispetto alla fattispecie di truffa aggravata e non è con essa in rapporto di specialità, sicché ciascuna delle condotte ivi descritte (utilizzo o presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, e omissioni di informazioni dovute) può concorrere ad integrare gli artifici ed i raggiri previsti dalla fattispecie di truffa, ove di questa figura criminosa siano integrati gli altri presupposti, come si verifica qualora le falsità o le omissioni si traducano in una artificiosa rappresentazione della realtà idonea ad indurre in errore quanti, non per scelta soggettiva ma in ragione del carattere giuridicamente fidefaciente degli atti o documenti ad essi destinati, siano tenuti a fare sugli stessi affidamento. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata configurata l'ipotesi della truffa aggravata in un caso in cui erano stati ottenuti finanziamenti in favore di una società commerciale mediante artifizi contabili e false fatturazioni) (Sez. 2, Sentenza n. 30729 del 06/07/2006).

Il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche differisce da quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche per la mancanza dell'elemento dell'induzione in errore, la quale può anche desumersi dal falso documentale allorché lo stesso, per le modalità di presentazione o per altre caratteristiche, sia di per sé idoneo a trarre in errore l'autorità. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto artificiosa - e pertanto idonea ad integrare il reato di truffa in danno di ente pubblico - la falsa attestazione, sottoscritta con firma apocrifa di cui l'imputato aveva consapevolezza, di essere nelle condizioni per poter beneficiare dell'indennità di disoccupazione) (Sez. 2, Sentenza n. 49464 del 01/10/2014).

Integra il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, e non già il reato meno grave di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, la condotta di allegazione di fatture per operazioni inesistenti volta al conseguimento dell'erogazione dal Ministero dell'industria, del Commercio e dell'Artigianato di una cospicua somma di denaro a titolo di agevolazione prevista dalla legge n. 488 del 1992, perché la produzione degli indicati falsi documenti costituisce il frutto di malizie ulteriori, produttive di una più penetrante induzione in errore del soggetto passivo. (La Corte ha precisato che la fattispecie di indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato, in ragione della clausola di riserva in favore della fattispecie di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ha carattere sussidiario e, sebbene contenga un riferimento ampio a condotte di "utilizzo o presentazione di dichiarazioni e documenti falsi....", non qualifica quelle condotte, che si concretizzano nell'uso degli artifici e raggiri propri della truffa) (Sez. 2, Sentenza n. 46198 del 28/10/2005).

Il reato di malversazione in danno dello Stato (art. 316-bis cod. pen.) può concorrere con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art.640-bis cod. pen.), in quanto il primo tutela la P.A. da atti contrari agli interessi della collettività, anche di natura non patrimoniale, mentre il secondo tutela il patrimonio da atti di frode, aggravata nel caso di conseguimento di erogazioni pubbliche (Sez. 2, Sentenza n. 29512 del 16/06/2015).

Il reato di malversazione in danno dello Stato ha natura sussidiaria e residuale rispetto alla fattispecie dell'art. 640 bis cod. pen. che sanziona la truffa aggravata per il conseguimento delle erogazioni pubbliche (Sez. 6, Sentenza n. 23063 del 12/05/2009).

Dà luogo alla configurabilità del reato di truffa aggravata di cui all'art. 640, comma secondo, n. 1, cod. pen. e non a quella dei reati di cui all'art. 316 ter o all'art. 640 bis cod. pen., la condotta di colui il quale si procuri l'esenzione dal pagamento del c.d. "ticket" sanitario mediante la falsa dichiarazione, sulla ricetta rilasciata dal medico convenzionato, di trovarsi nelle condizioni all'uopo previste dalla legge (cfr. Cass. n. 322849/2007).

Il reato di cui all'art. 2 della legge n. 898 del 1986, con il quale si punisce l'esposizione di dati e notizie falsi per l'indebito conseguimento di contributi erogati dalla C.E.E., non comprende ogni condotta riconducibile alla fattispecie del delitto di truffa che può ipotizzarsi quando l'agente non si limita a indicare dati o notizie falsi, ma fa, anche, ricorso ad ulteriori artifici, attraverso la formazione e l'utilizzazione di false bollette di accompagnamento e fatture che attengono ad operazioni commerciali inesistenti (Sez. VI, Sent. n. 11076 del 28/09/1999).

Considerazioni conclusive

Appare evidente che se vi è una differenza sostanziale tra l'aggravante di cui all'art. 640 comma 2 n. 1 c.p. e l'art. 640-bis c.p. sta nei soggetti passivi: la prima norma richiama unicamente lo Stato o un altro ente pubblico mentre la seconda lo Stato, altri enti pubblici e le Comunità europee. Ciò comporta che se la truffa concerne fondi europei non potrà di certo applicarsi l'art. 640 comma 2 n. 1.

Un'altra differenza sta certamente nella cornice edittale (reclusione da uno a cinque anni per l'art. 640 comma 2 n. 1 e reclusione da un anno a sei anni per l'art. 640-bis.).

Poi vi potrebbe essere un'altra differenza ossia quella dovuta all'oggetto materiale della condotta che nel caso dell'art. 640-bis c.p. si è voluto specificare in "contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate".

Chiarito che le erogazioni di natura previdenziale ed assistenziale possono ricadere indifferentemente nell'una o nell'altra ipotesi (non essendoci precisi argomenti per ritenere che i fondi pubblici di cui all'art. 640-bis siano solamente quelli finalizzati al sostegno dell'economia e delle attività produttive) occorre chiedersi se l'oggetto materiale dell'art. 640 comma 2 n. 1 possa essere in qualche modo diverso da quello dell'art. 640-bis c.p. ovvero se la locuzione "altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate" utilizzata dal legislatore in quest'ultima norma sia omnicomprensiva, tale cioè di ricomprendere qualsiasi tipo di risorse pubbliche e, per tale via, affermare la coincidenza dell'oggetto materiale delle due norme in questione. Per dirla in altri termini: è possibile una truffa a danno dello Stato o di un altro ente pubblico che non riguardi "contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate" e che quindi possa ricadere unicamente nella previsione dell'art. 640 comma 2 n. 1? Se la riposta è affermativa, certamente tale fatto ricadrà nella previsione di cui all'art. 640 comma 2 n. 1. (tale potrebbe essere il caso dell'esenzione dal pagamento del ticket anche perché non si tratta di erogazioni in senso stretto, ma di un mancato esborso di denaro da una parte e della fornitura di una prestazione sanitaria dall'altra).

Ad ogni modo, il reato di cui abbiamo narrato intanto è una "truffa", aggravata dal fatto che viene posta in essere contro un soggetto passivo pubblico e quindi a danno del patrimonio pubblico. La truffa, nel caso concreto, è facilmente distinguibile dalla indebita percezione di erogazioni pubbliche di cui all'art. 316-ter c.p. perché in quest'ultimo caso non siamo in presenza di una condotta particolarmente insidiosa tale da indurre in errore il soggetto passivo. E', altresì, facilmente distinguibile dalla malversazione a danno dello Stato ex art. 316-bis c.p. perché mentre nella truffa l'agente si adopera per carpire fraudolentemente i fondi pubblici senza averne diritto, nel caso della malversazione egli utilizza le risorse ottenute per finalità che nulla hanno a che fare con il pubblico interesse.

Più complicato è distinguere la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis dalla truffa aggravata a danno dello Stato o di altro ente pubblico ex art. 640 comma 2 n. 1: difatti si tratta sempre di truffa aggravata a danno di un soggetto pubblico con l'unica - certa - differenza che espressamente l'art. 640-bis richiama le Comunità europee. L'oggetto materiale del reato, come dimostra l'ambivalente orientamento della giurisprudenza in merito, non costituisce sicuro indice per distinguere le due norme.

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