L'oltre ogni ragionevole dubbio a fronte dell'imprevedibilità della condotta della vittima

Avv. Veronica Ribbeni - Con la sentenza n. 6366/2017 (qui sotto allegata) la Quarta Sezione Penale della Suprema Corte ha annullato con rinvio per nuovo esame alla Corte d'Appello di Lecce la condanna di un automobilista imputato del reato di cui all'art. 589 c.p. perché alla guida di una autovettura per negligenza, imprudenza e inosservanza delle norme del Codice della Strada viaggiando a velocità superiore rispetto a quella consentita nel locus commissi delicti collideva con il ciclomotore della vittima che lo precedeva e che era impegnato in una vietata inversione di marcia, senza che le basilari cautele fossero adottate.

Il primo giudice aveva assolto l'imputato sulla scorta dell'assunto che anche ove l'agente avesse tenuto una condotta di guida conforme al dettato normativo, non avrebbe potuto evitare l'impatto. In tale circostanza viene in rilievo il profilo della causalità della colpa, indi l'incidenza del comportamento colposo sulla verificazione dell'evento, posto che, dopo aver accertato la causalità della condotta occorre verificare se la violazione della regola cautelare abbia contribuito a cagionare l'evento in concreto verificatosi.

L'evento morte dovrebbe nel caso di specie essere collegato etiologicamente alla condotta dell'imputato, in ossequio ai principi generali dell'ordinamento penale, atteso che - in caso contrario - troverebbe applicazione la logica del versari in re illicita.

Espresso diversamente: il sinistro letale si sarebbe verificato ugualmente se l'imputato non avesse superato i limiti di velocità consentiti?

Il giudizio assolutorio è stato sovvertito in secondo grado. La Corte d'Appello ha ritenuto l'esigibilità del comportamento alternativo.

La Suprema Corte adita dall'imputato sofferma il proprio esame sulla censura concernente la c.d. motivazione rafforzata, tornando a puntualizzare che allorquando le decisioni dei giudici di primo e secondo grado siano concordanti, la motivazione della sentenza di appello si saldi con la precedente in un unico complesso corpo argomentativo. Nel caso in cui contra il giudice di appello pervenga a conclusioni differenti è necessario riesamini il materiale probatorio considerando quello sfuggito alla delibazione e quello acquisito, delineando le linee portanti del proprio iter logico alternativo e confutando gli argomenti più rilevanti della motivazione della prima sentenza

. Il tema - si legge in sentenza - coinvolge l'interpretazione corretta del "ragionevole dubbio" inteso come forza persuasiva superiore, limite alla riforma di una sentenza assolutoria.

Ove la reformatio in peius sia frutto di una valutazione differente delle prove dichiarative. Il giudice ha l'obbligo di rinnovare l'istruttoria e di escutere nuovamente i dichiaranti. Questione l'ultima, peraltro già oggetto di diverse pronunce e di una rivisitazione da parte delle Sezioni Unite (cfr. sentenza n. 27620/2016) le quali hanno chiarito la necessità di procedere alla rinnovazione dibattimentale della prova dichiarativa in caso di riforma della sentenza assolutoria avente quale ratio un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una dichiarazione decisiva. 

Pregevole inoltre il rilievo concernente l'omessa valutazione dell'elemento dell'affidamento; espresso il rimando alla sentenza n. 46741/2009 con la quale la Suprema Corte ha esplicitato che le norme in esame impongano doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando queste siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili; la fiducia di un conducente sulla circostanza che altri soggetti si attengano al dettato normativo, se mal riposta, costituisce condotta negligente. Il principio di affidamento nel campo della circolazione stradale trova contemperamento nell'opposto principio secondo il quale l'utente è responsabile anche del comportamento imprudente altrui nei limiti della prevedibilità.

È stata ripetutamente affermata infatti la necessità di tenere conto degli elementi di spazio e di tempo, e di valutare se l'agente abbia avuto qualche possibilità di evitare il sinistro, in concreto.

Sulla scorta di quanto esposto, la Suprema Corte ha conseguentemente annullato con rinvio la decisione della Corte d'Appello perché basata su una mera rivalutazione delle prove assunte, senza rinnovazione dell'istruttoria, non tenendo in debita considerazione il comportamento imprevedibile della vittima. 

Cassazione, sentenza n. 6366/2017

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