La garanzia del diritto alla confutazione della prova DNA nelle investigazioni scientifiche

Dott. Eugenio D'Orio - Nell'attuale statu quo nunc processuale, specie per quanto attiene agli accertamenti di tipo scientifico (vedasi analisi del DNA dai reperti in sequestro), e' frequente che i rilevi che la PG deve espletare per le indagini siano di tipo "irripetibile", in quanto sono consumativi o portano ad una modificazione dello stato originale dell'oggetto dell'indagine, mutazione che e' di tipo irreversibile.

La sempre piu' forte importanza degli accertamenti scientifici sul DNA nel corso di un'indagine apre un ulteriore punto critico nel sistema, su cui ampiamente lavorare per assicurare i diritti dei cittadini.

Proprio per tutelare il diritto di tutti, gl'indagati in primis, il legislatore ha inserito nel corpus legislativo la novella dell'art. 360 c.p.p., il quale impone che, allorquando si proceda per accertamenti di tipo irripetibili, il soggetto sottoposto ad indagini va prontamente avvisato ed ha facolta' di nominare suoi consulenti, onde verificare le prove a suo carico.

Tale norma e' appunto volta alla tutela dei diritti, specie dell'indagato e alla presa visione degli elementi probatori che potranno essere utilizzanti contro di lui nella fase processuale.

Tuttavia, frequentemente accade che, nel corso di un'indagine, ci si trovi in una situazione in cui si debba espletare (per il corretto prosieguo delle operazioni di P.G.) un accertamento irripetibile, ma non si ha ancora nessun soggetto iscritto nel registro degli indagati.

Cio' comporta che, per legge, nessun avviso e' dovuto ad alcuno, se non ai legali rappresentanti della parte lesa.

Inoltre, e la statistica giurisprudenziale ha una ampia casistica a riguardo, spesso capita che il PM sara' fattivamente in grado di provvedere all'iscrizione di un soggetto nel registro degli indagati solo a seguito dello stesso accertamento irripetibile.

Un classico esempio di cio' è il caso di un omicidio, in cui non ci sia nessun sospettato, trovandosi la vittima strangolata con una corda. In tal caso il PM da' ordine ai reparti specializzati di procedere all'analisi genetica sul reperto onde trovare eventuali tracce genetiche di colui che maneggio' la corda, alias l'offender che l'attivita' di indagine tende ad individuare.

Il fatto che nessun soggetto sia iscritto nel registro degli indagati fa sì che l'avviso dell'accertamento (che e' di tipo irripetibile) non debba essere emesso. A seguito di tale acceratmento si rileva un profilo genetico. Questo potrebbe essere configurabile come la "traccia dell'assassino" allorquando ha commesso il crimine il che ha una ponderosa valenza probatoria in termini di "prova della colpevolezza". Ed ecco che il soggetto X (ossia colui che ha rilasciato il suo profilo genetico sulla corda oggetto di indagine) viene iscritto nel registro degli indagati e mandato a processo. Tuttavia egli mai potra' vedere il reperto dal quale e' scaturita la prova contro di lui, in quanto e' andato distrutto nell'accertamento.

A tutela di cio', una nuova linea di pensiero in dottrina, esposta dal Giudice Gennaro Francione, ritiene questa interpretazione contra reum contrastante con l'art 111 della Costituzione e propone l'istituzione di una nuova figura professionale, il cui ruolo sia appunto quello di garantire il futuro indagato.

Tale figura professionale, detta consulente pro-ignoto, si configura come uno strumento di garanzia per l'indagato, in quanto ne tutela i diritti in modo cautelativo e preventivo.

Considerati i recenti casi di cronaca giudiziaria italiana, tale problema (ossia l'omesso avviso ex art 360 c.p.p. perche' la parte indagata ancora non esisteva all'epoca dell'accertamento) si configura come una criticita' del sistema, su cui spesso i legali dell'una o dell'altra parte, sollevano questioni di legittimita'.

A tal proposito, ecco che l'introduzione della figura del consulente pro-ignoto, insieme al difensore pro ignoto, potrebbe essere la chiave di volta per superare tale problematica attualmente intrinseca nel sistema. Tale consulente, in conformita' con l'attuale regolamento concernente i periti e le loro attivita', potrebbe appartenere a questa stessa categoria, ed essere, dunque, a disposizione dell'AG in un momento diverso da quello processuale strictu sensu, in quanto agisce nella fase procedimentale allorquando si e' in assenza di un indagato (per cui, e' ragionevole pensare, nelle primissime fasi delle indagini).

L'introduzione di tale figura sarebbe in linea con l'art. 111 della Costituzione che garantisce una reale parità tra le parti in causa, consentendo anche di fatto al futuro indagato di controllare la regolarità concreta nell'assunzione delle prove e nell'analisi delle tracce fin dai primi momenti dell'azione giudiziaria.

Dr. Eugenio D'Orio

MSc, forensic biologist


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