La violazione delle distanze legali nelle costruzioni integra una molestia al possesso del fondo finitimo contro la quale è data l'azione di manutenzione perché, anche quando non ne comprime di fatto l'esercizio, importa tuttavia, automaticamente, una modificazione o una restrizione delle relative facoltà. Tale violazione, infatti, arreca sempre un pregiudizio per il possessore finitimo, con la conseguenza che contro detta violazione quest'ultimo è incondizionatamente legittimato a reagire, senza che sia necessario accertare che la violazione delle distanze legali abbia in concreto causato una restrizione del potere di fatto sulla cosa mediante privazione del possessore di alcune delle facoltà spettanti in relazione ad un effettivo possesso in atto. L'avvenuta oblazione
ex art. 13 della legge n. 47/1985 è del tutto ininfluente nei rapporti tra privati, atteso che la stessa non incide in alcun modo sul privato costruttore e i vicini confinanti. La sussistenza dell'animus turbandi non è esclusa dall'ottenimento da parte dell'autore della turbativa della concessione edilizia rilasciata con salvezza dei diritti dei terzi; inoltre, nell'azione di manutenzione, l'elemento psichico consiste nella volontarietà del fatto compiuto a detrimento dell'altrui possesso e deve pertanto presumersi ogni volta che si dimostrino gli estremi della turbativa, restando irrilevante anche l'eventuale convincimento dell'autore del fatto di esercitare un proprio diritto. Il giudice, ove riconosca fondata l'azione di manutenzione, ha il potere-dovere di ordinare la distruzione dell'opera mediante la quale sia stata arrecata la molestia e ciò al fine di evitare che la stessa continui a produrre i suoi effetti.
Nella decisione

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