Nota a sentenza Cassazione n. 23710/2016

Avv. Paolo Accoti - Già nella vigenza dell'art. 19 L. 990/1969, ma anche nell'attuale sistema normativo delineato dal Codice delle Assicurazioni (D.Lgs. 209/2005) e, in particolare, in virtù dell'art. 283, presso la CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici S.p.A.), è stato istituito il cd. Fondo di garanzia per le vittime della strada, il quale risarcisce i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, nel caso, tra gli altri, in cui il sinistro sia stato cagionato da veicolo o natante non identificato.

A tal uopo, con apposito decreto ministeriale, viene designata la compagnia assicuratrice che assumerà per legge la rappresentanza del fondo e, conseguentemente, sarà tenuta ad istruire il sinistro nonché a rifondere la vittima per il danno subito.

Tanto è vero che "presso la CONSAP, di un "Fondo di garanzia per le vittime della strada" (FGVS), del quale Fondo l'impresa designata (individuata da apposito decreto ministeriale) è mandataria ex lege senza rappresentanza, assumendo in proprio l'obbligazione diretta nei confronti della vittima ed essendo detto FGVS soltanto tenuto a rifondere ad essa l'importo risarcitorio versato" (Cass., 13 gennaio 2015, n. 274).

Per costante principio giurisprudenziale, il danneggiato rimasto vittima di un incidente con un veicolo non identificato, oltre al generalizzato onere della prova in merito alla responsabilità del sinistro in capo al conducente il veicolo antagonista, in questi casi, il danneggiato ha un ulteriore onere, quello di dimostrare, con l'ordinaria diligenza di non aver potuto identificare il veicolo responsabile.

A tal proposito, infatti, "il danneggiato il quale promuova richiesta di risarcimento nei confronti dell'impresa designata per il FGVS ai sensi della lett. a) del primo comma dell'art. 19 citato, ha l'onere di provare, oltre al fatto che ilsinistro si è verificato per condotta dolosa o colposa del conducente di un altro veicolo (o natante), che questo è rimasto sconosciuto, essendo a tal riguardo sufficiente la dimostrazione che, dopo la denuncia dell'incidente alle competenti autorità di polizia, le indagini compiute o quelle disposte dall'autorità giudiziaria, per l'identificazione del veicolo o natante investitore, abbiano avuto esito negativo, senza che possa addebitarsi al danneggiato l'onere di ulteriori indagini articolate o complesse, purché egli abbia tenuto una condotta diligente mediante formale denuncia dei fatti ed esaustiva esposizione degli stessi" (Ex multis: Cass., 13 luglio 2011, n. 15367; Cass., 8 marzo 1990, n. 1860; Cass., 25 luglio 1995, n. 8086; Cass., 3 settembre 2007, n. 18532; Cass., 4 novembre 2014, n. 23434; Cass., 18 settembre 2015, n. 18308).

Da ultimo la Suprema Corte, con la sentenza n. 23710, pubblicata in data 22.11.2016, oltre a dare seguito al predetto principio giurisprudenziale, ha puntualizzato come "nel caso di sinistro causato da veicolo non identificato, l'obbligo risarcitorio sorge allorquando l'identificazione sia stata impossibile per circostanze obiettive, da valutare caso per caso, e non imputabili a negligenza della vittima. Sicché, il requisito per azionare la tutela disciplinata dall'art. 19, primo comma, lett. a), della legge n. 990 del 1969 (vigente ratione temporis ma, in ogni caso, riproposto nell'art. 283 del D.Lgs. 209/2005) risiede nella verificazione di sinistro causato da veicolo non identificato, né identificabile con l'uso dell'ordinaria diligenza".

Sulla scorta di ciò, spetta al giudice del merito valutare la diligenza del danneggiato, sulla scorta del criterio del buon padre di famiglia, nel tentare di individuare il veicolo danneggiante, non risultando sufficiente all'uopo il mero stato di incertezza soggettiva.

Tanto è vero che "è evidente che il presupposto della non identificabilità del veicolo siccome determinata da circostanze obiettive e non imputabili alla negligenza del danneggiato esclude che quest'ultimo - onerato della prova dell'anzidetto presupposto - possa far agio su un mero stato di incertezza soggettiva, dovendo, dunque, il giudice del merito valutare la diligenza implicata dalla norma alla stregua della condotta esigibile da persona di normale avvedutezza e media istruzione e sensibilità; ossia alla stregua del bonus paterfamilias ai sensi dell'art. 1176 c.c." (Cass. 13 gennaio 2015, n. 274).

In termini pratici, ciò sta a significare che, decorso inutilmente il termine di 90 giorni, necessario se dal sinistro siano esitati danni alla persona anche perché, in caso di veicolo non identificato, risultano gli unici danni risarcibili, il danneggiato potrà agire in giudizio nei confronti della compagnia di assicurazioni designata per il fondo di garanzia, deducendo la "non identificabilità" del veicolo responsabile, provando l'impossibilità oggettiva della mancata possibile identificazione e, pertanto, l'assenza di una propria condotta negligente nell'accertamento.

A tal proposito risulta sufficiente che il danneggiato presenti regolare denuncia dell'incidente all'autorità di polizia, che contenga la puntuale ed esaustiva esposizione dei fatti.

Peraltro, per come ricordato dalla medesima Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, "deve ritenersi che l'obbligazione risarcitoria a carico dell'impresa designata per il FGVS si stabilizzi, come tale, al momento della proposizione della domanda e non può venire meno nel caso in cui, nel corso del giudizio, si giunga alla identificazione del responsabile".

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