Per il Consiglio Nazionale Forense l'attività forense è riservata solo ad avvocati e società composte e partecipate esclusivamente da legali

di Lucia Izzo - Alle società multidisciplinari è vietato l'esercizio della professione forense, attività riservata in via esclusiva ad avvocati e alle società tra avvocati composte e partecipe esclusivamente da legali.


È questa la riposta data dal Consiglio Nazionale Forense nel parere n. 64 del 25 maggio 2016 (qui sotto allegato) pubblicato di recente sul sito istituzionale. Il Quesito avanzato da CNDCEC (Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili) in tema di società tra professionisti riguarda la possibilità o meno di un ordine territoriale dei dottori commercialisti ed esperti contabili di poter iscrivere una società tra professionisti partecipata anche da un avvocato nel proprio albo.


Il CNF osserva che, pur non avendo competenza a decidere in merito alla richiesta di iscrizione di un professionista (sia pure società tra professionisti) presso albi di professioni diverse da quella forense, la legge n. 247 del 2012 stabilisce all'art. 18 che la professione di avvocato è incompatibile, fra l'altro, "con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l'esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di  amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione".


Ancora, prosegue la norma "l'incompatibilità non sussiste se l'oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all'amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico". Pertanto, trattandosi di incompatibilità che limitano lo svolgimento di attività economiche, la prescrizione che le reca (art.18, l. n.247 del 2012) va naturalmente interpretata in senso restrittivo.


Ne consegue, spiega il Consiglio, che, all'infuori delle ipotesi espressamente menzionate dalla citata norma, nulla osta a che l'avvocato possa, in via di principio, detenere partecipazioni in società, ma altro e diverso problema è invece quello dello svolgimento dell'attività professionale forense da parte di società o, se si preferisce, dell'esercizio in forma societaria della professione di avvocato, per tale intendendosi l'ipotesi nella quale l'attività tipica e riservata degli avvocati sia formalmente prevista come oggetto sociale di una società (o sia da questa comunque svolta in fatto).


Stante la specialità della professione forense e delle società tra avvocati, per le quali ultime non trova applicazione la disciplina generale recata dalla legge n.183 del 2011, ma quella speciale recata dall'art. 5 della legge n. 247 del 2012.


Tale prescrizione riserva in via esclusiva agli avvocati e alle società tra avvocati composte e partecipate esclusivamente da avvocati l'esercizio in forma societaria della professione di avvocato. In altri termini, allo stato attuale l'esercizio della professione forense non è consentito a società multidisciplinari (per tali intendendo quelle che hanno ad oggetto attività professionali riservate a differenti professioni regolamentate, quali ad esempio, quelle che l'ordinamento riserva ai dottori commercialisti e agli avvocati). 


Sul piano esegetico, infatti, è insuperabile la prescrizione che impone la qualità di avvocati a coloro che intendono essere soci di una società tra avvocati (lett. a), art. 5, legge n. 247 del 2012.

In conclusione, la società multidisciplinare di cui al quesito non può, in ogni caso, esercitare la professione forense, salva restando la possibilità per un avvocato di parteciparvi, ma senza per essa poter svolgere la tipica e riservata attività forense.

CNF, parere n. 64 del 25 maggio 2016

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