Per la Cassazione è irrilevante il fatto che sia cessata la convivenza della coppia, i comportamenti sono comunque catalogabili come maltrattamenti

Avv. Emanuela Foligno - La seconda sezione penale della Corte di Cassazione nella interessante pronunzia oggetto di esame (la n. 39331/2016 qui sotto allegata) affronta la tematica dei maltrattamenti in famiglia a seguito della separazione legale dei coniugi e della cessazione della convivenza e contestualizza un interessante obiter sulla specialità tra il reato di maltrattamenti in famiglia e il reato di atti persecutori, c.d. stalking.

La vicenda approda in Cassazione dalla Corte d'Appello di Bologna la quale ha confermato la condanna di primo grado nei confronti di un uomo per il reato di maltrattamenti in famiglia, tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni, violazione di domicilio e danneggiamento.

L'uomo propone ricorso in Cassazione argomentando come motivo principale l'insussistenza dell'integrazione del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. poiché lo stesso e la querelante erano legalmente separati dall'anno 2009 e non più conviventi prima ancora della separazione.

Gli Ermellini hanno ritenuto infondati i motivi di censura dell'uomo specificando che sull'argomento sussiste un orientamento unanime della giurisprudenza che considera il reato di maltrattamenti in famiglia sussistente anche in danno di una persona non più residente col nucleo familiare ma legato ad esso da rapporti di filiazione o di coniugio.

Specificano, inoltre, che la convivenza non rappresenta un presupposto del reato, ma ciò che rileva è che la persecuzione si contestualizzi nell'ambito familiare.

Ciò perchè anche se i coniugi sono separati, il vincolo coniugale, come noto, non è sciolto e continuano a sussistere i doveri di reciproco rispetto e di assistenza morale e materiale tra i coniugi.

Inoltre, evidenzia la Suprema Corte, è proprio l'influenza, il condizionamento, che scaturisce dal vincolo coniugale a rendere la persona offesa ancora più vulnerabile.

Concludono pertanto col ritenere configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia anche a seguito della separazione dei coniugi.

Interessante, inoltre, il richiamo svolto dalla Corte sul rapporto tra il reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. e il reato di atti persecutori, o stalking, ex art. 612 bis c.p.

La norma sugli atti persecutori prevede l'aggravante dell'aumento della pena quando il fatto viene commesso dal coniuge separato o divorziato. Si configura in questo caso un concorso apparente di norme.

La risoluzione si trova con l'applicazione del principio di specialità espressamente richiamato dall'art. 612 c.p. che porta ad applicare il reato più grave, ovvero nel caso esaminato, il reato di maltrattamenti in famiglia.

Qualora, invece, vi siano condotte non ascrivibili al reato di maltrattamenti in famiglia per scioglimento del vincolo matrimoniale, sarà integrato il reato di atti persecutori.

Caso per caso bisognerà valutare, quindi, se sussista una definitiva cessazione della convivenza e se l'attività criminosa vada ad incidere sui vincoli familiari o meno.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall'uomo, confermato le statuizioni della Corte d'Appello e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento dell'importo di euro 1.500,00 in favore della Cassa ammende.

Si segnala che la Suprema Corte ha espresso i medesimi principi, seppur in seno ad una fattispecie differente, nella pronunzia n. 17950/2016 (leggi: "Cassazione: Maltrattamenti in famiglia anche dopo la separazione e la fine della convivenza"), laddove ha argomentato che non rileva la condizione di separazione di fatto e la coabitazione esistente tra i coniugi per eludere l'applicazione del reato di maltrattamenti in famiglia.

In tale caso, è stato evidenziato che il presupposto della oggettiva coabitazione non è un elemento essenziale dei reati di maltrattamenti in famiglia e che, quindi, tale fattispecie criminosa può essere ravvisabile anche dopo la separazione di fatto e la cessazione della convivenza.

Avv. Emanuela Foligno

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Cassazione, sentenza n. 39331/2016

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