La disciplina delle convivenze di fatto nella legge 76/2016

Dott. Federica Morabito - Secondo il comma 36 della legge n. 76/2016 sulle unioni civili, si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinita' o adozione, da matrimonio o da un'unione civile.

Vediamo i punti salienti:

Diritti reciproci e facoltà

- I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall'ordinamento penitenziario; (si segnala che la giurisprudenza di legittimità aveva già esteso tali diritti al convivente "more uxorio", in alcuni casi specifici, ad esempio il convivente di fatto è stato dichiarato non perseguibile per il reato di favoreggiamento personale ex art 378 cp, potendo costui beneficiare dell'esimente di cui all'art. 384cp , Cass. Pen.,4 agosto 2015, n. 34147) ;

- i conviventi hanno diritto di visita e di accesso agli atti in caso di ricovero dell'altro convivente presso strutture ospedaliere private, pubbliche o convenzionate;

- ciascun convivente ha la facoltà di designare l'altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati: in caso di malattia che comporta incapacita' di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute; nonché, in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalita' di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie;

- in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.;

- in caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facolta' di succedergli nel contratto;

- il convivente, che presta stabilmente la propria opera presso l'impresa dell'altro convivente, ha diritto agli utili dell'impresa;

- in caso di morte del convivente, per fatto illecito di un terzo, il coniuge superstite ha diritto al risarcimento del danno.

Contratti di convivenza: costituzione e risoluzione

Sono accordi atti a regolare i rapporti patrimoniali tra i conviventi.

Al fine della regolare costituzione degli accordi suddetti è necessario:

- che siano redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformita' alle norme imperative e all'ordine pubblico. (comma 51)

- che, entro i successivi dieci giorni, il notaio o l'avvocato provvedano, ai fini dell'opponibilità del contratto ai terzi, a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe ai sensi degli articoli 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223;

I contratti di convivenza possono contenere:

- l'indicazione della residenza;

- le modalita' di contribuzione alle necessita' della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacita' di lavoro professionale o casalingo;

- il regime patrimoniale della comunione dei beni, di cui alla sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile.

Su quest'ultimo punto, risulta importante evidenziare che il regime patrimoniale può essere modificato, successivamente, con le stesse modalità previste per la costituzione del contratto medesimo, di cui al comma 51.

Sono disciplinati, puntualmente, i casi in cui i contratti risultano affetti da nullità insanabile che, come tale, può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse; difatti, tali accordi saranno nulli qualora siano stati conclusi:

- in presenza di un vincolo matrimoniale, di un'unione civile o di un altro contratto di convivenza;

- in violazione del comma 36;

- da persona minore di eta';

- da persona interdetta giudizialmente;

- in caso di condanna per il delitto di cui all'articolo 88 del codice civile

Una volta conclusi questi contratti resta da esporre come si possano risolvere nel caso in cui non si voglia più proseguire la convivenza.

La legge dispone che il contratto di convivenza, precedentemente concluso, possa risolversi in due modi: per accordo delle parti o per recesso unilaterale.

In entrambe le ipotesi suddette, la risoluzione del contratto di convivenza deve essere redatta nelle forme di cui al comma 51 (nella medesima modalità della sua costituzione).

In caso di recesso unilaterale è, tuttavia, prevista una particolare forma di notificazione, ossia, l'avvocato o il notaio che riceve o che autentica l'atto e' tenuto, oltre che agli adempimenti di cui al comma 52 (trasmissione di copia del documento al comune di residenza per l'iscrizione anagrafica), a notificarne copia all'altro contraente all'indirizzo risultante dal contratto.

Qualora la casa familiare sia nella disponibilita' esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullita', deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l'abitazione.

Nel caso in cui il contratto di convivenza abbia precedentemente previsto il regime patrimoniale della comunione dei beni, la sua risoluzione determina lo scioglimento della comunione medesima e si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile.

Importante novità è l'aver previsto che il giudice, in caso di cessazione della convivenza di fatto, possa stabilire il diritto del convivente di ricevere dall'altro convivente gli alimenti.

E' un presupposto imprescindibile, tuttavia, che il convivente beneficiario degli alimenti versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento.

Il comma 63, infine, termina, sottolineando che gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi dell'articolo 438, secondo comma, del codice civile.

Dunque, sembra chiara l'intenzione non solo di non trasformare l'obbligo alimentare in un vitalizio, essendo richiamato il criterio della proporzionalità, ma anche di ancorare la misura degli stessi alle condizioni economiche dell'obbligato per un giusto contemperamento di interessi tra le parti.

Sono disciplinate altre due ipotesi di risoluzione del contratto di convivenza:

- matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona; in tale ipotesi, il contraente che ha contratto matrimonio o unione civile deve notificare all'altro contraente, nonche' al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza, l'estratto di matrimonio o di unione civile;

- morte di uno dei conviventi; in tal caso, il contraente superstite o gli eredi del contraente deceduto devono notificare al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza l'estratto dell'atto di morte affinche' provveda ad annotare a margine del contratto di convivenza l'avvenuta risoluzione del contratto e a notificarlo all'anagrafe del comune di residenza.

Dott.ssa Federica Morabito

Studio Legale Aschi

fmorabito.law@gmail.com


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