Una lettura non solo giuridica di ciò che significa essere genitori

Dott.ssa Margherita Marzario - Nella legislazione del passato per riferirsi ai diritti e doveri del padre e della madre insieme (così nominati singolarmente nella prima versione del codice civile) si usava l'espressione "dei genitori", poi si è cominciato ad usare l'aggettivo qualificativo "genitoriale" fino a coniare il termine "genitorialità" (tra i primi riferimenti normativi, l'art. 16 comma 3 lettera c della L. 8 novembre 2000 n. 328 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali", in cui compare la locuzione "servizi formativi ed informativi di sostegno alla genitorialità"). Oggi si parla sempre più insistentemente di genitorialità qualificandola in tutti i modi o bistrattandola in ogni modo. Bisogna, invece, definire il nucleo di questa sfera relazionale e giuridica che si realizza tra due persone "portatrici di differenze", il padre e la madre, e nei confronti di altre persone, i figli innanzitutto.

Nel Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia si parla della famiglia e non dei genitori come, invece, nel Preambolo della Dichiarazione dei Diritti del Bambino, perché la genitorialità e la filiazione sono relazioni che nascono nella famiglia e, al tempo stesso, esorbitano dalla famiglia per il ruolo sociale della famiglia stessa. La genitorialità è quella funzione di mediazione naturale atta alla crescita e al benessere dei membri della famiglia ed in particolare dei fanciulli (mutuando la terminologia del Preambolo della Convenzione). Mediazione naturale che, quando si smarrisce, si cerca di ripristinare con le cosiddette relazioni di aiuto, in primis la mediazione familiare. Anche nella Costituzione

si evidenzia questa funzione di mediazione, infatti si parla dei genitori nell'art. 30, dopo la disciplina della famiglia contenuta nell'art. 29 e prima dell'art. 31 in cui si considerano situazioni particolari. Pina De Simone, studiosa ed esperta in materia, ha sostenuto: "Credo che le sfide della genitorialità siano un tutt'uno con quelle della famiglia, per almeno due motivi. Intanto perché l'essere genitori oggi è una delle responsabilità più delicate che attraversano la vita della famiglia. E poi perché c'è una genitorialità che è più ampia di quella puramente biologica. È una generatività propria dell'amore sponsale, e quindi della famiglia in quanto tale, indipendentemente dall'avere o meno figli. Infatti la capacità di generare la vita appartiene all'amore coniugale e si esprime in una molteplicità di modi: trova espressione soprattutto in una responsabilità educativa e generazionale, nella trasmissione della forma della vita attraverso significati e valori che possono reggere l'esistenza stessa e renderla feconda nel senso ampio del termine. Sono nodi importanti, con ampi risvolti sul piano culturale e sociale".

Genitorialità è riversare la maturità del proprio essere per mirare alla maturità di un altro essere. Lo sceneggiatore Giacomo Campiotti ha scritto a tale proposito: "Dobbiamo imparare a valorizzare gli errori e accettare che le scelte siano reversibili. Abbiamo l'obbligo di essere uomini e donne consapevoli di ciò che fanno e, prima ancora, madri e padri con la capacità e la voglia di esserlo. Ci troviamo di fronte a delle anime: abbiamo il grande privilegio di formarle e di portarle alla maturità. Il ruolo del genitore è un dono. Il figlio è come uno specchio in cui vedi riflesso te stesso. Migliorando il rapporto col figlio, migliori te stesso". Come confermato dallo psicanalista Massimo Recalcati1: "Quando un genitore ha un progetto sui propri figli, essi hanno dei destini, e questi destini di solito non sono mai felici. Il dono più grande della genitorialità è il dono dell'abbandono, saper non soffocare i propri figli con i nostri progetti, le nostre attese. Il dono più grande della genitorialità è, come Abramo, affidare il figlio al deserto, non avere progetti sui propri figli, saperli abbandonare". Parole che trovano la loro traduzione giuridica nel Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia: "[…] occorre preparare appieno il fanciullo ad avere una vita individuale nella società". Ogni persona, sin dal suo nascere, ha una vita propria da vivere in maniera integrale, senza condizioni né condizionamenti.

La genitorialità non è mai stata facile ma, oggi, presenta nuove problematiche, talvolta provocate dagli adulti stessi. "Maestro Ciliegia regala il pezzo di legno al suo amico Geppetto, il quale lo prende per fabbricarsi un burattino meraviglioso, che sappia ballare, tirar di scherma e fare i salti mortali" (dall'inizio del capitolo II de "Le avventure di Pinocchio" di Carlo Collodi). Secondo gli esperti in questo brano sono delineate varie forme di genitorialità, da quella rinnegata o irresponsabile che demanda ad altri (la figura di Mastro Ciliegia) a quella cercata ad ogni costo o manipolatrice (la figura di Geppetto). Il figlio non si programma (etimologicamente "scrivere prima") ma è un progetto (etimologicamente "gettare avanti") di vita: la vita del figlio che s'inscrive, e non si scrive, nella vita di coppia e in quella di famiglia.

Bisognerebbe recuperare la naturalezza e l'unicità della genitorialità: "Per ogni granello di gioia che seminerai nel petto di un altro, tu troverai un raccolto nel tuo petto, mentre ogni dispiacere che tu toglierai dai pensieri e dai sentimenti di un'altra creatura sarà sostituito da meravigliosa pace e gioia nel santuario della tua anima" (Jeremy Bentham, filosofo e giurista inglese). Così la genitorialità dovrebbe manifestarsi nell'"assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere" (locuzione usata nell'art. 3 par. 2 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia). Per quanto ci possano essere guide per genitori (anche prima di diventarlo), la vera guida alla genitorialità è data dal mettersi in ascolto dei figli stessi. Da non dire: "Io facevo..., Ai miei tempi..., I figli degli altri..., Da te mi sarei aspettato (o non mi sarei aspettato)"...

Il legislatore avrebbe potuto tratteggiare alcuni aspetti della genitorialità, tra cui inter-relazionalità e reciprocità, con i provvedimenti legislativi, legge 10 dicembre 2012 n. 219 e il successivo decreto legislativo 28 dicembre 2013 n. 154 in materia di filiazione; questa normativa ha delineato lo stato giuridico della filiazione ma, al tempo stesso, ha quasi esautorato la genitorialità - abolendo, tra l'altro, la potestà genitoriale - senza articolare in uno stesso comma la locuzione "genitori e figli" o non formulando in maniera più congruente l'art. 315 bis cod. civ. rubricato "Diritti e doveri del figlio" a proposito del rispetto dovuto ai genitori, quell'atteggiamento di riguardo che, nell'art. 29 lettera c della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia, è anteposto al rispetto che il bambino deve maturare nei confronti della propria identità e poi degli altri. La genitorialità trova, comunque, i suoi caratteri insiti in se stessa, a cominciare dall'etimo di cui è interessante la ricostruzione di Simone Morandini, fisico e studioso di etica: "[…] generoso viene da genus, che significa «stirpe» e dunque suggerisce come significato immediato l'essere «di buona stirpe», nobile (soprattutto d'animo). Ma la radice gen (che in greco forma la parola «donna», gyné) ha più profondamente un legame con il generare (gennào), l'essere generati (génomai), l'alleanza tra diversi (la radice sanscrita gam rimanda al congiungere, alle nozze), la nascita (génesis)".

"Ma c'è qualcosa di ancora più profondo: la prima comunicazione è quella della vita che nasce dalla differenza di maschio e femmina, e si trasmette tra le generazioni. Possiamo affittare, surrogare, comprare ma non cancellare questo dato originario: perché ci sia vita, maschile e femminile devono incontrarsi, e solo questo incontro tra diversi è inizio di qualcosa di nuovo e irripetibile. La vita è un dono ricevuto, non un prodotto delle nostre mani. Possiamo generare perché siamo stati generati. Possiamo essere padri e madri perché siamo figli e figlie: è qui, nella libertà dei figli amati e non nella pretesa sovranità di individui assoluti, la matrice generativa di ogni comunicazione, e anche la misura della sua autenticità" (la sociologa Chiara Giaccardi). La genitorialità dovrebbe esprimere e trasmettere autenticità (che ha la stessa origine etimologica di autorità) con le peculiarità della maternità e della paternità. Ciò è fondamentale anche per la formazione e per il rispetto dell'identità del bambino (art. 8 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia). Non a caso è riconosciuto il diritto del figlio a conoscere le proprie origini (il novellato art. 28 legge 4 maggio 1983, n. 184 "Diritto del minore ad una famiglia"). Per quanto concerne le origini, bisogna ribadire che essere genitori è anche dare risposte di vita, risposte alla vita, rispondere altresì sulle origini della vita e sulle scelte di vita. "Chi di noi non vuol essere felice? Non è obbligatorio rispondere a una persona che ci ama, è una scelta. Non rispondere è una responsabilità cioè è una risposta" (cit.). Genitorialità è soprattutto responsabilità (che è altro e oltre rispetto alla responsabilità genitoriale disciplinata nelle leggi) e responsività: ogni risposta mancata o sbagliata è cambiare la strada ai figli.

Trasmettere la vita, il valore e il vigore della vita, anche se e quando si rivela una tragedia o un tradimento: ecco la "biofilia", amore per la vita, la vera generosità e generatività della genitorialità. "La felicità è gioia per la felicità dell'altro" (il filosofo Leibniz): questo il senso della generatività e della genitorialità ricordando che secondo alcuni etimologi "feto", "fecondità" e "felicità", "femmina" hanno la stessa radice "fe" ("produrre") da cui, poi, sarebbe derivato anche "figlio" . "Sono felici solo coloro che hanno le menti fissate su qualcos'altro che la propria felicità: sulla felicità degli altri, o nel miglioramento dell'umanità" (John Stuart Mill, filosofo e economista inglese): la genitorialità dovrebbe essere la felicità dei figli e il miglioramento dell'umanità.

La gioia della genitorialità, la gioia di dare la vita, la gioia di dare nella vita. Questo il vero senso della genitorialità, che non occorre denominare bigenitorialità o in altro modo: "Ti diano gioia tutti i beni della terra: l'ombra e la luce ti diano gioia, le quattro stagioni ti diano gioia, ma soprattutto, a piene mani, ti dia gioia l'uomo!" (il poeta turco Nazim Hikmet)2.

Quando si è se stessi si rischia di fare terra bruciata attorno a sé, ma dalla terra bruciata prima o poi escono nuovi germogli. Dipende, però, se il fuoco ha bruciato un bosco con radici o semplicemente stoppie mobili col vento. Genitorialità: bruciare d'amore e trasmettere la fiamma dell'amore per la vita, in una sorta di staffetta in cui essere testimone e passare il testimone della vita e dei valori della vita.

Essere profeti di un futuro migliore, profeti di amore e di vita, nella vita e per la vita. I profeti non sono solo i sacerdoti o pontefici. Sacerdote, "fare sacro" e pontefice, "fare da ponte": lo può essere chiunque profetizzi l'amore e la vita. Profetizzare e poetare la propria vita: così i genitori che donano la vita, così tutti gli educatori che formano alla vita.

Essere felice per qualcuno: vederlo partire verso la sua felicità. Esserlo ancor di più se la felicità è comunicata e condivisa: così dovrebbe essere la genitorialità!

1 M. Recalcati, "La forza del desiderio", ed. Qiqajon, settembre 2014

2 N. Hikmet in "Prima di tutto l'uomo (ultima lettera al figlio)", 1951


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